L'assassino è tra noi Andrea Salerno Ore 8. Sabato mattina, il giorno dopo la caduta del Governo Prodi.
Telefonata a "Prima pagina", trasmissione radiofonica della Rai: "Tutto
questo segna il tramonto per sempre di una certa sinistra, quella che si e'
comprata casa a Parigi...".
Da venerdi' 9 ottobre commentatori e politici sono stati liberi di
applicarsi nella nobilissima arte del "di chi e' la colpa", della caccia al
dilettante o al complotto, dello scaricabarile delle responsabilita'. Che le
colpe vadano ricercate un po' ovunque - non vi preoccupate, ciascuno, poi,
potra' indirizzarle piu' o meno verso il proprio bersaglio - almeno tre dati
appaiono chiari e difficilmente contestabili.
1) L'assassino e' tra noi; ce
l'abbiamo in casa e si aggira e colpisce dentro il rissoso condominio della
sinistra italiana. Per riassumere si potrebbe ricordare una targhetta di
una nota marca di jeans che recitava: "Ogni difetto o imperfezione in
questo abito e' voluto ed e' parte della sua concezione". 2) E' un assassino
che pratica - questo semplifica le indagini? - con assoluta pervicacia
l'autolesionismo spinto, e' malato di nevrosi da autoflagellazione; il tutto
condito con un'abbondante dose di narcisismo, stile "bello e dannato".
Ci
si ritrova, insomma, per dirla con Jon Elster (si veda, Uva acerba,
Feltrinelli 1989) la stessa confusione degli artisti quando affermano che
il processo e non il risultato finale e' l'autentica opera d'arte; oppure
dei politici che ritengono che il fine del socialismo non e' nulla e che il
movimento e' tutto; o dei giocatori di scacchi per i quali e' importante il
gioco e non la vittoria. 3) E' un assassino che non si cura ne' della
sopravvivenza dell'idea che la politica abbia un fine nel "servire" i
cittadini, ne' della ragion di Stato. Ma soprattutto e' un assassino
"fondamentalista", nel senso che contiene in se' abbastanza ragioni per
suicidarsi pur di distruggere il suo nemico.
Se quindi e' "inutile" (quantomeno a placare gli animi) continuare nella
vendicativa ricerca del colpevole, forse lo e' meno iniziare a valutare cosa
e' stato danneggiato dalla folle ottobrata ulivista. Anche qui, non si
tratta di fare la conta dei feriti, dei morti e dei dispersi. Si tratta di
vedere, invece, se la struttura della nave "Politica italiana" ancora
regge, o dove e' rimasta danneggiata.
Per chi ha a cuore la questione, per chi ritiene che i partiti organizzati
siano ancora indispensabili in democrazia, e' il caso di guardare alla cosa
con molta attenzione. Se e' difficile spiegare ai non professionisti della
politica perche' il centrosinistra si trova in una cosi' fastidiosa
situazione, si avverte che per loro e' piu' semplice tagliar corto esostenere
che il governo riformatore di sinistra e' caduto per colpa "dei partiti". E
questo, a prescindere dall'attribuzione delle colpe. Insomma, di fronte
agli italiani, quello che ha funzionato e' stata la competenza di uomini
come Ciampi, l'autorevolezza di Prodi, la "semplicita'" di Di Pietro. Forse
e' un'analisi sbagliata, ma le "piazze", anche quelle rosse, da oggi
potranno essere piu' populiste di quelle di ieri. Comprensibilmente.
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