Il testo
che segue è la terza di cinque lettere scritte
e lette dal direttore di Reset e Caffè Europa
a Fahrenheit,
trasmissione di Radio 3 Rai, dal 28 maggio al 1 giugno
scorsi.
Leggi la prima lettera:
Lo
spin dei politici fuori tema
Leggi la seconda lettera:
Guolo,
Allievi, Campanini e le
sorprese dell’islam giudiziario
Cari ascoltatori di Fahrenheit,
oggi volevo scrivervi su un argomento filosofico, ma
rimando a domani, non riesco a distrarmi dall’immane
discussione che sta travolgendo il futuro Partito democratico,
e, insieme, un po’ tutto il sistema politico.
E poi mi è venuta una piccolissima idea.
Dalle interviste di Prodi e di Tremonti sul la Repubblica,
si capisce bene una cosa, che i problemi delle coalizioni
di governo italiane vengono dopo le elezioni. In campagna
elettorale danno il loro meglio, poi però si
dividono perché vincere e governare non sono
la stessa cosa. Questione di leadership?
È venuto a Roma per parlare di leadership un’autorità
della cultura di impresa, Sir Adrian Cadbury, presentava
il suo libro sulla Corporate governance, sulle
regole e i principi per governare bene un’azienda,
pubblicato dalla casa editrice della Luiss (Lup). Ho
partecipato alla discussione con lui e a un certo punto
quest’uomo che ha guidato enormi imprese e la
Banca d’Inghilterra, ha spiegato con una grande
semplicità che su una barca in mezzo al mare
“nessuno affiderebbe mai il timone a un comitato”.
C’era anche Luca di Montezemolo, che è
il presidente della Luiss, oltre che di Confidustria,
e tutti hanno pensato alla politica italiana.
Destra e sinistra si somigliano: c’è il
“grande timoniere” in campagna elettorale,
ma dopo viene fuori il comitato che litiga intorno al
timone, mentre sottocoperta c’è l’opposizione
che minaccia l’ammutinamento. Che poi la storia
del Partito democratico cominci da un comitato che sembra
pensato per litigare, non fa bene sperare.
La cosa sgradevole dei litiganti è che inevitabilmente
sono presi dal litigio e si disinteressano della nave.
O così comunque sembra. Anche perché brillanti
inchieste ci spiegano che ci costano molto. Insomma
tendono a diventare antipatici a tutti i passeggeri,
cioè tutti noi, che avremmo anche la nostra opinione
da dire sulla rotta.
Allora mi è venuta in mente una proposta che
per ora riguarda il Partito democratico, ma potrebbe
domani riguardare anche gli altri: se c’è
da scegliere un leader, perché non ascoltare
l’opinione dei cittadini che quel leader si propone
di rappresentare? Ci sono certamente da fare le primarie,
ma prima delle primarie si può utilizzare uno
strumento innovativo che sono i “sondaggi informati”.
Si tratta di un metodo inventato da un americano, James
Fishkin. Non ho qui il tempo di spiegarvi per bene come
funziona, ma l’essenziale è che il metodo
mette i politici di fronte a un campione di gente reale,
estratta a sorte, di cittadini comuni di tutte le categorie
sociali, e non gruppi selezionati di militanti o di
professionisti che vivono di politica, come accade nei
congressi e nelle convention
(e poi qui su Caffè Europa http://www.caffeeuropa.it/archivi/democrazia/index.html
trovate tutto quello che serve, Ndr).
Questa tecnica l’abbiamo sperimentata poco tempo
fa nel Lazio per discutere delle scelte della Regione
sulla spesa sanitaria e i trasporti, portando gente
normale a discutere negli uffici del potere.
L’uso dei sondaggi informati realizza un incontro
con i veri potenziali elettori, per i leader politici
che litigano al timone, mentre la barca affronta il
mare aperto. Guardate, è una specie di terapia
psicologica, che spinge i politici a ricordarsi che
prima viene la barca, poi vengono loro. Una inversione
di priorità che qualche volta sembra impossibile
da realizzare. Ma se non la fanno, saranno perduti.
E ne pagheranno le conseguenze.
Con i miei più cari saluti, sinceramente
vostro
Giancarlo Bosetti
Direttore di Reset
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