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In campana: il mondo finanziario resta sulle montagne russe (pagina 2)

Alan Friedman

 

La classe politica giapponese, intanto, si sta dimostrando incapace di avviare speditamente una riforma severa e radicale del sistema bancario e di intraprendere adeguate misure fiscali in grado di stimolare l'economia; e questo significa che per molti mesi, forse fino alla metà del prossimo anno, la seconda potenza economica del mondo non potrà nemmeno incominciare a fungere da motore per la ripresa in Asia.

Il disastro economico in Russia è stato scatenato in gran parte, com'è ovvio, dall'effetto domino della crisi asiatica: numerosi grandi investitori internazionali hanno effettuato analisi approfondite su diverse economie di mercato emergenti (in Russia, ma anche in paesi come il Sudafrica, il Brasile e il Messico), ne hanno ricavato inquietanti parallelismi, e se ne sono tirati fuori. Ma la crisi russa non è esclusivamente economica: è anche il risultato di una paralisi politica all'interno di un'economia dominata dalla mafia, una crisi che rimarrà ingovernabile fino a quando si continuerà a proteggere una classe dominante che esporta capitali all'estero per il proprio profitto personale, e fino a quando i nostalgici del comunismo sovietico continueranno a fare la guerra a un Boris Eltsin ormai screditato, il quale non ha fatto altro che cambiare primi ministri e consiglieri con la stessa frequenza con cui la gente comune si cambia la camicia.

Stando così le cose, Wall Street continuerà a mostrarsi inconsistente e le borse dell'Europa e dell'Asia manterranno il loro andamento altalenante, secondo un modello che riflette la natura interdipendente dei mercati, in questo scorcio di secolo dominato dalla globalizzazione.

Mi rendo conto di aver tracciato un quadro piuttosto cupo, ma sono convinto di essere stato realistico. Intediamoci: la mia non è la previsione di una depressione globale; sono convinto però che andiamo incontro a un periodo durissimo, in cui l'uragano finanziario internazionale provocherà danni più o meno collaterali in tutta l'Europa, Italia compresa. Il solo interrogativo riguarda l'entità di tali danni.

Il mio consiglio ai lettori di Caffè Europa è questo: seguite attentamente le vicende delle prossime settimane. Vedrete e sentirete molti leader politici europei e americani che cercheranno di calmare, di attenuare, di ricostruire e recuperare fiducia, di controbilanciare il pessimismo degli investitori spaventati.

Ignorate le loro parole. Non serviranno ad abbreviare la crisi. Ma se incomincerete a vedere le principali banche centrali europee e americane ridurre i tassi di interesse per contribuire a disperdere le nubi, allora siete autorizzati a sperare. Abbassare i tassi di interesse sarebbe un modo intelligente di difendere e stimolare la crescita. Ma finché ciò non accade, allacciate le cinture di sicurezza. Siamo ancora sulle montagne russe.

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