Caffe' Europa
 
Rassegna Internazionale



The Economist, 10-17 ottobre 1998

E.B.

 

Contro la crisi globale, le grandi idee, i piani avveniristici non servono. Piu' che un grande architetto, serve un buon carpentiere. Cosi', sostiene l'Economist, sin dalla copertina, molte suggestive idee uscite dagli incontri di Washington sul Fmi e sulla Banca Mondiale, non andranno da nessuna parte e non serviranno a nulla. La Germania ha proposto aree controllate per i cambi di valuta, il Giappone il controllo dei capitali, gli Stati Uniti una "riserva d'emergenza" anticrisi in dotazione al Fmi.

Tutti piani che guardano al "grande", quando le soluzioni immediate sono invece offerte dai dettagli, dalle "piccole" riforme. Piccoli passi come ad esempio le riforme bancarie in Giappone, la ristrutturazione dei debiti delle ex tigri asiatiche, le riforme per la trasparenza dei mercati, per il rafforzamento delle banche, per regole standard sulle borse. Un lavoro che devono fare i singoli paesi al loro interno e che puo' rafforzare il sistema. "Le visioni di una nuova architettura globale possono attendere".

"I nervi saldi del Brasile". La rielezione di Cardoso a presidente e', secondo l'Economist, la migliore scelta che i brasiliani potessero fare. In quattro anni ha sconfitto l'inflazione, privatizzato furiosamente e dato al Brasile il posto di leader che gli spetta nel continente. Certo, molto rimane da fare, soprattutto sul piano delle enormi disuguaglianze sociali di un paese che sembra a tratti Africa e a tratti Europa, in cui vivono contadini senza-terra, indios delle foreste, miliardari e borghesia cosmopolita. Ma i risultati di Cardoso fanno ben sperare per il secondo mandato. E l'Occidente dovra' sbrigarsi ad aiutarlo nell'attuale crisi.

L'Ulivo di Prodi appassisce. In un articolo uscito prima della sfiducia di venerdi' scorso, si analizza la nuova crisi politica italiana. Che rispetto alle precedenti ha l'inconveniente di coincidere con una crisi economica alle porte che smorzera' la crescita, portera' disoccupazione e aumentera' il problema delle finanze pubbliche. Il tutto sarebbe piu' drammatico se l'Italia, grazie a Prodi, non fosse entrata nell'Euro. La lira avrebbe subito dure pressioni, e un ingresso ritardato nella moneta unica sarebbe divenuto impossibile. Se Prodi perdesse in parlamento (cosa che e' avvenuta), l'ipotesi sarebbe quella di un governo tecnico. O la dura prospettiva di altre elezioni. "In ogni caso, l'illusione della stabilita' sara' persa".

Un impero a rischio? La General Motors, il piu' grande produttore mondiale di automobili, dovra' rinnovarsi se non vuole soccombere ad avversari sempre piu' agguerriti. Le fabbriche sono troppe, troppo grandi e vecchie, gli operai poco produttivi e sempre sul piede di guerra, i dirigenti si combattono in lotte di corte, le azioni sono in declino da anni, le quote di mercato si restringono e soprattutto la Ford, l'odiato nemico, avanza minacciosa.

Urge quindi una radicale ristrutturazione. Ma quelle del recente passato sono state un fallimento. Il presidente Jack Smith l'ha annunciata in quattro punti: vendita del settore di produzione di componenti (fino ad oggi la GM fabbricava tutto, dal cruscotto ai pistoni); unificazione dei punti vendita delle sei marche (Buick, Oldsmobile, Cadillac, Chevrolet, Pontiac e GM-Canada); costruzione di nuove piccole fabbriche; concentrazione in un'unica gestione dei settori americano e internazionale.


 

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