Caffe' Europa  
 

 



Subject: la nascita della webonomics (telema, 97)

R. S.

 

 

 


#1
La nascita della Webonomics
Fra i tanti sommovimenti che il sisma digitale ha provocato, quello che riguarda il settore pubblicitario sembra uno di quelli con la magnitudo piu' alta. Il secondo principio della Webonomics – come Evan I. Schwartz ha battezzato su Wired di febbraio il nuovo paradigma economico che si sta sviluppando sulla Rete – afferma che «i vecchi modelli di vendita della pubblicita' non vanno piu' bene». Gli fa eco Rich Everett, manager della interactive communication alla Chrysler Corporation: «Sul Web, tutto quello che sapevamo a proposito della pubblicita', e' da buttare fuori dalla finestra».
Ed e' cruciale capire l’abc del nuovo approccio perche' proprio l’advertising sara' il pilastro per lo sviluppo dei nuovi contenuti che la Rete offrira'. Se e' vero come e' vero – cosi' recita la prima legge della Webonomics – che «i consumatori raramente saranno disposti a pagare un canone di sottoscrizione per accedere a un sito Web», non si potra' che far ricorso alla «promozione commerciale» per sostenere i costi che mantenerlo comporta. Considerazione svolta in maniera icastica da Adam Schoenfeld, analista alla Jupiter Communication di New York: «gli editori si stanno rivolgendo a tre fonti di ricavi: la pubblicita', la pubblicita' e la pubblicita'». E confermata da Josh Bernoff, che alla Forrester Research analizza i trend della provincia ipermediale di Internet: «Quest’anno le aziende investiranno 74 milioni di dollari in pubblicita' sulla Rete, cifra che stimiamo aumentare a 727 milioni nel 1998».

«Invece di pubblicitari che solleciteranno una risposta, essi si troveranno a rispondere a sollecitazioni di clienti piu' che potenziali» assicura Nicholas Negroponte. Ma perche' la profezia si realizzi, il medium digitale esige un messaggio nuovo e sofisticato. «Per attirare qualcuno sul mio sito multimediale bisogna retribuire in qualche modo l’attenzione del visitatore» dichiarano all’unisono Paolo Ainio e Carlo Gualandri, i due giovani responsabili di Matrix, una societa' legata al piu' grosso centro media italiano, che ha costruito le infrastrutture di TheCity. Un sito metafora di una citta' reale dove i cybernauti troveranno i contenuti piu' disparati (notizie, servizi, angolo della poesia, etc) in attesa che le aziende decidano di impiantarsi in questa prima Web-colonia.
«Le piu' efficaci strategie di marketing online – spiega lo special report “Making Money on The Web” apparso il 28 agosto su Interactive Age – sono offrire software da scaricare gratuitamente dalle proprie home page o mettere a disposizione, sempre senza farli pagare, servizi e prodotti vari». L’esempio emblematico del primo approccio e' quello di Netscape il cui sito, secondo stime del giugno ‘95, registrava 30 milioni di contatti (hit) alla settimana. Questo traffico ha fatto volare alle stelle le quotazioni dei suoi «terreni» ed ora fattura da 15.000 dollari in su per affittare un link pubblicitario nelle sue pagine. Modello eloquente della seconda strategia e' Pathfinder, il servizio informativo di Time magazine che con i suoi 4,8 milioni di visitatori a settimana si e' aggiudicato il quinto posto nella strategica classifica dei siti piu' frequentati (ergo piu' appetibili dai pubblicitari). Nella stessa ottica, la Juno Online Services di New York ha recentemente annunciato che offrira' gratuitamente servizi di posta elettronica a chi sara' disposto a ricevere messaggi pubblicitari elettronici.
#2
Una vetrina in movimento e a buon mercato
Nella prima fase di invalvolamento telematico, la curiosita' infantile dei pionieri della Rete li portava a «sparare» su tutto quello che si muoveva, ma gia' adesso, con il moltiplicarsi dei bottoni cliccabili, si deve fornire un buon motivo per schiacciarne uno anziche' un altro. «Ancora per poco – ammettono i pubblicitari piu' onesti –, per molte societa' di advertising quelle online saranno operazioni “prendi i soldi e scappa”: una campagna su supporto Internet costa poche decine di milioni; nell’euforia degli albori, basta esserci, poter accludere ai propri indirizzi anche quello con la chiocciolina o la tripla w. Questa fase pero' svanira' in men che non si dica». Anche cifre a molti zeri come il mezzo milione di dollari speso nel quarto trimestre del ‘95 da AT&T, l’impresa che ha scommesso piu' pesantemente di tutte le altre, nel mondo, sulle campagne elettroniche, svaporano immediatamente nelle equivalenze tradizionali: con la stessa cifra si sarebbero aggiudicati soltanto un paio di spot da 30 secondi l’uno tra gli spettacoli televisivi piu' popolari della prima serata.
Il banner rotante, quella specie di francobollo con il logo della ditta che pulsa in posizioni strategiche sulle home-page dei diversi fornitori di contenuti ha una particolarita' importante: ogni volta che la stessa persona capita sulla pagina che lo contiene, questo cambia l’azienda da sponsorizzare. Come se la medesima vetrina, ogni volta che la stessa persona vi passasse davanti, esponesse per lui merci diverse da quelle che ha visto in precedenza.
#3
Marketing Next Generation
Ma «essere digitali», in una benintesa prospettiva di marketing, non dovra' servire tanto a farsi vedere quanto a raccogliere informazioni. Il «caso Coors» la dice lunga in proposito. Decisa a lanciare una robusta campagna pubblicitaria per Zima, la sua birra chiara al malto che stentava a conquistare estimatori, la grossa ditta americana contatto' la ModemMedia, agenzia pioniera dell’online advertising. Con un sistema automatico che rispondeva a chiunque visitasse l’home page di Zima con un gentile messaggio di posta elettronica corredato di belle immagini digitalizzate, si instauro' un contatto diretto e proficuo con i clienti che, in grande numero, spiegarono il perche' dello scarso entusiasmo nei confronti della bibita: era buona ma dal colore sgradevolmente chiaro. La semplice aggiunta di un colorante naturale rovescio' le sorti commerciali del prodotto che adesso sgorga a flutti nei bar d’America.
Non solo. Per usufruire di certi servizi che i singoli siti mettono a disposizione, sempre piu' di frequente si deve passare per una registrazione che lascera' ulteriori tracce della fisionomia del potenziale cliente. La messe di dati che l’utente riversa riempendo il questionario e' oro per i pubblicitari. Pero' puo' diventare indigeribile piombo se si sbaglia l’alchimia, se invece di essere proposta contro una qualche ricompensa, viene imposta come condizione inaggirabile («o ti registri o non ti faccio vedere niente!»). «Invece di avere il maggior numero possibile di persone che vi visiteranno e conosceranno i vostri prodotti – azzarda Albert Ankhoa nell’esplicito Can we make money in the Net? –, gli chiuderete la porta in faccia costringendoli a rivolgersi dai vostri concorrenti. E siccome voi avete piu' bisogno dei vostri clienti di quanto loro ne abbiano di voi...».
Dare la possibilita' a sconosciuti commercianti di sbirciare sia pur minimamente nella vostra privacy puo' essere sensato solo a patto di ottenere una contropartita di valore. E i nuovi problemi di tutela della privacy non hanno bisogno di troppi commenti: le liste che custodiranno i dati personali dei vari utenti sono una merce impagabile per un’azienda ma costituiscono una minaccia nuova e seria ai diritti personali del cittadino elettronico. Il mensile Wired, avanguardista indiscusso sulla strada dell’integrazione carta/Rete dei giornali, avverte nel suo colophon interminabile: «Wired puo' affittare le proprie mailing list. Se non volete che il vostro nome vi compaia, per favore fatecelo sapere per telefono, posta o e-mail».

#4
Il tariffario elettronico
Per queste possibilita' inedite di individuare generalita' e gusti dei potenziali clienti gli uomini di marketing sono disposti a pagare bene e, possibilmente, secondo logiche flessibili e differenziate. L’ultima fase della duttile graduazione dei pagamenti sara' quella di offrire la visibilita' gratuitamente e far pagare soltanto per reali, misurabili risultati. In questo modo aziende e pubblicitari si ripartirebbero rischi e vantaggi di una campagna promozionale: se il successo sara' straordinario, a molti zeri sara' anche l’assegno che la compagnia stacchera' al gestore del sito fortunato, altrimenti l’inefficacia della pubblicita' la paghera' anche colui che l’ha ospitata.
Questa nuova, dettagliata contabilita' e' resa possibile da nuove tecnologie di rilevamenti per il Web come quelle sviluppate dalle recenti WebTrack, dalla NetCount o dalla Internet Profiles, meglio nota con l’acronimo I/PRO. Il loro mestiere, ricalcato su quello delle societa' di rilevazione televisiva, e' quello di misurare l’afflusso di navigatori su un certo sito e certificarne, per il possibile, il profilo; «il gestore potra' capire – recita la presentazione – come e da chi il suo sito e' stato usato. Il sistema I/PRO [che dal settembre ‘95 ha stretto un’alleanza con la capofila americana dei rilevamenti televisivi Nielsen Media Research, NdR] consente ai pubblicitari e coloro che acquistano spazi sui media di determinare i siti ottimali per trasmettere i loro messaggi». Inaugurata nel corso del 1994 a Los Angeles, la I/PRO annovera gia' tra i suoi clienti i piu' grandi nomi dell’economia della Rete come Yahoo!, Compuserve, Netscape ma anche CMP Publications, Ziff-Davis e Playboy.

Ma c’e' anche chi contesta radicalmente, nonostante la scientificita' crescente dei metodi di misurazione, l’efficacia attuale della pubblicita' online. Alla domanda che da' il titolo al suo studio, Is Web advertising efficient?, Ed Gotfredson, direttore media alla Woolward & Partners Advertising di San Francisco, da' una risposta senza tentennamenti: «Se vi state pubblicizzando sul Web, state probabilmente pagando circa 40 volte il costo-per-migliaio (di persone che raggiungerete con il vostro messaggio, NdR) di un equivalente veicolo di comunicazione stampata, e non ve ne rendete neppure conto». Mettendo a confronto pubblico e visibilita' di giornali tradizionali e dei loro doppi elettronici, il professionista argomenta la sua tesi solitaria. E in questa “singolar tenzone” di carta contro bit cita cifre acuminate: un pubblico medio in un periodo di due settimane di una rivista di informatica negli Stati Uniti e' di 3.236.500 persone contro le circa 200.000 della sua versione elettronica. Non solo: le medie del numero di lettori raggiunti da un messaggio pubblicitario nello stesso periodo di riferimento sarebbero – secondo i calcoli di Intelliquest – di 932.112 contro i 2.962 del versante interattivo. L’argomento scende nei dettagli con l’esempio della politica dei prezzi della potentissima casa editrice informatica Ziff Davis: «La Ziff vi fattura 39 dollari e 975 cents per tre mesi di pubblicita' sulla sua ZD Net. La vostra icona, che appare su due home page diverse alla volta, ruota ogni settimana tra le 15 home page della ZD Net. In media una pubblicita' e' cliccata 1481 volte la settimana. Il costo-per-migliaio risulta di 2297 dollari, ovvero 41 volte quello di una versione cartacea di una testata Ziff Davis». «La principale ragione per cui il Web non e' ancora un medium efficace e' che la pubblicita' su di esso non e' intrusiva. Un lettore deve cercarla, volerla» conclude sconsolato Gotfredson.

Tuttavia, ad oggi, i rari, veri guadagni di chi ha investito sulla Rete, vengono proprio dall’advertising. La pubblicita' elettronica prosegue la' dove si arresta quella tradizionale. «Uno spot tradizionale ti “dice” che un prodotto esiste – elenca Rich Everett – e cerca di “vendere” i suoi vantaggi: se l’annuncio sul sito e' ben fatto esso “linkera'” compratori qualificati e interessati a una showroom virtuale e dara' loro tutte le informazioni utili affinche' comincino a “riflettere” se non sia veramente giunto il momento di comprare una macchina nuova». «Tell, sell, link, think» si candida cosi' a diventare lo scioglilingua preferito dei creativi del Terzo Millennio.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Wired 3.07 (luglio ‘95), «Intellectual value», Esther Dyson (edyson@eff.org), vice presidente dell’Electronic Frontier Foundation.
Wired 4.02 (febbraio ‘96), «Advertising Webonomics 101», di Evan I. Schwartz (evan@cis.compuserve.com)
Wired 2.02 (febbraio ‘94), «Is advertising finally dead?» di Michael Schrage, ricercatore al Media Lab, con Don Peppers e Martha Rogers co-autori di «The One-to-One Future: Building Relationships One Customer at a Time».

Time (numero speciale, 8 maggio 1995): «Just click to buy», di Janice Castro
Time (25 luglio 1994): «Battle for the soul of the Internet», di Philip Elmer-Dewitt

«Can we make money in the Net?», di Albert Ankhoa (consulente di marketing e nuove tecnologie)
http://www.primenet.com/~ankhoa/mark.htm

«Is Web Advertising Efficient?», di Ed Gotfredson, direttore media al Woolward & Partners Advertising, San Francisco
http://www.dnai.com:80/~adsrus/edsWP.html

«The Internet Business Book, Marketing on the Internet: Multi-Media Strategies on the World-Wide Web and Education on the Internet», di Jill H. Ellsworth (ellswort@tenet.edu)

«Pricing web site advertising - The media buyers' view», di Abbott Wool
http://www.amic.com/amic_mem/research/hits.html



The Economist, 1 luglio 1995, «The accidental superhighway», special survey di Christopher Anderson


SITI DAI QUALI REPERIRE IMMAGINI

Forrester Research: http://www.forrester.com/
TheCity: http://www.thecity.it/
Netscape: http://www.netscape.com/
Time: http://www.pathfinder.com/
Juno Online Services: http://www.juno.com/
ModemMedia: http://www.modemmedia.com/
Zima: http://www.zima.com/
NetCount: http://www.netcount.com/
I/PRO: http://www.ipro.com/



Copyright © Riccardo Stagliano' 1999

 

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