Caffe' Europa  
 

 





Subject: matt drudge e la diffamazione online (corsera, 980118)

R. S.

 

 

 


Lo screanzato Matt Drudge credeva di aver risolto tutto con un paio di scuse: "Mi sono sbagliato. La storia per cui Sidney Blumenthal, attuale consulente di Bill Clinton, avesse in passato abusato di sua moglie, era falsa. Mi spiace se gli interessati, nell'apprendere la notizia, ne hanno sofferto". Io mi verso un po' di ceneri in capo e prometto di stare piu' attento in futuro - aveva pensato il trentenne re del pettegolezzo politico via Internet - : facciamoci un bel pianto sopra e non pensiamoci piu'. E invece no. La parte lesa aveva incaricato il suo avvocato di preparare una bella causa per diffamazione per 30 milioni di dollari, oltre 50 miliardi di lire, per lavare il fango che la balla elettronica aveva schizzato sulla sua immagine. Anche riviste lontane da interessi tecnologici come "Vanity Fair" e "The Nation" hanno dedicato gran risalto all'accaduto: e' in gioco un precedente importante per la deontologia giornalistica nell'era digitale.

Matt Drudge e' una sorta di "Striscia la notizia" unipersonale. Vive e lavora dal suo appartamento di sei stanze a Hollywood che divide con il gatto Dexter, dopo essere stato uno studente mediocre a Takoma Park, Maryland e poi commesso nel negozio di gadget della Cbs a Los Angeles. Li' entra in confidenza con qualche reporter televisivo e inizia a orecchiare le infinite malignita' che circolano nel mondo dei media. Nel '95, quando ormai le razioni di indiscrezioni sono sufficienti a farne una rubrica giornaliera, inizia sul World Wide Web e via e-mail il suo Drudge Report (http://www.drudgereport.com), zibaldone di anticipazioni e scoop sulle miserie della classe politica e delle celebrita'. Il filone inesauribile delle improprieta' sessuali di Clinton, i dietro-le-quinte di accordi televisivi miliardari, illazioni su raccolte di fondi non trasparenti (quasi sempre imputate ai liberal dal destrorso Matt): ordinarie vergogne, tra Washington e Hollywood. Sono gli stessi giornalisti che scriveranno poco dopo sui giornali nazionali che, in segreto, danno in anteprima a Drudge qualche dettaglio piccante per preparare "promozionalmente" il terreno ai loro articoli. Gli abbonati a questa newsletter gratuita sono ormai - stando alle stime dell'autore - 85 mila e molti altri la leggono sul Web.

A giugno arriva un contratto da 3000 dollari al mese con AmericaOnLine - adesso chiamata in causa per il risarcimento insieme al columnist - per distribuire il Report anche attraverso i suoi canali. In luglio il primo scivolone: "Newsweek" - scrive Drudge - sta per pubblicare un esplosivo dossier sul caso Paula Jones-Clinton. La vera inchiesta pero' contiene un decimo delle cose annunciate. "E' una minaccia per i giornalismo responsabile e onesto" commenta Michael Isikoff, autore del pezzo citato. Il 10 agosto la bomba: alla vigilia della nomina di Sidney Blumenthal, ex firma di "The New Republic" e "The New Yorker", a consigliere del Presidente, si legge online di "un suo passato di abusi nei confronti della moglie", a sua volta responsabile delle borse di studio bandite dalla Casa Bianca. E' la sera della domenica e al mattino del lunedi' arrivano gia' le smentite e le scuse formali, ma di li' a poco parte l'astronomica denuncia.

Segue dibattito. Troppo? Troppo poco? E America OnLine, ai fini della responsabilita', e' da considerarsi come un editore o come un edicolante? Tra gli innocentisti spicca Mike Godwin, avvocato specializzato in questioni cyber e consigliere della Electronic Frontier Foundation, associazione che si occupa di diritti elettronici: "Il concetto stesso di diffamazione non ha piu' senso in rete. - spiega - In America, se a un personaggio pubblico viene attribuita una falsita', egli deve dimostrare il dolo da parte del diffamatore affinche' questi sia punito come tale (a differenza di un privato cittadino, che deve dimostrare solo la falsita' della notizia, ndr). Dal momento che le vittime di cyber-falsita' possono rispondere velocemente e facilmente - e questa e' gia' una difesa efficace - , dovrebbero essere considerate come personaggi pubblici". Chi puo' provare l'intento malizioso di Drudge? Poteva controllare meglio la sua fonte, ma questa e' semplice negligenza.

Di parere opposto Robert M. O'Neil, professore di diritto costituzionale e cyberdiritto all'universita' della Virginia: "I giornalisti online dovrebbero essere ancora piu' attenti perche' la loro diffamazione potra' raggiungere piu' persone, piu' in fretta, di quanto succederebbe sulla carta. In piu', una volta messa in rete, la notizia puo' essere ritrasmessa innumerevoli volte via e-mail. Quindi, sebbene piu' evanescente nella sua forma, la diffamazione via Web ha un impatto piu' permanente di quella tradizionale".

Entrambe le posizioni hanno elementi di verita' secondo la sintesi di Eben Moglen, storico del diritto alla Columbia University, che pure dichiara: "Il concetto di reputazione e onore perdera' forza in una societa' di 6/10 miliardi di persone in contatto l'una con l'altra attraverso Internet". Tra tante opinioni si attende quella piu' pesante, che un giudice di Washington sara' presto chiamato a esprimere.



Copyright © Riccardo Stagliano' 1999

 

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