Caffe' Europa  
 

 



Subject: diritto d'autore online (virtual, 97)

R. S.

 

 

 


1. DIRITTO D’AUTORE ON-LINE: TRA OPPORTUNITA’ E INQUISIZIONE

Ammissione di colpevolezza: se passasse la legislazione che il White Paper on Intellectual Property and the National Information Infrastructure (http://iitf.doc.gov) abbozza, io e gli altri mille cronisti nel mondo che si riforniscono di notizie in Rete, i prossimi articoli li scriveremmo dal carcere. Solo nell’ultima settimana infatti avrei commesso una ventina di reati elettronici, secondo i nuovi parametri che la commissione messa in piedi dall’Amministrazione Clinton individua. Abolendo infatti il fair use, la copia consentita per uso personale, la «modica quantita'» per i cyber-dipendenti, anche copiare temporaneamente un articolo sulla Ram del vostro computer per leggerlo comodamente – ed economicamente – off-line, diventerebbe attivita' perseguibile, anche in sede penale. Quando il vice-presidente statunitense Al Gore cantava le mirabilia che le autostrade dell’informazione avrebbero significato per gli americani e l’umanita', aveva dimenticato di indicare il pedaggio che si sarebbe dovuto pagare per avere accesso a tutti quei bit: se i casellanti del White paper avranno la meglio, le affollatissime corsie di Internet rischiano di svuotarsi di colpo.

La questione pero' rimane seria: se non si trova un modo per remunerare l’intelligenza di chi produce beni distribuiti in forma digitale, ben presto questi cervelli depositeranno altrove le uova del loro ingegno. Per fare le rivoluzioni bisogna avere prima qualcosa in pancia – eine Brötchen, diceva il vecchio Hegel –: i pionieri telematici non sfuggono alla regola. Un compenso ci vuole, resta da vedere se i tradizionali strumenti del copyright o del diritto d’autore servano a qualcosa nel panorama digitale. E se una legislazione eccessivamente rigida non abbia buone probabilita' di soffocare sul nascere la piu' grande palingenesi sociale dopo quella le cui avvisaglie si verificarono, per la prima volta, nelle fabbriche inglesi di meta' settecento.

Il nuovo Torquemada, agli occhi delle avanguardie cyber, ha nome e cognome americani: BruceLehman. Commissario ai Marchi e Brevetti e sottosegretario al Commercio, ex membro del Congresso e infaticabile lobbysta per conto delle industrie interessate al rafforzamento del copyright, guida la task force governativa con grandi ambizioni per l’Agenda che ne e' scaturita. Essa dovrebbe costituire la piattaforma generale sulla quale costruire la legislazione mondiale in materia, da affiancare alla Convenzione di Berna, che regola il diritto d’autore a livello internazionale. Nel fare questo, la bozza irrigidisce molti aspetti dell’attuale disciplina del copyright, insinuandosi pericolosamente anche sulle utilizzazioni private delle opere tutelate sul presupposto apodittico che, quanto maggiore sia il ritorno finanziario ai creatori tanto piu' grande sara' il loro incentivo a rendere disponibili i loro lavori al pubblico.
Il corpus normativo si divide in piu' parti che si integrano tra loro, blindando pericolosamente la liberta' della Rete.

Ogni copia, anche temporanea, di un’informazione reperita in Rete, e' illecita. Ovvero, morte della lettura delle notizie elettroniche. Praticamente la navigazione del Web diverrebbe una sorta di ininterrotto saltabeccare da un sito all’altro senza il tempo per riflettere su quello che si e' visto: una lunga vetrina ipermediale. Se non si potranno piu' portare a casa se non libri, ma almeno qualche volantino disseminato on-line, la Rete perdera' la piu' grande possibilita' di offrire accesso alla conoscenza a chi ne era stato tenuto alla larga sino ad oggi.

Ogni trasmissione digitale equivale a una distribuzione al pubblico. Questa equazione miniaturizza il margine di manovra anche per gli scambi tra privati: la norma lo erode e preannuncia una volonta' pervasiva e di controllo su tutte le performance in ambito digitale.

Fine del concetto di «uso consentito». Ogni qual volta, anche per il singolo paragrafo di un testo, si puo' esigere un prezzo, la copia diventa illegale. La decisione va bruscamente contro una giurisprudenza consolidata e che si cristallizzo' in seguito al caso Universal-Disney vs Sony Betamax, nel quale le case cinematografiche avevano citato la compagnia elettronica per l’invenzione del videoregistratore che avrebbe permesso la violazione dei diritti d’autore sui loro film: la Corte Suprema chiramente sanci' che «la copia privata per uso non commerciale rientrava nel fair use» e che tale doveva presumersi ogni duplicazione casalinga.

Fine del limite del diritto «alla prima vendita». Dopo aver pagato il prezzo all’editore, negli Stati Uniti si poteva fare quello che si voleva della propria copia: prestarla, regalarla, rivenderla. Ogni passaggio di un documento ad altri violerebbe invece, al contempo, i diritti di riproduzione e di distribuzione.

Marchio indelebile di ogni copia elettronica. Incastonare in ogni copia digitale di un’opera una serie di dati identificativi tali che l’editore sia in grado di conoscere ogni utilizzazione fatta e rintracciare dove si trovino ulteriori duplicazioni digitali. Nel migliore dei casi una sorta di ISDN dell’on-line, nel peggiore qualcosa di simile al contestato sistema di registrazione di Windows ‘95, Wizard. Un congegno che riuscirebbe a mettere il naso nel vostro disco rigido e riferirlo a chi deve poi esigere il compenso per i copyrights.

In carcere i decrittatori. Proteggere tecnologicamente ogni copia digitale (per mezzo della crittografia, principalmente) e punire ogni tentativo di forzare questa protezione. La storia del software tra l’altro insegna che gli stessi sviluppatori, dopo innumerevoli tentativi, hanno deciso di abbandonare la distribuzione di programmi protetti perche' altamente impopolari presso i consumatori. E cio' non ha impedito che il mercato crescesse a dismisura.

Service providers con manganello e manette. Chi meglio dei vostri fornitori di accesso potrebbe monitorare quello che fate on-line? A loro quindi anche lo spiacevole onere di denunciarvi alle autorita' per ogni infrazione telematica.

Sul versante europeo, i Quindici hanno preso le prime posizioni in materia. Con il Libro verde intitolato «Copyright and related rights in the Information society» del luglio ‘95 la Commissione ha rilasciato il suo primo rapporto aperto ai piu' diversi contributi per cercare di espandere la protezione legale dei diritti degli autori con la preoccupazione di non intralciare parimenti lo sviluppo di un ambiente telematico democratico. Tra le differenze giuridiche cruciali tra i due documenti risalta la questione del diritto morale. Esso consiste nel porre in capo all’autore la facolta' di riconoscere la paternita' della propria opera e di opporsi alle distorsioni che altri voglia apportarvi. In un contesto digitale, dove le modifiche all’originale paiono sempre piu' semplicemente realizzabili, questa tutela risulterebbe particolarmente urgente. Ma il diritto morale e' estraneo all’esperienza degli ordinamenti anglosassoni di common law ed e' proprio questa differenza ha fatto si' che gli Stati Uniti restassero fuori dalla Convenzione di Berna.
«Ogni cosa sta cambiando, e sta cambiando drammaticamente» avvertiva Mc Luhan nel 1967, parlando della tecnologia elettronica ne «Il medium e' il messaggio». Quasi vent’anni dopo John Perry Barlow, uno tra i fondatori dell’Electronic Frontier Foundation contestualizza il discorso senza concedere niente alle mezze misure: «Tutto quello che abbiamo sempre saputo sulla proprieta' intellettuale e' sbagliato». Stimate personalita' della comunita' cyber preconizzano scenari rivoluzionari. E' il caso di Esther Dyson, direttrice di Release 1.0: «La regola numero uno della nuova economia digitale e' che il contenuto e' gratis. Nel mondo della Rete il contenuto (incluso il software) servira' come pubblicita' per servizi come l’assistenza, l’aggregazione, il filtro, l’assemblaggio e l’integrazione di moduli di contenuto o per l’addestramento dei clienti al loro uso. La proprieta' intellettuale che puo' essere copiata facilmente lo sara'».
Il dibattito in corso riguarda da vicino tutta la comunita' telematica. La Rete non potra' restare il Paese del Bengodi' che conosciamo perche' la crescita esponenziale degli utenti impone una regolamentazione. Ma neppure lo stato di polizia che qualche zelante funzionario vorrebbe realizzare. In quest’eventualita' non sarebbe il caso di chiedersi per chi suona la campana minacciosa dei controllori cibernetici: la campana suona per te.

2. MULTIMEDIALE CORAZZATO

Le tre grandi categorie di strumenti tecnologici a tutela dellle contraffazioni e gli usi non consentiti di prodotti digitali sono le tecniche di crittografia; le password o il marchio elettronico, in grado di seguire l’opera nelle sue molteplici utilizzazioni.
Due grossi progetti internazionali, cui partecipano grandi nomi della ricerca e dell’industria, hanno appena iniziato a lavorare in questo ambito. Sono Copearms e Imprimatur. Il primo si concentra sull’implementazione di sistemi elettronici di gestione del copyright ed e' fortemente sponsorizzato dalla Commissione Europea, sviluppando le esperienze raggiunte con il progetto Cited (Copyrighted In Trasmitted Electronic Document) ed altri. Identificazione digitale, tattooing, criptazione i maggiori capitoli affrontati.. Il secondo coinvolge in maniera massiccia le imprese private con lo scopo di realizzare al piu' presto degli standard comuni per la protezione e il commercio della proprieta' intellettuale sui nuovi media e le reti. Fra i partecipanti il gigante tedesco Bertelsmann, la francese Bull, la DigiCash olandese, l’universita' di Firenze, la Interactive Multimedia Association americana e altri partner giapponesi.
Molte compagnie stanno lavorando per mettere a punto anche altri sistemi. Due case newyorkesi, la Infosafe System e la Wave System, guidano gli esperimenti sui «contatori di bit», ovvero marchingegni per far pagare l’utente a seconda della quantita' di dati scaricata. Nel primo caso si tratta di una scatoletta attacata tra telefono e computer, nel secondo di un chip che viene sistemato all’interno della macchina. Identico il principio: l’utente fornisce al contatore il proprio numero di carta di credito come provvista per ogni pagamento che, via modem, gli viene addebitato. E se c’e' ottimismo sul livello di sicurezza raggiunto e sulle minacce alla privacy di un apparecchiatura che prende nota di tutto quello che passa per la porta seriale del tuo computer, il problema per il decollo commerciale di tali applicazioni e' che ci siano software costruiti con accorgimenti che permettano al contatore di fare il suo mestiere.

3. IL NUOVO CONTESTO.

Nel contesto digitale molti concetti tradizionali cambiano fisionomia.
L’autore si smembra. Nell’opera multimediale e' piu' utile parlare di molti “contributori” (il caso limite e' quello di un’enciclopedia su cd). Ognuno di questi soggetti ha diritto a un riconoscimento della propria parte di lavoro.
L’identificazione dei titolari dei diritti elettronici e' complicata quando non impossibile. All’interno del «Seminario sul diritto d’autore nell’opera multimediale», tenuto a Firenze nel mese di novembre, … Belisario della Sacis Multimedia raccontava l’odissea per realizzare un cd-rom sui film che, in un modo o nell’altro, celebravano le bellezze di Roma: «Non e' detto che i produttori, che detengono i diritti per il cinema e la tv, abbiano anche quelli per l’utilizzazione multimediale. Un terzo delle pellicole italiane appartengono ormai alle majors americane: la Columbia ci ha fatto sapere che ci potevano concedere al massimo 2 minuti per titolo e la tariffa era di 1000 dollari al minuto: comunque non avevano voglia di fare questa laboriosa ricerca nei loro archivi. La Time Warner era disposta ma voleva, oltre ai soldi, una liberatoria dagli attori e l’assicurazione che un equo compenso sarebbe stato garantito alle comparse. Morale: abbiamo fatto lo stesso, ma a rischio di cause infinite».
I neighbouring rights (c.d. diritti connessi). Quelli che fanno capo a soggetti diversi dall’autore e/o dall’editore, ovvero interpreti, esecutori, case di registrazione e cosi' via. Vanno pagati ma quanto?
Le collective societies (societa' di gestione collettiva). Nel mucchio sterminato e cosmopolita di persone che mettono mano all’opera multimediale, una delle soluzioni per razionalizzare la gestione delle diverse licenze e' quella di sistemi centralizzati, pubblici o privati, a livello nazionale o internazionale, che funzionino da grandi smistatori dei diritti.
I diritti morali. Sanciti nellla Convenzione di Berna, consistono in una tutela speciale accordata all’autore a favore del riconoscimento della paternita' del proprio lavoro e contro le distorsioni non autorizzate. Le violazioni possono derivare da 2 fronti: dall’editore nei confronti dei singoli contributori e dall’utente finale che modifichi e redistribuisca l’opera originale.

4. ASPETTANDO LA SIAE

Le case editrici multimediali italiane si sono moltiplicate negli ultimi due anni secondo una proporzione geometrica: un annuario recente e verosimile ne riporta 188. Largamente avvantaggiate sono quelle che, essendo gia' case editrici tradizionali, dispongono di archivi di testi e immagini cui possono attingere senza dover sborsare costosissimi diritti per utilizzazioni elettroniche. E chi non si trova in questa situazione spesso ricorre a co-produzioni, coinvolgendo nella realizzazione del cd-Rom chi dispone di queste risorse testuali e iconografiche. Perche' copyrights e royalties costano dannatamente care.
Un esempio del primo caso e' la Giunti Multimedia. «Per il possibile facciamo ricorso ai nostri archivi ma abbiamo anche costituito nuove redazioni interne per realizzare suoni e rumori», spiega Marco Bergometti, responsabile marketing. E per dimostrare la convenienza di questa scelta di autonomia ricorda la serie infinita di pagamenti sostenuti per alcuni titoli musicali karaoke: «Oltre alle 250.000 lire per ogni testo di canzone utilizzata (da pagare ai discografici), si aggiungevano i diritti spettanti all’autore via Siae e il 6% del prezzo di vendita dichiarato come diritto all’esecutore». Non solo: le 250.000 lire sono passate a 1 milione dal gennaio ‘93, non appena le case discografiche si sono rese conto dei margini di guadagno. Nonostante partano generalmente da idee gia' realizzate in libro, alla Giunti riconoscono il lavoro di adattamento o parziale riscrittura da parte dell’autore con compensi forfettari o con partecipazioni agli utili delle vendite, con royalties da stabilire volta per volta.
Chi parte senza “dote” invece rimedia come puo'. Opera Multimedia stringe sistematicamente accordi con prestigiosi fornitori di contenuto: e' il caso del Touring Club per il cd-Rom sul turismo, la Ricordi per quello sulla musica e cosi' via. Ma e' successo anche – come per il Seicento di Eco – che abbiano dovuto contattare musei di tutto il mondo e contrattare, caso per caso, il prezzo di cessione piu' basso possibile. «Anche per questo – racconta Danielle Allen, delle relazioni esterne – il prezzo finale dell’operazione e' debordato sopra il milione di dollari».
Su tutto questo pesa l’incertezza generale del quadro normativo e la mancanza di posizioni chiare della Societa' Italiana Autori ed Editori. Il 1° gennaio ‘95 e' arrivata una circolare minatoria ai negozianti di editoria elettronica con la quale si avvertiva che commercializzare cd-Rom sprovvisti del “bollino” Siae era punibile con multe salate. «Il costo del bollino era di 100 lire ma non sapevano dirci – ricorda Bergometti, nel frattempo diventato coordinatore del special interest group voluto dall’Unione Europea per capire a che punto fosse la legislazione dei diversi stati membri in materia – a che titolo dovessimo pagarlo: a chi vanno i soldi nel caso di un’enciclopedia sul corpo umano o una raccolta di ricette?» In attesa di risolvere il quesito giuridico, a Roma hanno pensato di alzare i prezzi: il bollino costa adesso 400 lire e dovrebbe passare a mille nel ‘96.


Copyright © Riccardo Stagliano' 1999

 

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