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Attualita'

Giornali, altra crisi in arrivo, a momenti

Italo Prario intervistato da Stefano Caviglia

 

 

Questa intervista si va ad aggiungere al nostro dossier sulla crisi dei giornali

"I casi sono due: o si riesce a controllare bene una fetta di territorio, oppure bisogna individuare un segmento di pubblico preciso dal punto di vista dei contenuti. Non ci sono altre strade per resistere alla crisi e rinnovare i giornali". Parla Italo Prario, dal luglio ‘97 amministratore delegato dell'Unità. Di crisi dei quotidiani ne sa qualcosa, visto che il giornale fondato da Antonio Gramsci ha cambiato direttore due volte in meno di due anni. L'ultima appena 3 mesi fa, quando Paolo Gambescia è subentrato a Mino Fuccillo, dando vita a un cambiamento profondo nella filosofia editoriale dell'Unità. Addio al quotidiano "omnibus", condannato ogni giorno a combattere sullo stesso terreno contro le corazzate come Corriere e Repubblica, e via alla nuova formula: un giornale che cerca di farsi leggere anzitutto per la sua specializzazione nella politica, con un occhio attento all'economia e alla cultura. Insomma, un'identità un po' meno pretenziosa, ma più netta e concreta.

Quindi lei ha avuto modo di sperimentare sul campo le sue convinzioni teoriche. Nel caso dell'Unità questa formula funziona o no?

Da quando c'è stato il cambiamento di linea editoriale l'emorragia delle copie si è bloccata e sta iniziando un certo recupero. Naturalmente non basta individuare con più precisione il proprio segmento di mercato. Bisogna anche aumentare l'offerta di servizi ai lettori, ed è quello che stiamo cercando di fare. Ma al di là delle vicende dell'Unità, tutto il panorama della carta stampata in Italia mostra che i giornali devono cambiare e anche in fretta. Altrimenti saranno dolori per tutti.

Per la verità i bilanci delle grandi imprese editoriali continuano ad essere in attivo. Qualcuno mette addirittura in discussione l'espressione "crisi dei giornali"...

Guardi che io non sto parlando del passato, ma di una situazione nuova, in pieno svolgimento e che può manifestare le sue conseguenze negative nel giro di uno o due anni. Repubblica, ad esempio, solo per citare il caso più importante, ha perso circa 100.000 copie nell'ultimo anno. Se questo comporterà anche una riduzione del fatturato pubblicitario, le conseguenze ricadranno sui bilanci futuri.

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