Poteva andare peggio, ma poteva anche
andare meglio. E' questo, semplificando, il giudizio
con cui i principali quotidiani europei hanno accolto
la nomina di Josè Manuel Durao Barroso a Presidente
della Commissione europea. Senza molto entusiasmo, consapevoli
che nell'Europa di oggi, divisa a tutti i livelli, è
già un miracolo che si possa arrivare ad un accordo
all'unanimità su qualcosa.
Soddisfatti gli spagnoli: un volto portoghese
Buona accoglienza la nomina di Barroso ha ricevuto in
Spagna, dove probabilmente è stata vista positivamente
la scelta di un "vicino" di Lisbona, proveniente
dal paese che è entrato nell'Unione nello stesso
anno della Spagna, ma dove si è apprezzato anche
che il nuovo presidente provenga da un paese piccolo,
come era implicito nel finale dell'editoriale di
El
Paìs , "un volto dell'amico Portogallo":
"Che il presidente della Commissione sia portoghese
è positivo per l'Europa e per la Spagna"
scrive il quotidiano progressista spagnolo. "In
una Unione in cui è cresciuto il numero dei paesi
piccoli, questi ultimi si sentiranno ora tanquillizzati
e la nomina fomenterà la fiducia nelle istituzioni".
Per El Paìs Barroso, che in un altro commento
è definito "senza carisma, ma con una brillante
carriera diplomatica", viene considerato "un
buon candidato per presiedere la Commissione in questi
tempi di cambiamento", un uomo che possiede l'abilità
politica del saper incassare le sconfitte, che "non
ha l'aspetto del leader, ma può sorprendere".
Delusi i franco-tedeschi: Barroso figlio dei veti
incrociati
Le
Monde, che come avevamo segnalato aveva tirato
la volata (franco-tedesca) al belga Verhofstadt,
ostenta diplomazia nel giudizio sul conservatore portoghese,
a cui augura "buon lavoro", ma poi sfoga
la delusione criticando aspramente il clima in cui
è venuta fuori la sua candidatura, "triste
illustrazione della disunione e dell'impotenza dei
responsabili europei nell'intendersi". "La
presidenza irlandese ha proposto Barroso perché
sollevava il minor numero d'opposizioni", spiega
il quotidiano francese, ma "questo metodo non
è degno dell'ambizione che dovrebbe essere
dell'Europa e dell'importanza della funzione".
"Troppi paesi, tra cui la Francia e la Germania,
hanno indebolito negli ultimi anni il potere della
Commissione di Bruxelles", commenta Le Monde,
ma riuscirà Barroso a rimettere questa istituzione
al centro dei giochi? Per il giornale parigino Barroso
è "il minimo comun denominatore"
emerso dalle divisioni tra Francia e Germania da un
lato, e Gran Bretagna e Italia dall'altro. "La
caratteristica che colpisce di più in Barroso
è che né Londra né Parigi né
Berlino avessero obiezioni nei suoi confronti",
ha scritto invece la Sueddeutsche Zeitung, che dando
voce chiara al malcontento strisciante dei franco-tedeschi,
scrive quello che Le Monde non ha il coraggio di scrivere:
"I capi di governo potrebbero pentirsi di aver
mandato una seconda scelta a Bruxelles". Simile
l'interpretazione di Die Welt, secondo cui Barroso
non è "né un forte e egocentrico
candidato né un grande visionario". Tuttavia,
aggiunge il quotidiano conservatore tedesco, "potrebbe
essere un buon moderatore a Bruxelles".
L'Economist sospende il giudizio su Mr. Compromise
L'Economist,
sempre sospettoso verso l'asse Parigi-Berlino, si
domanda il perché della loro ritirata, del
loro assenso a un candidato che è filoamericano
e non è un "federalista". Per il
settimanale inglese la risposta è nella speranza
del duo franco-tedesco di piazzare propri uomini nei
posti chiave della Commissione, come il supercommissariato
all'Economia per i tedeschi e la Concorrenza (l'attuale
incarico dell'italiano Mario Monti) per i francesi,
che mantengono anche Pierre de Boissieu come Segretario
generale aggiunto del Consiglio dell'Ue. Nella stessa
direzione andrebbe il consenso del socialista Zapatero,
che ha assicurato alla Spagna, con Javier Solana,
il ministero degli Esteri. Barroso parte da una posizione
molto debole, perché non era certo una prima
scelta e, come Jacques Santer, è una figura
di compromesso. La buona notizia, per l'Economist,
è che l'Ue ha un nome nuovo nel suo braccio
esecutivo, e che può contare su una Costituzione.
"Ma il difficile deve ancora venire", conclude
il settimanale inglese, riferendosi ai referendum
nazionali.
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