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Nessuno difende Pinochet

Marco Calamai

 

 

Mentre attraverso il centro di Madrid la radio del taxista sta spiegando che il governo spagnolo, ormai sembra proprio deciso, si appresta a richiedere l'estradizione in Spagna per il generale Augusto Pinochet. L'ex dittatore cileno in ospedale a Londra attende il suo destino umano e politico, nelle mani della speciale commissione di Lords che ha avuto l'inacarico di confermare o respingere la sentenza dell'Alta Corte di giustizia inglese la quale, pochi giorni fa, aveva riconosciuto "l'immunità sovrana" del generale in quanto ex capo di Stato. Dal tono emozionato dello speaker e della discussione - la "tertulia" che segue - si avverte come la Spagna stia davvero vivendo giornate importanti, che la denuncia del giudice Garzòn contro Pinochet si sia davvero trasformata in questione centrale per l'opinione pubblica, altrettanto importante dell'altra grande notizia che da giorni occupa gli spazi centrali dei media, ovvero la decisione del governo Aznar di aprire il negoziato con l'ETA, il gruppo terrorista in armi da piú di venti anni per l'indipendenza delle provincie basche .

Pinochet e Garzòn: da un lato il generale autoritario e spietato, dall'altro il supergiudice che ha osato sfidare prima il partito socialista per i crimini dei GAL (i gruppi armati di liberazione che nei primi anni ottanta cercarono con la violenza di snidare i militanti dell'ETA dai santuari protetti nelle provincie basche francesi) e ora cerca di portare in Spagna l'ex dittatore cileno allo scopo di processarlo per i crimini di tortura e genocidio commessi dal suo regime negli anni settanta ed ottanta. "Finalmente qualcuno in questo paese che sfida il potere senza pregiudizi politici" chiosa con orgoglio il taxista, mentre pago la corsa.

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Chi vincerà questo duello a distanta tra il generale "cattivo" e il giudice "buono", il Robin Hood dei diritti umani che ha avuto la tenacia e il coraggio di sollevare un caso giuridico mondiale che non ha precedenti? Questa domanda, insieme all'incertezza e l'aspettativa che in queste ore circonda la imminente decisione dei Lord inglesi, spiega certamente il perchè di tanta curiosità, di tanta attenzione al tema Pinochet in Spagna. "Ma non si tratta solo di questo" - mi spiega un leader delle Commissioni Operaie, il sindacato di sinistra che ha avuto un ruolo di primo piano nelle lotte sociali e politiche contro il regime di Franco - "in realtà c'è qualcosa di piú. A livello simbolico profondo Pinochet evoca la figura di Franco, il nostro dittatore. Garzòn, forse senza saperlo, ha provocato una sorta di transfert di massa. Dietro il volto duro e spietato del dittatore cileno gli spagnoli intravedono l'ombra del loro dittatore, di colui che piegò la Spagna repubblicana e di sinistra prima, con la terribile guerra civile, e dopo con la sanguinosa repressione degli anni quaranta e cinquanta" .

Non è dunque casuale che mai come in questi giorni i principali giornali spagnoli, il prestigioso "El País" in testa, si stiano nuovamente interrogando non solo sul complesso e contraddittorio scenario giuridico internazionale nel quale si sviluppa la denuncia del giudice Garzòn , ma anche sulla altrettanto complessa problematica della transizione democratica spagnola, sul tema non ancora risolto di un giudizio distaccato e sereno sull'esperienza franchista, sulle similutudini tra l'esperienza cilena e quella spagnola degli ultimi decenni. Pochi, in effetti, osano affermarlo apertamente, ma un'altra domanda circola in questi giorni nei diversi ambienti politici e culturali: la Spagna ha le carte in regola, dal punto di vista politico e morale, per processare un dittatore di un altro paese di lingua spagnola, quando non è stata ancora fatta chiarezza sulle responsabilità storiche dello stesso franchismo e sulla rimozione generale del dramma della guerra civile, ovvero il fattore psicologico di massa che ha permesso il successo di una transizione indolore e comunque gestita dall'alto, una transizione per certi aspetti simile a quella cilena?

Come spiegare, d'altronde, l'atteggiamento del governo di destra in questo momento al potere, caso quasi unico in Europa, che ha scelto di non esprimere un proprio parere politico sul tema Pinochet - malgrado le pressioni di ogni tipo che, altro paradosso, sono state esercitate in questi giorni dal governo di centro-sinistra cileno - trincerandosi dietro la scelta di rispettare le decisoni giudiziarie sia di Madrid che di Londra? "La destra spagnola - mi spiega un giornalista spagnolo che segue da vicino la vicenda Pinochet-Garzón - sta cecando in tutti i modi di consolidare le sue posizioni nell'elettorato centrista e deve quindi nascondere il suo passato franchista. Ecco perchè non puó permettersi il lusso di criticare Garzòn , tanto più che lo stesso Garzòn ha giocato un ruolo decisivo, in chiave anti Felipe Gonzalez e a favore del successo elettorale di Aznar, nella recente vicenda politica spagnola. Il governo spagnolo certamente spera in cuor suo che i Lords inglesi risolvano lo spinoso problema di Pinochet rimandando il generale a casa sua ed evitando così alla Spagna l'imbarazzo di un processo clamoroso. Ma non può confessarlo apertamente, non può sostenere le tesi a favore di Pinochet sostenute in questi giorni da Margaret Thatcher ".

Puro opportunismo, dunque, dietro la cautela e il tono garantista che caratterizza in questi giorni la posizione del governo Aznar di fronte alla patata bollente del protagonismo spagnolo sul caso Pinochet? Parlando con la gente, anche con persone che pure non nascondono le loro idee conservatrici, si ha in realtà una impressione piú complessa. Il fattore 1989, ovvero la fine, avvertita come definitiva, della "minaccia comunista", del "peligro rojo" sta giocando senza dubbio un ruolo decisivo. La Spagna vuole apparire diversa, e per molti aspetti si sente diversa dalla Spagna divisa e lacerata che portò al golpe di estrema destra e alla terribile guerra civile.

"La destra non teme piú la sinistra - sostiene convinto Nicolas Sartorius, il padre-fondatore delle Commissiones Obreras, i sindacati spagnoli - e perfino la piccola componente di estrema destra, nostalgica del franchismo, oggi tace, si mimetizza dietro il centrismo democratico ed europeista dell'attuale governo. La verità è che in Spagna c'è un governo conservatore ma al tempo stesso moderato e liberale, e i cromosomi culturali della nostra classe politica sono profondamente mutati. Anzi, c'è l'orgoglio di un paese che sta facendo grandi passi in avanti da ogni punto di vista, che sta entrando nell'Europa dell'Euro a testa alta, che si sente così forte da poter perfino correre il rischio di un processo a Pinochet"

Come spiegare diversamente, d'altra parte, le vignette sull'ex dittatore che in questi giorni sono apparse in certi giornali come il vecchio quotidiano "ABC", conservatore e monarchico da sempre? La Spagna, tra l'altro, rischia di compromettere la sua immagine di fronte ai settori populisti e nazionalisti dell'America latina, in Cile ma anche altrove. Madrid - non era mai successo - sembra essere in questi giorni una capitale europea simile alla Washington di Clinton che sfida i regimi autoritari in giro per il mondo, la capitale di un paese deciso a giocare un ruolo di avanguardia nella stessa complessa questione dei diritti umani e la loro tutela a livello mondiale pur rischiando importanti interessi economici come quelli spagnoli nello stesso Cile.

E' la tesi che sostiene sulla pagina di opinione del País Juan Delval, professore di Psicologia Evolutiva alla Università di Madrid, il quale difende la "nuova concezione dei diritti umani che lentamente si va consolidando" in base alla quale "le violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani devono essere perseguite e punite in qualsiasi luogo poichè sono delitti generici contro tutta l'umanitá " . Non occorre quindi temere, è lo opinione che in queste ore si sente crescere in Spagna, che il processo a Pinochet rischi di essere fatto da giudici spagnoli ed in territorio spagnolo. Molto probabilmente ha proprio ragione lo stesso Delval quando afferma : " il fatto che giudici spagnoli abbiamo preso la felice iniziativa di cominciare a istruire cause di questa natura da qualche anno a questa parte è solo una manifestazione che tra noi esiste una speciale sensibilitá nei riguardi di questo tipo di abusi, sensibilità che probabilmente non è estranea al fatto di aver sperimentato nella nostra carne e per tanti anni quelle stesse violazioni da parte di un regime politico che Pinochet ammira tanto".


 

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