Katrina farà
sentire il suo peso anche sulla guerra in Iraq. Non
a breve termine, ma nel lungo periodo inciderà
anche in Medio Oriente il dispendio di credibilità
e di leadership che Bush e i suoi stanno lasciando sulle
rovine della Gulf Coast.
Il nesso tra New Orleans e Baghdad ce lo spiega Charles
Kupchan, docente di International Affairs alla Georgetown
University: “L’uragano Katrina, e soprattutto
il modo con cui il governo vi ha reagito, ha indebolito
molto Bush e ha assottigliato il suo capitale politico.
Questa situazione, nel lungo periodo, potrebbe costringere
il presidente americano a ridimensionare la sua politica
in Iraq perché per sostenere la guerra c’è
bisogno di spendere molto capitale politico”.
A New Orleans il governo americano ha perso molta della
fiducia dei suoi elettori, che non sono più disposti
ad appoggiare in pieno il presidente e le sue scelte.
“Inoltre – continua Kupchan – gli
americani si stanno chiedendo perché mai stiamo
spendendo così tanti soldi e tempo in Iraq quando
abbiamo cose molto importanti di cui occuparci qui,
negli Stati Uniti. Io non vedo alcun impatto immediato
di Katrina sulla politica di Bush, ma credo fortemente
che, nel lungo periodo, le pressioni su problemi di
politica interna indurranno Bush a ridurre la presenza
americana in Iraq”.
Se l’eco politica dell’uragano può
arrivare fino al Medio Oriente, Kupchan, che studia
molto da vicino i rapporti tra Usa e Unione Europea,
non vede ricadute particolari sui rapporti tra le due
sponde atlantiche: “Il modo davvero scadente nel
portare soccorsi e aiuti alle popolazioni colpite dall’uragano
– ci dice – ha duramente colpito l’immagine
di Bush nell’opinione pubblica americana, e allo
stesso tempo ha causato all’estero una forte impressione
negativa: come può una superpotenza reagire in
maniera così inefficace a una tale sciagura?
Ma io non credo che un ‘effetto Katrina’
possa avere conseguenze concrete sulle relazioni atlantiche;
gli europei erano già, in linea generale, piuttosto
scettici sull’amministrazione Bush, questi eventi
non hanno fatto altro che rafforzare questo atteggiamento”.
Eppure qualcosa sta cambiando anche nel modo in cui
gli europei vedono gli Stati Uniti. Secondo Transatlantic
Trends, il sondaggio d’opinione annuale realizzato
dalla German Marshall Fund, la percezione dimostrata
dall’opinione pubblica europea verso gli Usa è
sempre più negativa; in altre parole, anche prima
dell’uragano (quando l’indagine è
stata svolta) il giudizio del Vecchio Continente verso
le politiche di Bush non era affatto positivo; in che
direzione vanno i rapporti tra Usa e Ue?
“La cosa più inquietante nei sondaggi d’opinione
– riprende Kupchan – è la valutazione
negativa degli Stati Uniti da parte dei cittadini europei.
Questo atteggiamento potrebbe rendere la vita davvero
difficile a qualsiasi politico che voglia ricostruire
solidi rapporti tra le due sponde atlantiche. Durante
l’ultima campagna elettorale tedesca, ad esempio,
Schroeder ha ancora una volta fatto ricorso alla sua
opposizione alla guerra in Iraq per guadagnare popolarità.
Se i politici europei dovessero conquistare la fiducia
degli elettori e cariche di governo grazie all’opposizione
a Washington, allora non c’è molta speranza
per una salda alleanza atlantica”.
Insomma il quadro non sembra affatto confortante, soprattutto
se a pronunciare queste parole è un americano
che ha sempre creduto nella necessità di una
Unione Europea che sia in grado di bilanciare il potere
internazionale degli Usa. Nel suo libro The end
of the American Era, Kupchan ha scritto che sarà
proprio l’Ue a fare da contrappeso alla forza
americana nello scenario globale. Il libro risale al
2002, dopo tre anni l’Unione europea ha dimostrato
davvero di poter svolgere questo ruolo?
“Il rifiuto di Francia e Olanda di fronte alla
costituzione europea ha rappresentato un momento molto
deludente per l’Unione Europea,” risponde
il politologo americano e continua: “Quando Bush
ha iniziato il suo secondo mandato presidenziale sembrava
riscoprire l’importanza di forti legami che tenessero
gli Stati Uniti vicini all’Europa, e allo stesso
tempo il presidente americano sembrava avvertire il
bisogno, per gli Usa, di un’Europa forte. Ma proprio
in quel momento l’Unione Europea ha vacillato
e tutti gli sforzi per costruire un’Unione più
concreta e salda sono tenuti adesso in sospeso”.
“Io spero vivamente – conclude Kupchan –
che l’Ue riconquisti il proprio slancio nei prossimi
mesi: un’Europa più unita e capace di far
sentire la propria voce sarà un bene per l’Europa
stessa, per le relazioni transatlantiche e per la stabilità
internazionale".
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