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"Le donne vere non stanno nella moda"


Klaus Davi ed Elena Stancanelli con Diego Ballani

 


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Dalle pagine patinate delle riviste di moda le passioni sembrano bandite. Le donne vengono rappresentate come figure astratte, forse un po’ tristi, sicuramente gelide e inespressive, quasi a volersi accordare con l’aridità del contesto in cui sono inserite. Si tratta di un'incapacità di cogliere tendenze già riscontrabili nella realtà oppure di uno sguardo lungimirante che preconizza un futuro modello di femminilità a cui ci dovremo abituare?

Elena Stancanelli, scrittrice, afferma: "Dubito che gli stilisti rappresentino la donna o che cerchino di imporre un modello femminile, hanno solo bisogno di manichini inespressivi, di grucce su cui appendere i loro abiti, cosa peraltro perfettamente legittima poiché il loro mestiere è proprio quello di vendere abiti. Per questo motivo, l’ultimo posto dove andrei a cercare la rappresentazione della donna è proprio nella moda."

Ancora critica continua: "Il mondo della moda è totalmente autoreferenziale, ha a che fare esclusivamente con se stesso. Questo per diversi motivi, primo fra tutti l’essere parte di un giro di denaro talmente alto da perdere ogni contatto con la realtà. Forse, come dice Bret Eston Ellis nel suo ultimo romanzo: Il punto di contatto tra la vita e la moda è proprio il dolore. Dolore che lo scrittore rappresenta fisicamente nella sofferenza delle top-model che affrontano ogni tipo di sacrificio pur di mantenersi belle, secondo i canoni innaturali imposti dal circo delle passerelle. Forse proprio questa sorta di crocifissione è l’unico punto di contatto tra il mondo reale e la moda. Tuttavia credo che ogni donna dovrebbe trovare il proprio modello in se stessa, non nella moda: la donna vera è da un’altra parte."

Klaus Davi, esperto di immagine, dice: " Mi sembra che sia in atto una sorta di guerra tra l’icona femminile raffigurata dalla televisione e quella proposta dagli stilisti. Da questo scontro uscirà trionfante l’immagine della donna del nuovo millennio. La femminilità oggi non è un valore trainante né nella moda né nella pubblicità. Da una parte, la televisione tenta di rilanciare la donna formosa anni cinquanta, stile Sabrina Ferrilli, dall’altra pubblicitari e stilisti sono più interessati ad un filone di impronta omosessuale, anche se solo accennato.

"Sia nella moda che nella pubblicità, la tendenza di oggi è promuovere il più possibile l’omossessualità come elemento culturale. Questa si lega infatti al narcisismo, all’amore di se stessi, alla voglia di esserci e di apparire, quindi, inevitabilmente al consumismo". Davi quindi specifica: "La femminilità tradizionale non è più considerata un valore di marketing poiché ha subito un colpo decisivo con l’anoressia. Dunque, dopo la fase dell’anoressia si è preferito rappresentare la donna in modo sempre più astratto, isolata da ogni contesto sociale. Nei prossimi anni si vedrà chi vincerà la battaglia tra le diverse tendenze di televisione e pubblicità, per ora a condizionare il gusto è sicuramente quest’ultima."

 

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