330 - 16.11.07


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Do you speak European?

Mauro Buonocore


Un luogo comune è spezzato. I cittadini europei hanno grande interesse per l’Europa e hanno chiare idee su come questa dovrebbe essere e sanno parlare con voce di europei, non solo di nazioni diverse. Tomorrow’s Europe ne è stata la prova, il sondaggio informato che ha coinvolto un campione dei 27 paesi membri dell’Ue ha spazzato via gli stereotipi che chiudono gli occhi di fronte a una sfera pubblica che c’è e vuole fare sentire la propria voce. “Impossibile mettere insieme persone che parlano così tante lingue e così diverse, le politiche europee sono troppo difficili e complesse per essere interessanti agli occhi di cittadini comuni; gli europei in realtà non esistono, non condividono una politica dell’Unione: l’Ue è una questione per politici e burocrati”. Questi i luoghi comuni sull’Europa, puntualmente neutralizzati dal deliberative poll: ecco come.

Nel bel mezzo della Babele europea, la soluzione si chiama traduzione simultanea. Il campione di 362 partecipanti ha potuto esprimersi in 22 lingue diverse. Lo sforzo dell’organizzazione è stato enorme (e anche costoso, l’intera operazione ha richiesto circa 1,4 milioni di euro) ma i risultati sono stati eccellenti. Nell’emiciclo del Parlamento di Bruxelles una parete intera è dedicata ai box dei traduttori che si sono dati da fare per l’intera tre giorni dell’evento. La tecnologia ha servito lo scopo e la Babele si è dissolta dentro le cuffie di ciascun partecipante. Poco importava se la persona al microfono parlasse suomi, inglese, greco o ungherese, le sue parole arrivavano comprensibili a chiunque stesse nella sala ad ascoltare. E nelle sessioni in gruppo la cosa è stata anche più sensazionale perché si poteva assistere a dibattiti accesi, partecipati, intorno a tavoli dove sedevano contemporaneamente olandesi lettoni e portoghesi, italiani rumeni e sloveni.

Scrivendo di Tomorrow’s Europe, Timothy Garton Ash sul Guardian ha richiamato l’attenzione su una frase di John Stuart Mill il quale scrisse che se tra le persone non si insatura una reciproca comprensione, specie se queste parlano lingue diverse, è impossibile che si realizzi quell’opinione pubblica necessaria al funzionamento della democrazia. Le parole di Stuart Mill hanno preso a Bruxelles la consistenza dei fatti.
Dalla comprensione linguistica, infatti, è scaturita grazie allo scambio di opinioni, una comprensione reciproca sui temi, per quanto difficili e complessi questi potessero essere.

Pensioni, mercato del lavoro, politiche energetiche e minacce nucleari, sono state affrontate con decisione e senza timidezze fino a far emergere una visione abbastanza delineata dell’Ue, del suo ruolo e del suo futuro. In sostanza, alla fine del sondaggio informato, i partecipanti chiedono un’Unione che sappia entrare più in profondità nelle questioni importanti, che sappia darsi gli strumenti per operare in maniera attiva e concreta nello scenario internazionale, e che non ricerchi l’allargamento a tutti i costi.
Come ha sottolineato James Fishkin analizzando i risultati del sondaggio (lo trovate qui), il deliberative poll ha creato, attraverso i dibattiti e lo scambio di opinioni, le condizioni per portare in superficie la condivisione di un’idea dell’Ue che appartiene all’opinione pubblica europea, a patto che i suoi membri abbiano l’opportunità di parlarsi ed esprimersi.

Chi dice che le questioni europee sono solo chiacchiere da élites farebbe bene a dare uno sguardo ai filmati delle sessioni plenarie nell’emiciclo del Parlamento di Bruxelles. Ci troverà informazioni utili. Vedrà cittadini europei che propongono una concreta visione dell’Europa, manifestano le loro esigenze di fronte all’Ue. E vedrà, anche, i politici cambiare il loro linguaggio; di fronte alle domande degli europei, li vedrà costretti ad abbandonare ogni elusivo giro di parole e di concetti per andare dritto nel cuore delle cose.
Questo è il deliberative poll: se un cittadino fa una domanda a un politico che sta di fronte a tutta l’assemblea, questo dovrà rispondere nel merito, con fatti e argomentazioni, altrimenti si sentirà dire: “Mi scusi onorevole, ma non ha risposto alla mia domanda. Perché l’Ue non ha un seggio nel consiglio di sicurezza dell’Onu? Che pericoli ci sono nell’adesione europea di un paese popoloso ed esteso come la Turchia o l’Ucraina?”

Così l’opinione pubblica europea ha preso corpo di fronte agli occhi di chi era presente a Bruxelles tra il 12 e il 14 ottobre 2007. Internet tiene viva e documentata l’esperienza, chi vuole può andare e vedere i cittadini europei informarsi discutere e decidere. Può vedere politici incalzati da semplici elettori, persone qualsiasi che volevano sapere e conoscere.
L’opinione pubblica europea ha parlato, ma rimane un mistero capire se e come le istituzioni europee terranno in una qualche considerazione le decisioni emerse alla fine del sondaggio. Durante la conferenza stampa di chiusura, Tommaso Padoa Schioppa, presidente di Notre Europe che ha promosso tutta l’iniziativa, ha detto: “Il futuro dell’Europa dipende dalla capacità che hanno le nostre democrazie di evolvere verso spazi più ampi”. Democrazie più efficienti e più estese. L’efficienza della democrazia richiede certamente un ruolo attivo e partecipe dell’opinione pubblica. E chiede alla politica di mettersi in ascolto di quanto questa ha da dire. I politici europei sapranno dare seguito alle buone intenzioni e ascoltare le domande che emergono dalla sfera pubblica europea?


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