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                          dal quotidiano Il 
                          Secolo XIX del 23 giugno 2007. Nello scontro che si è aperto a Bruxelles durante 
                          l’ultimo Consiglio Europeo sono tornati a contare 
                          i particolarismi, in quest’occasione quelli polacchi. 
                          Il tema è la legge elettorale o il sistema di 
                          conteggio, dove i tedeschi vogliono – e su questo 
                          fanno pressione – introdurre un sistema maggioritario 
                          (e dunque abolendo l’obbligo dell’unanimità 
                          che finora ha di fatto impedito all’Europa di 
                          essere un attore politico sul piano internazionale) 
                          e che i polacchi chiedono basato sulla radice quadrata 
                          della popolazione dei singoli Stati, anziché 
                          sul dato di percentuale delle popolazioni.
 Un voto che se accolto secondo la proposta tedesca, 
                          implcherebbe, a giudizio dei polacchi, il trasferimento 
                          dei poteri reali nelle mani di pochi Stati e non in 
                          quelle dell’Unione Europea. Varsavia propone perciò 
                          un sistema nel quale la forza di voto si basi sulla 
                          radice quadrata della popolazione di un Paese. Secondo 
                          Kaczynski, con il sistema della doppia maggioranza, 
                          ''il potere del voto polacco sarebbe di 1 e quello tedesco 
                          di 1,8''. Sulla base dell’attuale forza numerica la situazione 
                          si riequilibrerebbe perché alla Polonia andrebbero 
                          6 voti, alla Germania 8. Un rapporto decisamente più 
                          favorevole.Ma la proposta non si ferma qui, perché il governo 
                          polacco sostiene che la popolazione polacca secondo 
                          il suo dato di crescita naturale oggi ammonterebbe a 
                          66 milioni di individui – rispetto ai 38 milioni 
                          e mezzo attuali – se non ci fosse stata l’esperienza 
                          della seconda guerra mondiale e dunque gli stermini 
                          perpetrati sul territorio polacco. Ragion per cui oggi 
                          la Polonia avanza la richiesta di risarcimenti per danni. 
                          E li chiede alla Germania.
 Al di là del fatto della cassa, la questione 
                          demografica dice qualcosa di più e potenzialmente 
                          è destinata a inclinare fortemente lo spirito 
                          – peraltro già scarso – di Europa.
 La richiesta – o voto o morte – avanzata 
                          dai due fratatelli Kazcynski (uno fa il presidente e 
                          l’altro il primo ministro) non è tuttavia 
                          solo quella di rappresentare e dare voce a un nazionalismo 
                          ad uso interno. Questa è un’ipotesi che 
                          con forza i due fratelli hanno già ampiamente 
                          battuto con la richiesta a tutti i polacchi di certificare 
                          la loro non acquiescenza al regine precedente. Una campagna 
                          che contemporaneamente voleva isolare non gli ultimi 
                          nostalgici del comunismo, ma quegli esponenti di area 
                          liberale che si oppongono alla svolta ultranazionalista 
                          che in Polonia ha ormai preso il sopravvento da circa 
                          due anni. Dietro alle fantasie demografiche stanno le difficoltà 
                          di un paese che oggi, a differenza di alcuni fa, ha 
                          un tasso di disoccupazione di nuovo in crescita, una 
                          popolazione in arrivo sul mercato del lavoro che non 
                          si sa quale futuro concreto si trovi davanti, il rancore 
                          per un’Europa che non si è fatta carico 
                          delle difficoltà. Ma non solo. E’ anche l’invenzione della 
                          storia ciò che sta alla base di questa protesta. 
                          Tra quei polacchi che i fratelli Kaczynski non mettono 
                          nel conto ci stanno le popolazioni tedesche della Polonia 
                          espulse e mandate via nel 1945, ci stanno gli ebrei 
                          espulsi dopo la guerra e ancora mandati via negli anni 
                          ’60.In breve ci stanno decisioni che in alcuni casi ricadono 
                          sui governi comunisti del dopoguerra, ma anche sui governi 
                          unitari del primo periodo postbellico.
 E che dunque in forme diverse coinvolgono ciò 
                          che la Polonia ha deciso per sé e che obbligano 
                          oggi ad abbandonare una condizione di vittimismo radicale 
                          o di presunta costante passività della propria 
                          vicenda nazionale.
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