Caffe' Europa  
 

 





Subject: c'era una volta la privacy (l'unita', 9707)

R. S.

 

 

 


IL DOCCIA-SCHIUMA DI BEVERLY DENNIS


Era passata mezzanotte quando Beverly rientro' a casa da uno spossante turno di lavoro. Operaia cinquantunenne di Massillon, Ohio, meccanicamente raccolse la posta dalla cassetta di alluminio al pianterreno del suo scalcagnato condominio e sali' le scale dando una rapida occhiata a quel consueto bottino di carte inutili. Solo una busta, con un timbro del Texas, non riguardava bollette, estratti conto o pubblicita' varie e la donna l'apri' con curiosita'. Adesso vorrebbe non averlo mai fatto, perche' quella lettera le ha rovinato la vita. In dodici pagine vergate a mano uno sconosciuto le raccontava tutto quello che sapeva sul suo conto: il giorno del suo compleanno, le sue riviste preferite, il fatto che fosse divorziata sino alla marca di sapone che usava per fare la doccia. Il tutto mischiato a una serie di deliranti fantasie sessuali: "Per il momento tutto questo puo' accadere solo per lettera - si congedava l'uomo - ma forse, tra un po', potro' fare un salto a trovarti". Si scopri' piu' tardi che chi aveva scritto si chiamava Hal Parfait, uno stupratore e rapinatore che stava scontando la sua pena in un carcere del Texas e che aveva appreso tutte quelle informazioni nello svolgimento del suo lavoro al penitenziario: inserire i dati di innumerevoli questionari per corrispondenza cui persone da tutta l'America avevano risposto per partecipare ad estrazioni o avere diritto a sconti nell'acquisto di alcuni prodotti. La Metromail, la societa' che da sola gestisce un database che contiene informazioni di ogni genere su circa il 90 per cento delle famiglie statunitensi (il suo fatturato per il 1996 e' stato di 281 milioni di dollari e tra i servizi che offre c'e' anche "Behaviorbank", una banca dati sugli stili di vita di milioni di persone consultabile per cifre che vanno dai 4 cents al quarto di dollaro), aveva firmato un contratto con varie amministrazioni carcerarie per aggiudicarsi manovalanza a buon mercato. E' il 1994. Il caso e' immediatamente ripreso dal "New York Times" - che ne ha riparlato recentemente - e diventa l'emblema di come la vita di ognuno, anche la meno "pubblica" e tecnologica delle persone, sia esposta a rischi di intrusione preoccupanti. Tramite software neppure troppo complicati infatti, le centrali di raccolta di informazioni a fini di marketing come la Metromail - ma sono migliaia - assemblano frammenti biografici su una persona, recuperati dalle fonti piu' disparate. Una volta e' l'innocente questionario per vincere lo zaino coloratissimo ("E' gratis, basta rispondere ad alcune domande..."), un'altra e' la tesserina della vostra libreria di fiducia, che ogni tot punti vi regala un tascabile, un'altra e' la videoteca sotto casa. Prese singolarmente, le informazioni che ciascuno lascia trapelare, non impensierirebbero granche' e non servirebbero neppure in una prospettiva commerciale, ma tutti questi minuscoli brandelli, pazientemente ricuciti con filo elettronico da imprese specializzate, compongono un abito su misura che calza a pennello solo su una persona: quella che vedete quando vi guardate allo specchio.

Quando Beverly Dennis fa causa alla Metromail e al carcere, la compagnia stanzia per la difesa un milione e mezzo di dollari (due miliardi e settecento milioni di lire) e quando gli avvocati della compagnia chiedono ai loro clienti di acquisire tutto quanto si sa sulla controparte, questi consegnano loro un dossier cospicuo: "Allegato e' tutto quello che sappiamo a riguardo di Beverly Dennis" e' la scarna nota del funzionario incaricato. Dentro 900 pezzi della vita della donna, dal 1987 ad oggi, compreso il suo reddito, gli hobby e il fatto che prendeva con una certa frequenza antiacidi, sonniferi e rimedi per le emorroidi.
L'associazione di categoria di cui Metromail e' membro emerito ha minimizzato l'incidente: l'esistenza di tante informazioni sui potenziali acquirenti e' una prova di razionalita' del mercato, e' uno dei motivi per cui gli Stati Uniti sono in una posizione di assoluta preminenza nella societa' dell'informazione, nel mondo post-industriale nel quale volenti o nolenti viviamo. "Tutto cio' giova all'economia e giova ai consumatori - ha tagliato corto, Chet Dalzell, portavoce della Direct Marketing Association - : il business risparmia sui costi di marketing e il cliente ottiene cosi' offerte piu' vantaggiose". Insomma, tutti ci guadagnano: tanto rumore per nulla. un sondaggio della Ciemax-Wefa confermerebbe che un posto di lavoro su 13, negli Stati Uniti, sarebbe il risultato di un'attivita' di vendita generata da direct marketing, con un giro d'affari di 630 mliardi di dollari sul versante consumer piu' 540 miliardi sul versante business-to-business. Una torta che non si puo' gettare nell'immondizia soltanto perche' una ciliegina e' andata a male.
La cronaca pero' racconta di altre parti maleodoranti di questo ricco dessert, di 50 mila chiamate al mese agli uffici competenti che lamentano furti di numeri di Social Security (qualcosa di simile al nostro codice fiscale), usati per frodare i legittimi titolari; di stupratori che, usando password contraffatte collezionano liste di pazienti di un ospedale cui fare poi telefonate oscene o pedofili del Minnesota che si costruiscono database di 5000 bambini con tanto di commenti tipo "Ha vinto il premio "Piccola miss della sagra di paese"". Tutto questo senza considerare Internet, il Paese dei Balocchi dei "data-miner", i minatori dell'informazione, che fanno incetta per conto di vari committenti di informazioni di ogni sorta allegramente disseminate dai suoi frequentatori. La rete mondiale di computer ha avuto il merito di funzionare da lievito nel dibattito che riguarda le minacce alla privacy facendo risaltare rischi che esistevano da ben prima della sua popolarita' e che corrono, ogni ora e nelle piu' insospettabili attivita', persone che non hanno mai messo mano su un computer collegato a un modem. Succede quando chiamiamo il numero verde della ditta che ha costruito il televisore appena comprato per chiedere loro come mai non si vedono certi canali; quando paghiamo la spesa con la carta di credito del supermercato che fa sconti speciali su certi prodotti; sulle chiamate che facciamo dal telefono di casa, sui questionari che riempiamo per partecipare a un concorso a premi. Un lungo tappeto bianco, questo disteso sui viali della cosiddetta "societa' dell'informazione", dove camminiamo con scarpe disgraziatamente intinte nella pece.

Archiviare la constatazione sotto l'etichetta di "orwellismo di ritorno" sarebbe ingeneroso. Gli scettici che ce l'hanno con "1984", lo stracitato romanzo in cui si prefigurava un occhiuto regime autoritario con a capo il dittatore Grande Fratello, i cui sudditi erano tutti infelici ingranaggi, costantemente controllati da telecamere e in cui il protagonista Winston Smith paga con la vita la decisione di ribellarsi, hanno spesso delle buone ragioni dalla loro, ma cosa direbbero di fronte agli occhi da animale braccato dell'operaia Dennis? E' lei che invita tutti a porsi la stessa complicatissima domanda: "Come ci si puo' difendere?" Togliersi le scarpe, quelle scarpe peciose e delatrici che lasciano una piccola autobiografia a ogni passo che facciamo. Ma e' una soluzione autolesionista: rinuncio alla carta di credito (e mi porto un milione in contanti nel portafoglio), rinuncio al numero verde (e pago a peso d'oro per l'assistenza tecnica), rinuncio al Telepass e dico si' alla fila... L'alternativa e' quella di prender coscienza di come stanno le cose e fare delle scelte valutando vantaggi e potenziali svantaggi. Non e' ormai, ragionevolmente, in discussione il fatto se si possano o meno raccogliere informazioni sui cittadini-consumatori: cio' succede dall'inizio della societa' dei consumi e le nuove tecnologie hanno soltanto prestato a queste attivita' delle armi piu' potenti. C'e' chi ha proposto un approccio antagonistico: come esiste il mercato delle informazioni personali, mettiamo in piedi un mercato della privacy per cui ogni indiscrezione concessa sul proprio conto avra' un valore economico da patteggiare con chi la riceve. C'e' chi vede la soluzione solo in una dettagliata legislazione e chi, invece, in un'autoregolamentazione delle imprese. C'e' chi - soprattutto per quanto riguarda Internet - propone una resistenza per via tecnologica, con software che rendano anonimo il cibernauta. Insomma, le soluzioni possibili sono molteplici.

Certo oggi la scelta di affidare ai detenuti (pratica diffusa dal 1968 in molte prigioni del Texas e altrove) la digitazione di documenti dell'amministrazione pubblica e di societa' private non pare piu' la grande idea che sembro' allora a qualche fantasioso funzionario dell'amministrazione carceraria. Nel carcere di Brenham venivano processate oltre 17 mila pagine di dati al giorno. Gli internati si rendevano utili, la prigione ci guadagnava bei soldi, il committente non poteva trovare altrove (se non nei paesi a bassissimo costo di manodopera) offerte cosi' stracciate. Quando scoppio' sulla stampa il "caso Beverly", il carcere di Beckham perse da un giorno all'altro 187 dei suoi 430 impiegati: erano stati scartati infatti i detenuti che avevano carichi penali di tipo sessuale. John Benestante, direttore delle attivita' industriali dei penitenziari texani, noto' amareggiato che era un po' un peccato, dal momento che "molti dei migliori programmatori erano proprio i pedofili". Tra i licenziati c'era anche Hal Parfait che, per questa vicenda, ha vuto un aggravio di pena e uscira' nel 1998 invece che nel 1995, come avrebbe dovuto. Beverly, che guadagna 16 mila dollari l'anno, sta investendo tutti i suoi risparmi per sedare il suo terrore: ha fatto installare un sistema di allarme, una porta blindata e sbarre su ogni finestra. Cio' non bastera' a placare la sua insonnia e a stornare la sua ossessione: il conto alla rovescia e' iniziato, ed e' presto per dire se, quando e come finira'.
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Copyright © Riccardo Stagliano' 1999

 

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