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Ricordare Zeri (pagina 2)

Roberto D'Agostino

 

Le chiacchiere con Zeri erano a zig-zag, girovaganti inversioni, micidiali svolte a gomito. Amava spaziare, direbbe Karl Kraus, da un rigagnolo alla Via Lattea. Di sé confessava: "Nella folla infinita di quadri e immagini che è chiusa nella mia memoria, io leggo una sorta di diario, ricchissimo e inesauribile. Nel mosaico di ricordi che mi si schiude in certe situazioni (quando varco la soglia di alcuni edifici, quando vedo i prodotti di un certo autore, quando percepisco un determinato colore o profumo) mi rendo conto che la mia vita privata non è che l'altra faccia del mio mestiere di conoscitore di quadri. Mi accorgo che ogni capitolo è segnato da un nome d'artista o da un'opera d'arte. Sebastiano del Piombo e Pablo Picasso stanno all'inizio della fase più decisiva della mia esistenza, del capitolo che non deve e non può finire se non con la mia stessa vita". Quindi repentino cambio di marcia cerebrale, e Zeri partiva sillabando il proprio testamento, scippando il timbro vocale della sua idolatrata Franca Valeri.

"Che un mio capello dal contatto serico,

venga lasciato a Valeria Numerico.

Che tutto il resto dei miei capelli,

venga lasciato a Barbara Palombelli.

Che il mio naso dalle narici storte,

venga lasciato ai repubblicani di Orte.

Che i miei occhi alla bellezza aperti,

vengan lasciati a Clea Garimberti.

Che la mia bocca carnosa e sensuale,

venga lasciata a Claudia Cardinale.

Che i miei capezzoli scuri e bruniti,

vengan lasciati a Pia de' Turriti".

Durante la stesura del nostro libro, mi confessò di aver spesso avuto la tentazione di abbandonare l'Italia ("Questo è un Paese infetto in mano a cialtroni. E se lo offrissimo alla mafia? Sono organizzatissimi, ricchissimi..."), e vagheggiava di continuare a vivere in un luogo lontano. "Zac! sparire e poi ricomparire in uno strano luogo della Giordania o del Sudan, in uno di quei monasteri di poche persone appollaiati sul monte, dove il cibo arriva con delle canestre, insieme a un secchio d'acqua per bere e per lavarsi. Trovo la cosa affascinante; mi passerebbe probabilmente l'artrite". Suggerivo: va bene il monte Athos? E lui, sardonico: "Non mi molto simpatico, mi sembra che sia una frociopoli... ".

E d'improvviso, come un temporale estivo, il Professore si imbufaliva, e quel terribile faccione da cardinale pronto a farsi benedire l'anello esplodeva di umori luciferini contestando i linguaggi e i magheggi di animucce belle e di candeline spinte: "La cultura! Dov'è finita la cultura in queste Paese? Per anni mi sono così avvelenato nel vedere la rovina del patrimonio culturale italiano, che adesso non me ne frega più niente. Lo vuoi distruggere? E distruggilo! Sei italiano? E vivi nel trogolo! Meno male che c'è stato Napoleone che ha portato via un bel po' di opere d'arte, sennò qui distruggevano pure quelle che stanno al Louvre". S'interrompeva il Federico Furioso, spiava la reazione di Alberto Arbasino e Ludovica Ripa di Meana seduti attoniti davanti a lui e ripartiva l'altro Zeri: "Facciamo un po' di scherzi telefonici?". Un ditone saltellava sulla tastiera, due squilli, sguardo furbetto e voce da burinella in falsetto: "Pronto signo', che ciavete la biancheria per i preti?". L'interlocutrice, ormai allenata alle Zeri-follie, rispondeva: "No, ce l'abbiamo solo per le monache e per le mignotte come te!". Altro squillo. Zeri: "Signo' so' io, so' a mutandara de Tor Lupara, che sta facendo? State a cucinà? Vie' su 'na puzza de pesce!". Risposta: "Ah, sì? Vie' su 'na puzza de pesce? Be' che non lo sai? E' quello che ciai fra le cosce! Nun te lavi mai, ciai le croste!".

Una volta Zeri mise in giro la voce che stava per sposare Lady Ipecacuana. La sorpresa degli amici di vederlo imparentato con la migliore nobiltà inglese fu notevole. Fu anche coperto da una valanga di telegrammi di congratulazioni, ma naturalmente Lady Ipecacuana era solo frutto della sua fervida immaginazione. Ma Professore, m'affannavo, non ha timore di perdere credibilità? In televisione, a "Mixer", è apparso con palandrane arabe, si fa fotografare addobbato da hawaiano della mutua, scrive un libro intitolato "Sbucciando pise....". "Alt!", ruggiva Zeri. "Io vivo in un Paese nel quale mi sento straniero. Nella mia professione ho avuto un immenso successo in America, nell'Unione Sovietica, in Francia, sono consultato in tutto il mondo, ma dall'Italia non ho mai avuto niente. Sì, qualche amico mi ha chiesto di fare un piccolo corso di lezioni qua e là, ma per quanto riguarda concorsi ufficiali, parere su acquisti di quadri, comitati di settore, io sono stato completamente ignorato, e adesso me ne frega assai! Ho quasi settant'anni, e mi diverte, nel mio luogo di nascita, mettermi a ballare con le mani per terra e le gambe all'aria".

L'arte del sapersi divertire dev'essere un'invenzione sua, altra gran trovata quando il termometro dello Scibile segna Zeri gradi.


Ricordare Zeri

Italia, il calvario dei monumenti

Gli scempi romani e quelli della memoria

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