257 - 10.07.04


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Tutti d'accordo, è la vittoria di Blair
Daniele Castellani Perelli

Un altro 18 giugno, ma era il 1815. Tony Blair come il Duca di Wellington, Jacques Chirac come Napoleone. Allora, come oggi, in terra belga gli inglesi sconfissero i francesi. In questo modo i giornali di Francia hanno letto l'accordo sulla Costituzione europea. L'entusiasmo dei tedeschi è oscurato dal timore che l'approvazione del testo di Giscard non possa ancora rappresentare quel trampolino di lancio di cui l'Europa (ma anche il mondo) ha bisogno. I quotidiani britannici concordano con Le Monde e Liberation: ha vinto Blair. Scetticismo invece sulla stampa francese a proposito del referendum, mentre sul Guardian si fa notare che tutto dipende da quanti e quali paesi bocceranno la Costituzione.

Delusione in Francia: la vittoria inglese e un referendum "pericoloso"

"Un'Europa di debole costituzione". I giornali francesi non nascondono la delusione per l'approvazione di un testo che, a loro parere, non mette l'Ue nelle condizioni di contare veramente nel contesto globale. Le Monde scrive che il testo ha "ambizioni ridotte". Ancora più duro Liberation che ha titolato un suo articolo "Il canto del cigno dell'Europa potente". Il pezzo è decisamente critico nei confronti dell'Inghilterra, portando evidentemente i segni del duro attacco di Blair nei confronti dei franco-tedeschi: "Tony Blair ha festeggiato degnamente il 189° anniversario della vittoria di Waterloo, del 18 giugno 1815 - ha scritto il giornale francese - Il primo ministro britannico è tornato a Londra con la soddisfazione di aver compiuto il suo dovere: non solo ha silurato la candidatura alla testa della Commissione del primo ministro belga Guy Verhofstadt, avanzata dal duo franco-tedesco, ma è riuscito a svuotare di parte della sua sostanza la Costituzione europea adottata dai venticinque". Liberation paragona la vittoria di Blair a quella di John Major, il suo predecessore conservatore, che al vertice di Maastricht del dicembre 1991 poté dichiarare "Gioco, partita, incontro", dopo aver ottenuto di non partecipare né all'euro né all'Europa sociale.

Sul referendum regna lo scetticismo sulla stampa francese. Lo chiedono la destra e il rampante ministro delle finanze Nicolas Sarkozy, ma anche la sinistra. Quest'ultima, su posizioni piuttosto radicali, critica un'Europa poco attenta al sociale, mentre, come scrive Anne Fulda su Le Figaro, lo schieramento opposto intende sfruttarlo per protestare contro il presidente Jacques Chirac, e con i referendum nazionali: "ora per l'Europa viene la parte pi¶ difficile". Su Midi Libre Michel Noblecourt argomenta che il referendum in Francia troverš difficoltš: lo sa lo stesso Chirac, che ricorda come gli ultimi due referendum tenuti sull'Europa, nel 1972 e nel 1992, abbiano visto una forte affermazione dell'euro-scetticismo. Concorda Le Monde, secondo cui "la ratifica dei 25 membri ú un esercizio pericoloso". Il quotidiano parigino cita le riserve di Jean-Luc Dehaene, vicepresidente della Convenzione: "Io non credo che il referendum sia il massimo della democrazia. Di solito si conclude con una risposta ad una domanda che non ú stata posta. E se la risposta ú no, il primo riflesso ú quello di avere un secondo referendum, perchþ la risposta deve essere sñ", proprio come successe con danesi e irlandesi rispettivamente con i trattati di Maastricht e Nizza.

Soddisfazione in Gran Bretagna, sul referendum tutto dipende

Di lš dalla Manica, il Guardian si ú mostrato soddisfatto, ma ha confermato l'analisi dei quotidiani francesi: l'accordo permette a Tony Blair di dichiarare che "gli interessi nazionali della Gran Bretagna sono stati preservati, e che ú stata scacciata la paura di un 'superstato federale'". La soddisfazione di Blair e del suo ministro degli Esteri Jack Straw, spiega il quotidiano laburista, ú dovuta all'accoglimento delle richieste inglesi sul veto in tema di tasse, sicurezza sociale, esteri e difesa, e sulla limitazione dei poteri della corte europea sulle questioni economiche e sociali. Interessante andare a vedere cosa ha scritto The Economist, che al testo di Giscard aveva dedicato un anno fa una copertina decisamente poco amichevole. Il settimanale inglese scrive che questo non "verrš esattamente ricordato come il 'momento di Philadelphia' dell'Europa", ma alla fine il lavoro ú stato compiuto", e "ora viene il difficile". Viene comunque ribadito il giudizio negativo sul testo, soprattutto sulla parte "estetica": "Il nuovo documento non ú proprio bello, ú lungo oltre 200 pagine ed ú ben distante da quell'eleganza con cui i suoi sponsor speravano di poter riavvicinare gli apatici elettori dell'Ue al progetto europeo". Ma ora, firmata la Costituzione, si puÖ dire che "ú tutto bene quel che finisce bene?" Assolutamente no, secondo l'Economist: "Non solo i leader europei hanno spesso visioni contrastanti sul futuro dell'Europa. Molti di loro contrastano anche con i propri elettori". I temibili referendum che dovranno ratificare il testo della Costituzione sono dietro l'angolo. Don't relax yet, suggerisce il settimanale inglese. Non rilassatevi ancora.

Sul Guardian Timothy Garton Ash ha fatto notare che la Gran Bretagna potrebbe non uscire cosñ male da un esito negativo del referendum. Tutto dipenderš dalla compagnia: "Se anche i francesi la rifiuteranno, in un referendum che Giscard dice che il Presidente Chirac deve far tenere, allora l'Ue probabilmente dovrš ricominciare da capo. Se invece la Gran Bretagna la rifiutasse da sola, e magari lo facesse anche una seconda volta dopo altre modifiche, allora gli altri 24 quasi certamente andrebbero avanti da soli. Legalmente questo metterebbe il Regno Unito nel paradosso di essere l'unico membro rimanente dell'attuale Ue (non c'ú procedura, nei trattati attuali, che possa cacciare un membro; quindi gli altri sarebbero costretti a fondare una nuova Unione, lasciando da sola la Gran Bretagna)". Per l'Economist invece "gli elettori europei dovrebbero bocciare il nuovo trattato costituzionale e chiedere qualcosa di meglio". Il settimanale invoca in francese: "Aux urnes, citoyens". Alle urne, cittadini.

Entusiasmo e preoccupazione in Germania: una frittata senza rompere le uova

Se in Francia la delusione per il mancato raggiungimento del "risultato pieno" ú sembrato rovinare la festa, i quotidiani tedeschi hanno invece espresso un giudizio pi¶ positivo, sebbene anche qui ci sia stato rammarico per la mancata intesa sul successore di Prodi. Lo stesso Joschka Fischer, l'autorevole ministro degli Esteri rispettatissimo anche a destra, aveva d'altronde spiegato che l'importante era raggiungere l'accordo. Der Spiegel riporta le posizioni dei partiti sul referendum: Cdu nettamente contraria, Spd indifferente, favorevoli comunisti e liberali ed anche i Verdi, ma solo se si tenesse in tutta Europa. La Sueddeutsche Zeitung intitola un suo commento "Il libro dei libri". "L'Europa c'ú", scrive Stefan Ulrich, che perÖ non puÖ non segnalare i problemi che ora attendono l'Unione, come quelli derivati dal potere di veto e, ancor prima, dai referendum popolari: "In questo modo al blocco dei bloccatori ú riuscito di sfilacciare la bozza di Costituzione, in alcuni punti, a vantaggio degli egoismi nazionali. E questo per il futuro non promette nulla di buono: chi schiaccia regolarmente sul freno, non va avanti. Quindi: il consenso che tutti e 25 i paesi hanno assegnato alla Costituzione non significa ancora che questa entrerš in vigore. In paesi come Gran Bretagna e Polonia sono in agguato i referendum popolari, che potrebbero decapitare il testo appena approvato". La Costituzione ha superato tutti gli ostacoli, e gli europeisti potranno sfruttarne con abilitš i nuovi strumenti per far avanzare l'integrazione. Altre dure battaglie con gli Stati aspettano perÖ i nostri prodi. "Insomma - conclude la Sueddeutsche - vale ancora la frase dello scrittore Paul Lacroix: "L'unitš dell'Europa ú come il tentativo di cuocere una frittata senza rompere le uova".





 

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