
Un altro 18 giugno, ma era il 1815. Tony Blair come
il Duca di Wellington, Jacques Chirac come Napoleone.
Allora, come oggi, in terra belga gli inglesi sconfissero
i francesi. In questo modo i giornali di Francia hanno
letto l'accordo sulla Costituzione europea. L'entusiasmo
dei tedeschi è oscurato dal timore che l'approvazione
del testo di Giscard non possa ancora rappresentare
quel trampolino di lancio di cui l'Europa (ma anche
il mondo) ha bisogno. I quotidiani britannici concordano
con Le Monde e Liberation: ha vinto Blair. Scetticismo
invece sulla stampa francese a proposito del referendum,
mentre sul Guardian si fa notare che tutto dipende da
quanti e quali paesi bocceranno la Costituzione.
Delusione in Francia: la vittoria inglese e un referendum
"pericoloso"
"Un'Europa di debole costituzione". I giornali
francesi non nascondono la delusione per l'approvazione
di un testo che, a loro parere, non mette l'Ue nelle
condizioni di contare veramente nel contesto globale.
Le
Monde scrive che il testo ha "ambizioni ridotte".
Ancora più duro
Liberation
che ha titolato un suo articolo "Il canto del cigno
dell'Europa potente". Il pezzo è decisamente
critico nei confronti dell'Inghilterra, portando evidentemente
i segni del duro attacco di Blair nei confronti dei
franco-tedeschi: "Tony Blair ha festeggiato degnamente
il 189° anniversario della vittoria di Waterloo,
del 18 giugno 1815 - ha scritto il giornale francese
- Il primo ministro britannico è tornato a Londra
con la soddisfazione di aver compiuto il suo dovere:
non solo ha silurato la candidatura alla testa della
Commissione del primo ministro belga Guy Verhofstadt,
avanzata dal duo franco-tedesco, ma è riuscito
a svuotare di parte della sua sostanza la Costituzione
europea adottata dai venticinque". Liberation paragona
la vittoria di Blair a quella di John Major, il suo
predecessore conservatore, che al vertice di Maastricht
del dicembre 1991 poté dichiarare "Gioco,
partita, incontro", dopo aver ottenuto di non partecipare
né all'euro né all'Europa sociale.
Sul referendum regna lo scetticismo sulla stampa
francese. Lo chiedono la destra e il rampante ministro
delle finanze Nicolas Sarkozy, ma anche la sinistra.
Quest'ultima, su posizioni piuttosto radicali, critica
un'Europa poco attenta al sociale, mentre, come scrive
Anne Fulda su Le
Figaro, lo schieramento opposto intende sfruttarlo
per protestare contro il presidente Jacques Chirac,
e con i referendum nazionali: "ora per l'Europa viene
la parte pi¶ difficile". Su Midi
Libre Michel Noblecourt argomenta che il referendum
in Francia troverš difficoltš: lo sa lo stesso Chirac,
che ricorda come gli ultimi due referendum tenuti
sull'Europa, nel 1972 e nel 1992, abbiano visto una
forte affermazione dell'euro-scetticismo. Concorda
Le
Monde, secondo cui "la ratifica dei 25 membri
ú un esercizio pericoloso". Il quotidiano parigino
cita le riserve di Jean-Luc Dehaene, vicepresidente
della Convenzione: "Io non credo che il referendum
sia il massimo della democrazia. Di solito si conclude
con una risposta ad una domanda che non ú stata posta.
E se la risposta ú no, il primo riflesso ú quello
di avere un secondo referendum, perchþ la risposta
deve essere sñ", proprio come successe con danesi
e irlandesi rispettivamente con i trattati di Maastricht
e Nizza.
Soddisfazione in Gran Bretagna, sul referendum
tutto dipende
Di lš dalla Manica, il Guardian
si ú mostrato soddisfatto, ma ha confermato l'analisi
dei quotidiani francesi: l'accordo permette a Tony
Blair di dichiarare che "gli interessi nazionali della
Gran Bretagna sono stati preservati, e che ú stata
scacciata la paura di un 'superstato federale'". La
soddisfazione di Blair e del suo ministro degli Esteri
Jack Straw, spiega il quotidiano laburista, ú dovuta
all'accoglimento delle richieste inglesi sul veto
in tema di tasse, sicurezza sociale, esteri e difesa,
e sulla limitazione dei poteri della corte europea
sulle questioni economiche e sociali. Interessante
andare a vedere cosa ha scritto The
Economist, che al testo di Giscard aveva dedicato
un anno fa una copertina
decisamente poco amichevole. Il settimanale inglese
scrive che questo non "verrš esattamente ricordato
come il 'momento di Philadelphia' dell'Europa", ma
alla fine il lavoro ú stato compiuto", e "ora viene
il difficile". Viene comunque ribadito il giudizio
negativo sul testo, soprattutto sulla parte "estetica":
"Il nuovo documento non ú proprio bello, ú lungo oltre
200 pagine ed ú ben distante da quell'eleganza con
cui i suoi sponsor speravano di poter riavvicinare
gli apatici elettori dell'Ue al progetto europeo".
Ma ora, firmata la Costituzione, si puÖ dire che "ú
tutto bene quel che finisce bene?" Assolutamente no,
secondo l'Economist: "Non solo i leader europei
hanno spesso visioni contrastanti sul futuro dell'Europa.
Molti di loro contrastano anche con i propri elettori".
I temibili referendum che dovranno ratificare il testo
della Costituzione sono dietro l'angolo. Don't
relax yet, suggerisce il settimanale inglese.
Non rilassatevi ancora.
Sul Guardian
Timothy Garton Ash ha fatto notare che la Gran Bretagna
potrebbe non uscire cosñ male da un esito negativo
del referendum. Tutto dipenderš dalla compagnia: "Se
anche i francesi la rifiuteranno, in un referendum
che Giscard dice che il Presidente Chirac deve far
tenere, allora l'Ue probabilmente dovrš ricominciare
da capo. Se invece la Gran Bretagna la rifiutasse
da sola, e magari lo facesse anche una seconda volta
dopo altre modifiche, allora gli altri 24 quasi certamente
andrebbero avanti da soli. Legalmente questo metterebbe
il Regno Unito nel paradosso di essere l'unico membro
rimanente dell'attuale Ue (non c'ú procedura, nei
trattati attuali, che possa cacciare un membro; quindi
gli altri sarebbero costretti a fondare una nuova
Unione, lasciando da sola la Gran Bretagna)". Per
l'Economist invece "gli elettori europei dovrebbero
bocciare il nuovo trattato costituzionale e chiedere
qualcosa di meglio". Il settimanale invoca in francese:
"Aux urnes, citoyens". Alle urne, cittadini.
Entusiasmo e preoccupazione in Germania: una frittata
senza rompere le uova
Se in Francia la delusione per il mancato raggiungimento
del "risultato pieno" ú sembrato rovinare la festa,
i quotidiani tedeschi hanno invece espresso un giudizio
pi¶ positivo, sebbene anche qui ci sia stato rammarico
per la mancata intesa sul successore di Prodi. Lo
stesso Joschka Fischer, l'autorevole ministro degli
Esteri rispettatissimo anche a destra, aveva d'altronde
spiegato che l'importante era raggiungere l'accordo.
Der
Spiegel riporta le posizioni dei partiti sul referendum:
Cdu nettamente contraria, Spd indifferente, favorevoli
comunisti e liberali ed anche i Verdi, ma solo se
si tenesse in tutta Europa. La Sueddeutsche
Zeitung intitola un suo commento "Il libro dei
libri". "L'Europa c'ú", scrive Stefan Ulrich, che
perÖ non puÖ non segnalare i problemi che ora attendono
l'Unione, come quelli derivati dal potere di veto
e, ancor prima, dai referendum popolari: "In questo
modo al blocco dei bloccatori ú riuscito di sfilacciare
la bozza di Costituzione, in alcuni punti, a vantaggio
degli egoismi nazionali. E questo per il futuro non
promette nulla di buono: chi schiaccia regolarmente
sul freno, non va avanti. Quindi: il consenso che
tutti e 25 i paesi hanno assegnato alla Costituzione
non significa ancora che questa entrerš in vigore.
In paesi come Gran Bretagna e Polonia sono in agguato
i referendum popolari, che potrebbero decapitare il
testo appena approvato". La Costituzione ha superato
tutti gli ostacoli, e gli europeisti potranno sfruttarne
con abilitš i nuovi strumenti per far avanzare l'integrazione.
Altre dure battaglie con gli Stati aspettano perÖ
i nostri prodi. "Insomma - conclude la Sueddeutsche
- vale ancora la frase dello scrittore Paul Lacroix:
"L'unitš dell'Europa ú come il tentativo di cuocere
una frittata senza rompere le uova".
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