316 - 02.03.07


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Le polemiche su Pasque di sangue

Mauro Buonocore


Il caso di Pasque di sangue nasce il 6 febbraio. Sulle pagine del “Corriere della Sera” una recensione di Sergio Luzzatto presenta l’imminente uscita del libro di Ariel Toaff, docente di storia all’università israeliana di Bar-Ilan, editore il Mulino. La tesi del libro è che alcune delle accuse che incriminavano esponenti delle comunità ebraiche in epoca tardo medievale di compiere omicidi rituali, di uccidere bambini cristiani e utilizzarne il sangue per le celebrazioni pasquali, potrebbero essere giuste e fondate. Luzzatto saluta con favore il libro (“Magnifico libro di storia e in qualche modo sconvolgente”), loda le doti storiografiche dell’autore e giudica il lavoro “un gesto di coraggio”.

Immediata la risposta dei rabbini italiani che all’indomani dell’uscita della recensione, sempre dalle pagine del “Corriere”, affermano che “le pasque di sangue sono solo delle leggende”. E le risposte arrivano direttamente nella casella e-mail di Ariel Toaff, dove i messaggi giungono a centinaia oscillando tra gli insulti e le minacce di morte per chi è accusato di infangare col suo libro la memoria del popolo ebraico.
La polemica è innescata, Toaff è accusato di soffiare benzina sui discorsi infuocati di chi vuole trovare giustificazioni alle persecuzioni antisemite, e pure la voce del padre dello storico, Elio Toaff, ex rabbino capo di Roma e figura di alto rilievo nella comunità ebraica italiana.

Quelle per cui gli ebrei usassero tra il XII e il XVI secolo, sangue di bambini cristiani per ripetere ritualmente l’uccisione di Cristo, scrive Anna Foa su “Repubblica” dell’8 febbraio, sono accuse che hanno “evidentemente avuto nella storia gravi conseguenze: dai pogrom scatenati dal basso, senza processo, contro le comunità ebraiche nel Medioevo, alla costruzione tra Otto e Novecento di quello stereotipo antisemita che ha fatto da supporto allo sterminio nazista degli ebrei”. La storica si sofferma poi sui modi della ricerca e delle tesi che ne derivano. Mentre la storiografia tradizionale afferma che le accuse di omicidio rituale non sono che invenzioni prive di fondamento, “non sembra proprio che Ariel Toaff abbia trovato fonti che rovescino l'interpretazione tradizionale”, scrive Anna Foa.
Ancora sul “Corriere” Anna Esposito e Diego Quaglioni (11 febbraio) sostengono che Toaff abbia analizzato le fonti storiche in maniera tanto superficiale da credere che tutta la storiografia che lo ha preceduto abbia interpretato acriticamente i documenti per dichiarare “pregiudizialmente priva di fondamento l’accusa di omicidio rituale”.
Insomma, le bocciature più forti aPasque di sangue imputano a Toaff un uso improprio delle fonti.

Ma il dibattito ha anche un altro versante, quello che riguarda la libertà di ricerca e di espressione all’interno della comunità ebraica.
Il 15 febbraio Toaff decide di ritirare il libro dal mercato perché non vuole che i suoi studi siano associati a progetti criminali che mirano allo sterminio del suo stesso popolo, ammette con amarezza che rivedrà i passi posti sotto accusa, che sono stati distorti e male interpretati, perché lo scopo del suo lavoro è semplicemente quello di indagare la storia ebraica senza però cedere ad alcun tabù.

Su questo punto battono anche le voci di David Bidussa sul “Riformista” del 24 febbraio (e qui riproposta) e di Sergio Luzzatto che riprende la polemica con vigore. Da una parte Bidussa giudica un errore costringere il libro alla censura perché questa scelta soffoca i chiarimenti che invece vanno fatti alla luce del sole proprio per combattere ogni tabù antisemita; dall’altra Luzzatto (“Corriere” del 26 febbraio), dopo aver sottolineato che alcune critiche (come i rabbini che hanno giudicato il libro “aberrante”) sono piovute su Toaff senza che i censori avessero letto una sola pagina del libro, giudica con parole molto forti, e chiare, il “pensiero unico sulla storia dell’ebraismo”: un pensiero, scrive Luzzatto, che vuole leggere la storia del popolo ebraico come la storia di un popolo separato dal resto del mondo, “un pensiero che ha bisogno di considerare gli ebrei come al di fuori dello spazio e del tempo: mai nel bene o nel male attori vivi della storia, ma sempre, comunque, unicamente personaggi disossati, agnelli sacrificali, vittime vittime vittime”.
Le ultime parole di Luzzatto tengono aperto il dibattito e mantengono l’attenzione sul nodo vivo della vicenda: “siamo proprio sicuri che l'essenza dell'ebraismo si salvaguardi con l'interdetto etico e scientifico?”


 

 


 

 

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