Caffe' Europa  
 

 





Subject: newsletter online (repubblica, 970717)

R. S.

 

 

 


Alla destra di Dio ci sta' il sesso, alla sinistra le newsletter. Non prendetelo come un'accostamento blasfemo, ma soltanto come il risultato empirico ma verosimile di una ricerca sulla frequenza con la quale, in rete, si incappa in certi argomenti. A dicembre dell'anno scorso "Time" sorprese i lettori con una copertina inattesa: "Jesus Online", era il titolo del servizio portante. Il dato iniziale era che, alla faccia di tutti i bacchettoni convinti che il Web sia soltanto un intrico lascivo di immagini XXX e di viziosi passatempi, usando un noto motore di ricerca si trovavano moli piu' documenti riguardanti "dio" di quanti non se ne trovassero riguardanti il "sesso". Adesso, a giudicare dalle testate che nascono come funghi e dai discorsi sempre piu' insistenti che giornali autorevoli ne fanno, il prezzemolo di Internet e' proprio la pubblicazione periodica specializzata.

"Chiunque puo' diventare editore on-line - recita la saggezza popolare cyber - : basta un computer, un programmino di impaginazione e un collegamento". Tutta mercanzia, come e' noto, disponibile a buon mercato. Ed e' per questo che i piu' disparati soggetti, dai rivoluzionari zapatisti agli esperti gessati di blue chips hanno cominciato a impugnare la rete per diffondere (gratis et amore dei o a pagamento) le informazioni di cui erano, rispettivamente, detentori.

E' certo un fattore di democratizzazione del mercato del sapere, ma anche un business in ascesa di cui gia' esiste una contabilita' precisa e cui e' stata riconosciuta una autonoma dignita' accademica. "Il settore delle newsletter nei soli Stati Uniti - spiega David Nelson, che insegna in un corso di Pubblicazione di Newsletter alla Northwestern University - e' un'industria da 5 miliardi di dollari l'anno (8.500 miliardi di lire, nell'equivalenza italiana) che vanta oltre 10.000 titoli e coinvolge oltre 65.000 persone". Per questo ricchissimo segmento economico la crescente popolarita' della rete ha imposto una sfida e un'opportunita' senza precedenti, che il 40 per cento delle testate ha accolto di buona lena, mettendo in piedi rapidamente e con investimenti entusiastici dei siti Web a supporto dell'attivita' tradizionale. E proprio la natura specifica della newsletter, ovvero di contenere informazioni spesso altamente specializzate che non si possono reperire altrove, ha sormontato il grande ostacolo economico che ancora tarpa le ali del mercato editoriale on-line, ovvero la resistenza a pagare per le informazioni elettroniche. "La gente e' disposta a pagare sino a 1500 dollari l'anno per otto pagine di testo dattiloscritto" confessa soddisfatto Richard Segal, direttore della Hensley Segal Rentschler, societa' di Cincinnati specializzata in consulenza nella comunicazione di marketing. Questo accadeva anche nel mondo di inchiostro su carta: oggi le "newsletter solo l'esempio piu' lampante del valore che i lettori sono disposti ad attribuire a un buon contenuto nella societa' dell'informazione".

E la disponibilita' di un utente ad aprire il portafogli per leggere un articolo sara' direttamente proporzionale all'infungibilita' delle informazioni che esso conterra': se lo potra' gratis, a un clic di mouse di distanza, l'informazione a pagamento fara' una brutta fine, ma se non ci sara' alternativa, l'editore della newsletter potra' cominciare a contare dei bei soldoni. E', in definitiva, il succo della lezione che l'acuto Bill Bass, senior analyst della Forrester Research , distillava in un recente rapporto. Ricordando le reazioni entusiastiche di tutti gli editori on-line all’annuncio del successo della fatturazione on-line per la lettura del Wall Street Journal, Bass descriveva impietoso la velleita' di certe speranze: "Gli altri editori avevano gia' avuto rialzi di salivazione, ritenendo che questo fatto avrebbe sbloccato i portafogli degli utenti. Ma anche se ogni editore crede di avere un prodotto bello come il Journal, nessuno in realta' riesce a fare quello che fa lui".

BOX - RELEASE 1.0

Uno dei contributi piu' ponderosi (77k di intelligenza) alla definizione del concetto di pubblicazione elettronica al tempo di Internet proviene proprio da una delle piu' rispettate newsletter elettroniche che parlano di information technology: Release 1.0, fondata dalla furba imprenditrice Esther Dyson nel lontano 1982. Assieme a Jerry Michalski, la Dyson produce questo foglio di una ventina di pagine, dove anticipa alcune tendenze del mercato multimediale e da' illuminazioni utili su come interpretare i fenomeni emergenti della societa' dell'informazione. Per dirla con le loro stesse parole - non troppo modeste, ma tant'e' - "sono puntualmente i primi a scoprire e spiegare le nuove compagnie, le nuove tecnologie, le nuove idee e i nuovi modelli di business che stanno cambiando la maniera in cui queste industrie operano".
Nel saggio citato su cosa e' una "zine" elettronica, il caporedattore Jerry Michalski mette a fuoco alcune caratteristiche importanti: "Il termine "zine" generalmente descrive un'agile pubblicazione, dal punto di vista molto soggettivo e dalla piccola tiratura scritta un po' come hobby e un po' per la compulsivita' che l'autore prova per farlo. In pratica si tratta di un compendio continuo dell'ingegno, delle intuizioni e dellos tile dell'autore. La zine tipica e' generalmente fotocopiata e spedita o consegnata a mano alla breve lista di abbonati". Sin qui prima di Internet. Perche' con l'avvento del cyberspazio le electronic-zine acquistano nuova vita e "aiutano anche a risolvere uno dei maggiori problemi con i quali ci si imbatte on-line: la selezione". Quando si trova una newsletter con cui si riesce a sintonizzarci dal punto di vista dei contenuti, allora il rapporto fiduciario con essa diventera' molto stretto e continuera' a lungo. Da questa fiducia e' possibile cavar fuori dei soldi, che sono quelli che il lettore e' disposto a dare all'autore per questa sua funzione di guida. Ma per saperene di piu', l'unico modo e' andare a leggere il saggio, che nonostante il tempo trascorso e' rimasto una testimonianza insuperata, a http://www.edventure.com/release1/0695.html

Release 1.0
http://www.edventure.com/release1/
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3)

Ci sono newsletter davvero per tutti i gusti, da quelle pensate esclusivamente per gli aggressivi venture capitalist che sono disposti a pagare qualsiasi cifra per delle informazioni tempestive (e a volte riservate) che li aiutino a decidere dove investire i loro soldi a quelle interamente fatte per altruismo e solidarieta', a quelle che nascono su basi amatoriali e presto si rivelano degli affari molto promettenti.
Alla prima categoria appartiene (apparteneva? dal momento che al suo sito http://www.hot-stocks.com non risponde piu' nessuno) sicuramente HotStocks, una delle molte newsletter inventata dalla vorace fantasia di George Chelekis che a febbraio ha visto la sua buona stella eclissarsi quando, seduto in un'aula di tribunale, ha accettato una transazione di 163.000 dollari per evitare la galera. La sua colpa? Aver venduto gli articoli che scriveva nella sua newsletter come disinteressati consigli al miglior investimento mentre si trattava - le autorita' di borsa hanno scoperto in seguito - di scandalosa pubblicita' per le societa' che sostenevano economicamente la pubblicazione.
Per una serie di newsletter a scopo di lucro e ancora in corso, il passaggio obbligato e' quello da «Newsletter Access!» dove potete consultare, con tariffe differenziate, piu' di 5000 newsletter dove si consigliano i migliori investimenti da fare nei settori piu' diversi.
Al secondo gruppo - i "non profit" - appartiene invece Interracial Voice, una newsletter di successo che sostiene la causa di inserire, in vista del censimento americano del 2000, una nuova casella che - oltre alle classiche qualificazioni razziali bianca, asiatica, nera, etc - preveda espressamente la categoria "multirazziale". Battaglia che interessa potenzialmente tutti i figli di matrimoni misti, aha visto nascere una tradizionale newsletter nel 1992. Ma quando il World Wide Web e' diventato alla portata di tutti il suo direttore/editore Michael Byrd, dalla sua sede nel Queens, N.Y., ha pensato bene di traslocare i contenuti dalla carta ai bit, con un risparmio significativo e un pubblico potenzialmente infinitamente maggiore. Adesso mantenere il sito gli costa 30 dollari al mese contro i 180 che gli servivano prima per stampare 300 copie del vecchio giornalino.

Emblematico del terzo gruppo, della serie miracoli alla "garage boys", e' il caso del "Silicon Alley Reporter", ieri newsletter oggi rivista. Jason McCabe Calacanis, ne e' il giovanisimo fondatore e caporedattore capo: puo' raccontare di aver avviato la sua pubblicazione cinque mesi fa, solo pochi fogli fotocopiati, per poi arrivare all'attuale numero di giugno con 32 pagine a colori tirate in 25 mila copie dove si pigiano 29 inserzionisti e prevedendo infine che "tra quattro mesi ne tireranno 200 mila".


Newsletter Access!
http://www.newsletteraccess.com/

Interracial Voice
http://www.webcom.com/~intvoice/

Silicon Alley Reporter
http://www.pseudo.com/sar



Copyright © Riccardo Stagliano' 1999

 

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