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Giornali, altra crisi in arrivo, a momenti (pagina 2)

Italo Prario intervistato da Stefano Caviglia

 

Le difficoltà di Repubblica di questi mesi vengono imputate soprattutto al cattivo andamento delle promozioni. Le sembra una spiegazione sufficiente?

Mi sembra uno strano modo di ragionare: quando le promozioni vanno bene è merito del giornale, quando vanno male è colpa delle promozioni. In edicola ci va comunque il giornale, e certo non si può dire che la promozione abbia fatto peggiorare le vendite. Il fatto è che, al di là dell'andamento di una singola promozione, c'è una tendenza di mercato molto netta: il pubblico vuole giornali più mirati, che abbiano un rapporto più diretto con i lettori. La rinascita delle testate locali dovrebbe insegnarci qualcosa. Lo sa quante ce ne sono in Campania? Diciassette. E' evidente che bisogna puntare su mercati più ridotti e precisi.

Quindi secondo lei siamo alla vigilia di una nuova crisi dei giornali?

Diciamo che siamo alla vigilia di una trasformazione importante. Il fatto che sia proprio Repubblica, ovvero il giornale che negli anni passati ha avuto una crescita spettacolare, ad essere in pieno arretramento, suggerisce l'ipotesi che sia entrata in crisi una formula editoriale.

Per una Repubblica che ha problemi c'è un Messaggero che va a gonfie vele. Non sono le normali oscillazioni del mercato?

Non direi. Il Messaggero tiene abbastanza bene in quanto è un giornale "capozona", ossia un quotidiano che ha il controllo di un'ampia fetta di territorio. Questo conferma quel che ho appena detto: le difficoltà nascono quando ci si deve misurare su tutto il mercato nazionale. Anche l'andamento della Stampa va nella stessa direzione. Il giornale tiene come "capozona" nella sua area, in Piemonte, ma non riesce a conquistare spazio nelle altre aree d'Italia, nonostante tutte le energie spese in questa direzione.

Quindi secondo lei avremo sempre più giornali locali e sempre meno giornali nazionali?

Questa è una delle due soluzioni possibili. L'altra è una forte specializzazione nei contenuti, come dimostra l'esperienza del Sole 24 ore e della Gazzetta dello Sport. In realtà c'è una sola eccezione a questa regola.

E qual è?

Quella del Corriere della Sera, unico fra i giornali nazionali e "omnibus" al tempo stesso a non avere il fiato grosso. Ma anche qui bisogna fare attenzione alle sfumature. Il Corriere è certamente un giornale nazionale, ma va anche ricordato che è fatto prevalentemente a Milano, e che vende in Lombardia il 60% delle sue copie. Non deve difendersi dalla concorrenza dei giornali più piccoli su tutto il territorio nazionale. Credo che anche questo abbia un peso nel suo successo.

I media telematici daranno un altro duro colpo al vecchio giornale di carta?

Questo non lo credo affatto. Il fascino della carta è ancora intatto. Come pure la sua funzionalità. E' pur sempre comodo poter piegare il giornale e metterselo in tasca.

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