Caffe' Europa  
 

 





Subject: cyberpulitzer? opinioni a confronto (repubblica, 970721)

R. S.

 

 

 


Anche i vecchi templi sono costretti ad aprire le loro finestre, di quando in quando. E l'aria fresca che e' entrata dai finestroni vetusti della fondazione Pulitzer, situata nel tranquillo campus della newyorkese Columbia University, aveva l'apparenza di una busta piu' grande del solito e l'indicazione di una sigla irrituale: contrariamente al centenario regolamento che presiede al piu' prestigioso riconoscimento di eccellenza giornalistica, secondo il quale le candidature devono essere accompagnate da ritagli degli articoli in gara, per l'edizione 1997 sono arrivate alcune segnalazioni considerate "irricevibili" dalla giuria presa in contropiede. Tra queste, appunto, il Cd-Rom "La nostra citta' Charlotte" prodotto dal quotidiano "Charlotte Sun-Herald" di Charlotte Harbor, Florida e il servizio fotografico "Uncertain Paths to Peace", pubblicato esclusivamente sul sito Web del "New York Times". "Non eravamo pronti per valutare tali prodotti" ha confessato Marilyn Yarbrough, una professoressa di diritto all'universita' della North Carolina e membro dello staff giudicante. Giuria che, in seguito ai clamori di questi rifiuti, ha creato una apposita commissione che studi il giornalismo on-line e stabilisca se la specificita' del medium sia tale da giustificare la creazione di un premio esclusivamente per i cyber-giornalisti.

Non e' dato sapere a che punto siano i lavori e che piega prendera' la deliberazione dei saggi. La segretaria della Fondazione si lascia sfuggire un "si, c'era un comitato", con un imperfetto che sa di passato remoto. Seymour Topping, ex direttore del New York Times e membro emerito della Fondazione, invece non tradisce nessuna emozione e fornisce la versione istituzionale: "Cosa posso dirle di piu'? C'e' una commissione e sta lavorando. E' stato espressa - non dal Pulitzer, ma dal mondo del giornalismo on-line - l'istanza di considerare a parte questa nuova categoria della professione e la Fondazione ha incaricato una commissione di studiare la vicenda. A novembre la commissione riferira' al Consiglio di Direzione e, allora, verranno prese delle decisioni". "E' in grado di fare previsioni sull'orientamento sinora emerso tra i membri del comitato?" tenta il cronista. "No, non ne ho la piu' pallida idea". "Potrebbe fornirmi un contatto con qualcuno dei membri?" "No: non avrebbero nulla da dire sino a novembre".

Intanto la cronaca si incarica con successo appannare la credibilita' dei colleghi che scrivono sulla rete. L'ultimo caso, largamente commentato negli Stati Uniti, e' quello delle grossolane illazioni di Matt Drudge. Trentenne sfacciato, e' probabilmente il piu' popolare columnist di chiacchiericcio a sfondo politico che esista sul Web. Dalle sue pagine cucina e serve le confidenze che qualche "gola profonda" di stanza a Washington e a Hollywood gli fa pervenire. Cosi' facendo dichiara di essersi conquistato un pubblico di 85 mila sottoscrittori alla sua rubrica quotidiana che consegna via e-mail (e per la quale chiede un contributo volontario di 10 dollari l'anno) e, abbonato in piu' o in meno, di certo il suo successo e' massiccio tanto che Michael Kinsley, direttore di Slate, ha tentato a piu' riprese e invano di arruolarlo nel suo giornale per tenere la quotidiana rassegna stampa. Insomma, il mese scorso Matt ha fatto il suo primo grosso errore, annunciando che Newsweek stava per pubblicare un servizio su ulteriori, piccanti dettagli della saga Paula Jones vs Bill Clinton. Il servizio che poi e' realmente uscito sul settimanale era incommensurabilmente piu' soft nei contenuti di quanto il Gianburrasca on-line aveva promesso. Ma la vera, enorme, figuraccia Drudge l'ha fatta la settimana scorsa quando ha denunciato il passato di Sdney Blumenthal, ex giornalista del sofisticato The New Yorker e dell'austera The New Republic passato nelle file dei consulenti del presidente, come di persona che avrebbe abusato lungamente di sua moglie. Blumenthal, egli stesso lettore assiduo del DrudgeReport, ha appreso la notizia e ha dato immediatamente mandato al suo avvocato di attivarsi: "Credo ancora che esista una cosa che possiamo chiamare "integrita'" nel giornalismo" ha dichiarato, esterrefatto. In men che non si dica Drudge ha ritrattato tutto, spiegando che in verita' la storia delle molestie familiari riguardava un consulente si, ma del partito repubblicano e tutto era stato frutto di una confidenza frettolosa e incompleta.

Come se non bastasse a vulnerare l'immagine pubblica della recente professionalita' dei cronisti telematici, la settimana prima era anche successo che un pezzo della giornalista del Chicago Tribune, Mary Schmic, era stato spacciato in giro, complici un paio di forward spensierati, come il discorso di apertura d Kurt Vonnegutt, al Massachusetts Institute of Technology, dove il commediografo non ha mai pronunciato alcunché. Tutti, pero', ci avevano creduto e nessuno, in verita', voleva truffare nessun altro.

Brutte notizie che non disporranno nel migliore dei modi l'umore dei saggi del comitato speciale del Pulitzer. Su di loro, intelligentissimi decani dell'inchiostro su carta, il mondo di strane sigle, barre retroverse e link pareva gia' piuttosto scombinato. Con o senza di loro, tuttavia - e non senza segnalare un singolare accanimento della lingua inglese che fissava l'unica bussola per chi racconta notizie nel Quando (When), Dove (Where), Chi (Who), Che cosa (What), Perché (Why) - l'armamentario professionale di un cronista dovra' allargarsi anche ad altre tre W, quelle che aprono le porte al grande archivio multimediale della rete: World Wide Web.

Link relativi

Drudge Report
http://www.drudgereport.com



Copyright © Riccardo Stagliano' 1999

 

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