326 - 07.08.07


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Sarkozy e la scommessa mediterranea

Luca Sebastiani


C’è già da prevederlo, questa dell’Unione Mediterranea sarà una vera e propria gatta da pelare per il nuovo presidente della Repubblica francese. Lui c’ha puntato parecchio e per rispondere alla turcofobia euroscettica di buona parte del suo elettorato - e non solo – ha dovuto impegnarsi solennemente che mai la Turchia sarebbe entrata a pieno titolo nell’Unione europea. Del resto, pochi giorni prima della sua elezione alla massima magistratura, nel bel mezzo del dibattito televisivo con la sua sfidante Ségolène Royal, lo ha affermato di fronte ad una ventina di milioni di cittadini: la Turchia si trova in Asia minore, cosa c’entra con l’Europa?

Per uno come Nicolas Sarkozy, che ha fatto del mantenimento della parola data il simbolo della nuova politica che lui solo rappresenta e incarna, ovviamente l’altezza dell’impegno preso è direttamente proporzionale all’engagement diplomatico per trovare una via d’uscita al vicolo cieco in cui si è andato a cacciare per assicurarsi le fastose stanze dell’Eliseo. Siccome il presidente non è un uomo politico scevro d’esperienza, sapeva bene fin dall’inizio che la Repubblica francese e l’Unione europea di cui fa parte avevano cominciato a firmare accordi e patti sin dagli anni Sessanta col paese dell’Asia minore, carte che nel tempo hanno impegnato sempre più le parti a concludere il processo con l’adesione piena della Turchia all’Ue.

Di qui la proposta dell’Unione Mediterranea, che tra i suoi fini espliciti e nascosti, ha anche quello di costituire una soluzione di ripiego dignitosa da offrire al Paese che ha da poco riconfermato Erdogan e gli islamici moderati alla guida dell’esecutivo. Ma dopo aver convinto i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, europei e non, della validità del progetto, Sarkozy riuscirà a farlo accettare dai diretti interessati?

Niente di meno scontato. Subito dopo l’esito delle urne, il ministro degli esteri turco ha risposto alle profferte di un partenariato privilegiato rilanciate da Parigi, dichiarando che l’unico obiettivo accettabile per il suo paese rimane “l’adesione piena all’Ue”, come del resto, ha ricordato a chi ha la memoria corta, era stato fissato al Consiglio europeo di Helsinki nel 1999, a Copenaghen nel 2002 e da ultimo a Bruxelles nel 2004.

Come ama ripetere il volontarista e volenteroso presidente francese, non bisogna mai cedere al fatalismo in politica, certo è, però, che le cose non sono così semplici come quando si annunciano in tivù. Anche mettendo insieme un fronte turcoscettico, che comunque in Europa c’è, chi guiderà questa coalizione dovrà poi vedersela con un equilibrio interno ed esterno completamente mutato di cui è difficile prevedere le conseguenze.

Ma a parte questo, la bella idea dell’Um si scontra con una serie d’ostacoli di cui forse il presidente Sarkozy non ha chiara fino in fondo la portata.

Nel 1995, i quindici paesi dell’Ue, lanciarono da Barcellona l’omonimo processo che si era posto come obiettivo quello di ridurre le disparità tra le due rive del Mediterraneo, tra le due parti divise dalla “frontiera più ineguale del mondo”. Ebbene, l’Euromed è indubbiamente fallito, ma se dalla constatazione di questo insuccesso può legittimamente prendere le mosse un tentativo rinnovato, questo non vuol dire che si può pensare di evitare i problemi su cui quello è naufragato.

Innanzitutto i partner. Della sponda Sud, dovrebbero far parte dell’Um sarkozista i paesi del Magreb, l’Egitto, la Giordania, la Turchia e Israele. Del problema turco si è già detto, ma si fa fatica a capire come Sarkozy intenda far sedere nello stesso organismo, fianco a fianco, il Marocco e l’Algeria, che mantengono tra loro le frontiere ben chiuse. Oppure, a maggior ragione, si fa fatica a capire come intenda portare Israele in un’organizzazione insieme a paesi arabi senza riprodurre gli annosi conflitti di cui sappiamo.

Queste divisioni sono state anche alla base del fallimento del processo di Barcellona, divisioni che hanno mantenuto i rapporti tra Ue e paesi del Sud a livello strettamente bilaterale. Divisioni, forse, che neanche l’energico attivismo di Sarkozy riuscirà a sormontare entro i brevi tempi dei cicli politici francesi. Il 2012 il presidente uscente dovrà, infatti, rendere il bilancio del suo operato sulla scorta degli impegni presi cinque anni fa, ma riuscirà entro quella data a sciogliere una matassa intricata come quella del Mediterraneo con la sua Unione Mediterranea?

 

 

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