C’è
già da prevederlo, questa dell’Unione Mediterranea
sarà una vera e propria gatta da pelare per il
nuovo presidente della Repubblica francese. Lui c’ha
puntato parecchio e per rispondere alla turcofobia euroscettica
di buona parte del suo elettorato - e non solo –
ha dovuto impegnarsi solennemente che mai la Turchia
sarebbe entrata a pieno titolo nell’Unione europea.
Del resto, pochi giorni prima della sua elezione alla
massima magistratura, nel bel mezzo del dibattito televisivo
con la sua sfidante Ségolène Royal, lo
ha affermato di fronte ad una ventina di milioni di
cittadini: la Turchia si trova in Asia minore, cosa
c’entra con l’Europa?
Per uno come Nicolas Sarkozy, che ha fatto del mantenimento
della parola data il simbolo della nuova politica che
lui solo rappresenta e incarna, ovviamente l’altezza
dell’impegno preso è direttamente proporzionale
all’engagement diplomatico per trovare una via
d’uscita al vicolo cieco in cui si è andato
a cacciare per assicurarsi le fastose stanze dell’Eliseo.
Siccome il presidente non è un uomo politico
scevro d’esperienza, sapeva bene fin dall’inizio
che la Repubblica francese e l’Unione europea
di cui fa parte avevano cominciato a firmare accordi
e patti sin dagli anni Sessanta col paese dell’Asia
minore, carte che nel tempo hanno impegnato sempre più
le parti a concludere il processo con l’adesione
piena della Turchia all’Ue.
Di qui la proposta dell’Unione Mediterranea,
che tra i suoi fini espliciti e nascosti, ha anche quello
di costituire una soluzione di ripiego dignitosa da
offrire al Paese che ha da poco riconfermato Erdogan
e gli islamici moderati alla guida dell’esecutivo.
Ma dopo aver convinto i paesi che si affacciano sul
Mediterraneo, europei e non, della validità del
progetto, Sarkozy riuscirà a farlo accettare
dai diretti interessati?
Niente di meno scontato. Subito dopo l’esito
delle urne, il ministro degli esteri turco ha risposto
alle profferte di un partenariato privilegiato rilanciate
da Parigi, dichiarando che l’unico obiettivo accettabile
per il suo paese rimane “l’adesione piena
all’Ue”, come del resto, ha ricordato a
chi ha la memoria corta, era stato fissato al Consiglio
europeo di Helsinki nel 1999, a Copenaghen nel 2002
e da ultimo a Bruxelles nel 2004.
Come ama ripetere il volontarista e volenteroso presidente
francese, non bisogna mai cedere al fatalismo in politica,
certo è, però, che le cose non sono così
semplici come quando si annunciano in tivù. Anche
mettendo insieme un fronte turcoscettico, che comunque
in Europa c’è, chi guiderà questa
coalizione dovrà poi vedersela con un equilibrio
interno ed esterno completamente mutato di cui è
difficile prevedere le conseguenze.
Ma a parte questo, la bella idea dell’Um si scontra
con una serie d’ostacoli di cui forse il presidente
Sarkozy non ha chiara fino in fondo la portata.
Nel 1995, i quindici paesi dell’Ue, lanciarono
da Barcellona l’omonimo processo che si era posto
come obiettivo quello di ridurre le disparità
tra le due rive del Mediterraneo, tra le due parti divise
dalla “frontiera più ineguale del mondo”.
Ebbene, l’Euromed è indubbiamente fallito,
ma se dalla constatazione di questo insuccesso può
legittimamente prendere le mosse un tentativo rinnovato,
questo non vuol dire che si può pensare di evitare
i problemi su cui quello è naufragato.
Innanzitutto i partner. Della sponda Sud, dovrebbero
far parte dell’Um sarkozista i paesi del Magreb,
l’Egitto, la Giordania, la Turchia e Israele.
Del problema turco si è già detto, ma
si fa fatica a capire come Sarkozy intenda far sedere
nello stesso organismo, fianco a fianco, il Marocco
e l’Algeria, che mantengono tra loro le frontiere
ben chiuse. Oppure, a maggior ragione, si fa fatica
a capire come intenda portare Israele in un’organizzazione
insieme a paesi arabi senza riprodurre gli annosi conflitti
di cui sappiamo.
Queste divisioni sono state anche alla base del fallimento
del processo di Barcellona, divisioni che hanno mantenuto
i rapporti tra Ue e paesi del Sud a livello strettamente
bilaterale. Divisioni, forse, che neanche l’energico
attivismo di Sarkozy riuscirà a sormontare entro
i brevi tempi dei cicli politici francesi. Il 2012 il
presidente uscente dovrà, infatti, rendere il
bilancio del suo operato sulla scorta degli impegni
presi cinque anni fa, ma riuscirà entro quella
data a sciogliere una matassa intricata come quella
del Mediterraneo con la sua Unione Mediterranea?
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