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Attualita'

Genetica, ultima discriminazione?

Edoardo Buffoni

 

 

Di genetica si parla ogni giorno, su tutti i canali dell'informazione. La scienza del Dna, le sue mirabolanti scoperte, gli scenari che apre al futuro degli uomini, attirano l'interesse e stimolano fantasie, suscitano paure e speranze. Un po' come accadeva con la conquista dello spazio trent'anni fa, o con le macchine a vapore nel secolo scorso: una questione per gran parte riguardante l'immaginario collettivo, con la provetta che sostituisce il missile e la locomotiva come oggetto simbolo. Merito (o colpa) della parte ingegneristica della genetica, che sforna ogni mese una "cosa" diversa: il gene dell'obesita', il figlio nato da padre morto, il mais che si difende da solo, la pecora in fac simile e cosi' via. Per arrivare, dulcis in fundo, alla clonazione dell'uomo (per ora solo quattro cellule di uomo, fanno sapere dalla Corea del Sud).

Al di la', pero', del clamore para o fantascientifico, la genetica avanzata sta gia' diventando affare di tutti i giorni, una realta' che dai laboratori arriva all'ambulatorio sotto casa, e pone di fronte a scelte di vita, di comportamento, di status, di censo. Sono ormai 450 le malattie riconosciute come genetiche. La loro diagnosi e la loro cura appartengono alla medicina genetica, la vera ultima rivoluzione nel campo della cura dell'uomo. I sistemi sanitari, pubblici e privati, sono gia' investiti da tutto questo, e lo saranno ancora di piu' nel giro di pochissimi anni. Sapranno affrontare i difficili problemi di ordine sociale, economico, etico che tutto questo comporta? L'Institute for Public Policy Research (http://www.ippr.org.uk/), un think-tank con base a Londra, lancia l'allarme: il sistema sanitario pubblico inglese, se non verra' riformato, si trovera' a gestire un futuro ingiusto, in cui i ricchi potranno pagarsi i test genetici, e conoscere il proprio futuro "clinico", e i poveri rimarranno all'oscuro dei propri mali, esposti alla "lotteria della vita".

Il potere crescente dei test genetici, che sono in grado di stabilire in percentuali la nostra predisposizione a un determinato male, comporta un cambiamento di paradigma nell'etica medica corrente. Attualmente in molti paesi non esistono regole per la vendita di test, non ci sono consultori genetici a sufficienza per i pazienti, mancano protocolli che stabiliscano a chi e come debbano essere messi a disposizione i test. Si passera', dicono all'Ippr, da un servizio di diagnosi e cura, ad un approccio che esalta predizione e prevenzione, fino alla modificazione di geni difettosi gia' nell'embrione. Ma poco si sta facendo. Uno dei temi piu' scottanti e' la distribuzione e la vendita dei test genetici. In Europa si teme possa diventare un commercio, come per i medicinali. Negli Stati Uniti questa e' gia' una realta'. In molti invocano dei limiti, ad esempio per i test riguardanti malattie incurabili, come la corea di Huntington. Si rischia di creare dei "morti che camminano", gente terrificata dal proprio futuro, che non vorra' avere figli, magari pericolosa perche' non ha piu' nulla da perdere. E se la sanita' pubblica non offre questi test, dovrebbero poterlo fare i privati? Esiste un diritto inalienabile a conoscere il proprio futuro?

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