Caffe' Europa

Arte/Per Roma sulla tracce del Bernini

 

Beata Ludovica Albertoni

Interprete da giovane dei miti erotici ovidiani («Apollo e Dafne») e, nel corso della maturità, dell’estasi mistica e sensuale di una santa (Cappella Cornaro), nel 1671 il vecchio Bernini, allora settantaduenne, si confronta – ancora una volta – con il tema della morte. Non la sua, naturalmente, anche se al trapasso si andava preparando da tempo (apparteneva alla confraternita della Buona Morte). Ma quella della «Beata Ludovica Albertoni», le cui spoglie riposavano dal 1533 nella chiesa romana di S. Francesco a Ripa. Non appena nel 1671 venne ufficializzato il culto della beata, a Bernini venne commissionata la statua da porre sul sarcofago. Il maestro – memore di quanto aveva fatto per i Cornaro in S. Maria della Vittoria, ma desideroso di realizzare un’opera meno scenografica, più contenuta e intima – ridisegna l’architettura della piccola cappella e apre due finestre in alto donde prendere la luce per il marmo che, di sua mano, prese a scolpire. Bagnata di luce naturale, e divina, la «Beata Ludovica» non è rappresentata defunta, ma nel momento dell’agonia. Le membra, i panneggi, persino le pieghe contorte del giaciglio, partecipano dello sforzo e dell’estasi nel preciso momento in cui Ludovica si appresta al passaggio ad un’altra, più alta e divina, dimensione.


Chiudere la finestra per tornare su Caffè Europa