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Manifesto del Jovanotti-pensiero (pagina 2)

Carlotta Niccolini

 

Oppure "Il deserto ti svuota la testa, non è un posto di pensiero, è un posto che annulla il pensiero. Il tempo si adegua allo spazio e lo spazio è senza fine, senza punti di riferimento, è aria e luce" (Giorni deserti, fine settembre 1997). O ancora "Ho comprato questo quaderno nuovo per scrivere il mio libro, l'ho preso dalle parti di Washington Square a New York. Chissà se a Washington c'è una New York Square, come a Roma c'è via Torino e a Torino c'è via Roma o a Milano c'è la via Emilia che comincia e arriva fino in Emilia con la differenza che la via che dall'Emilia torna a Milano non si chiama via Milano ma resta sempre via Emilia" (Appunti newyorchesi, marzo 1995).

Jovanotti, che ammette candido di avere comprato il primo libro a 24 anni ("Che male c'è? Avevo altre cose da fare"), ha recuperato il ritardo e ha letto molto. Conrad, Tolstoi, Buchowsky Whitman, la Bibbia gli scrittori della beat generation, ma anche la letteratura orientale sul fai da te dello starbene e la Divina Commedia. Scrive come canta, riempendo le frasi di ritmo e melodia. "Spezzettare, tagliare le cose è ormai necessario alla comunicazione", spiega il guerriero del rap. E a parte qualche vezzo giovanilistico ("echipiùnehapiùnemetta" scritto tutto attaccato, o la trasformazione in aggettivo di "pippo baudo e katia ricciarelli") il suo stile ha personalità e il pregio di non essere mai pretenzioso. "Sono cosciente che per qualcuno "Il Grande Boh" potrebbe essere il primo libro e ne sono felice, ma se divento un divulgatore è solo perché sono uno che subisce divulgazione".

Con la stessa lievità Jovanotti racconta le sue riflessioni sulla Biennale di Venezia, la lavorazione dell'ultimo disco, il valore globalizzante dei ristoranti MacDonald sparsi in ogni angolo del mondo, l'amore per la sua fidanzata (un capitolo è intitolato Mi sposo), la ricerca di Dio. Alla suora che dal pubblico lo interroga sulla sua religiosità, risponde "Vuoi sapere se credo? Tu sei una suora e te non posso mentire: quindi non posso risponderti". Meglio "un grande boh" che troppe superficiali certezze.

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