324 - 05.07.07


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"Global warming, priorità
per il futuro presidente"

Charles Kupchan con
Mauro Buonocore


La questione ambientale galleggia in mezzo all’oceano Atlantico e non trova approdo. I “Grandi della Terra” si incontrano, dibattono, discutono piani per far fronte a temi che ormai comunemente prendono il nome di emergenza ambientale o allarme energetico, ma l’accordo pieno intorno a una soluzione da sostenere con sinergia globale proprio non c’è. Anche l’ultimo G8 tedesco sta lì a dimostrare che, se pur si possono leggere passi avanti tra le righe delle conferenze stampa e delle dichiarazioni ufficiali, ma sono manovre di avvicinamento mentre le posizioni rimangono distanti e George Bush rimane dell’idea che si deve agire, sì, ma lontani dal protocollo di Kyoto, coinvolgendo anche le potenze emergenti come Cina e India.

Insomma, registriamo piccoli cambiamenti ma gli accordi tra Ue e Usa in fatto di ambiente sembrano lontani. Eppure Charles Kupchan, esperto di affari internazionali, docente alla Georgetown University e profondo conoscitore delle relazioni transatlantiche, è ottimista e vede oltre: “La politica americana sui cambiamenti climatici – dice – sta cambiando”. Probabilmente Kupchan pensa a quello che sta avvenendo all’interno degli Stati Uniti, forse pensa a Schwarzenegger che sulle politiche di riduzione dei consumi energetici ha costruito una parte del suo successo politico in California; e probabilmente Kupchan ha ancora negli occhi il sindaco di New York Michael Bloomberg che lo scorso aprile ha allestito una maestosa conferenza per annunciare un piano che dichiara guerra al global warming e prevede 127 iniziative che da qui al 2030 renderanno New York “greener and greater”, più verde e più grande, con le parole usate dallo stesso sindaco.
Insomma, mentre all’estero George W. insiste nella sua ostilità verso Kyoto, negli Usa si apre anche tra i repubblicani (le iniziative democratiche per l’ambiente, su tutte quelle di Clinton e Al Gore, sono notissime) un’anima che si rivolge al riscaldamento globale in modo combattivo, tanto che Schwarzenegger all’evento newyorchese ha definito il sindaco Bloomberg, letteralmente, un “guerriero dell’ambiente”, un combattente per la salvezza del pianeta (parole dell'ex Terminator).

“La scarsa volontà degli Stati Uniti di fronte al rispetto del protocollo di Kyoto, e in particolare verso gli obiettivi di riduzione dell’emissione di gas serra – continua Kupchan – è probabilmente l’argomento che crea la più grande distanza tra le politiche europee e quelle americane. E ancora una volta, all’appuntamento tedesco dei G8, questa distanza è stata resa evidente dal rifiuto da parte di Bush di accettare il piano proposto da Unione europea, Canada e Giappone. Ma la politica americana sui cambiamenti climatici sta evolvendo, e mi aspetto che il prossimo governo del paese si dimostrerà molto più disposto di quello attuale a proporre, un piano concreto per fronteggiare con efficacia il riscaldamento del pianeta”.

E se le questioni ambientali sono tra i principali temi che separano le sponde atlantiche, non sono certo gli unici. Basta rivolgere gli occhi verso Mosca.
“Putin – spiega Kupchan – a volte sembra voler marcare una frattura nelle relazioni transatlantiche. Pare a volte che il suo intento sia proprio quello di allargare il divario tra Usa e Ue per poi infilarsi nella spaccatura da lui stesso sollecitata. Ma l’impresa del presidente russo è assai ardua, commenta l’esperto americano aggiungendo che le ultime scelte di Putin in politica internazionale lo hanno messo in una posizione difficile, rendendolo di fatto incapace di esercitare maggiore influenza su ciascuna delle sponde dell’Atlantico.
“Tuttavia – continua Kupchan – è troppo presto per poter capire fino in fondo se la sua proposta sullo scudo missilistico fosse uno sforzo mirato a raggiungere un obiettivo verso gli Stati Uniti o se invece si trattava soltanto di una manovra per allargare la distanza tra le sponde atlantiche e seminare difficoltà sia nelle relazioni tra Usa e Ue, sia all’interno degli stessi membri dell’Unione europea”.

Intanto Bush ha trovato in Europa nuovi interlocutori, non più Chirac, ma Sarkozy ad affiancare la Merkel nella costruzione di nuove relazioni con gli Usa. “Entrambi (Merkel e Sarko) hanno un evidente orientamento atlantista che non nascondono affatto – osserva lo studioso americano – e credo che nei prossimi anni Washington potrà lavorare molto concretamente con Parigi e Berlino, mentre fino ad oggi Londra ha avuto un ruolo principale nelle relazioni europee del governo americano”.

E l’Italia? Berlusconi, che si è dichiarato sempre grande amico personale di Bush, è all’opposizione, e la visita del presidente americano ha riempito pagine di giornale e servizi di tg con argomenti di ordine pubblico e con presunte spaccature antiamericane all’interno della maggioranza, piuttosto che con veri temi di politica internazionale.
“Credo che Prodi e D’Alema stiano facendo davvero un grande lavoro nello sforzo di mantenere buone ed efficienti relazioni tra Usa e Italia” dice Kupchan e conclude: “Il caso Cia, le guerre in Iraq e Afghanistan, i disordini in Libano, sono state tutte mine che sul palcoscenico internazionale avrebbero potuto mettere molta tensione nelle relazioni italo-americane. Ma in tutte queste occasioni il governo italiano ha saputo gestire la situazione in maniera eccellente, evitando ogni possibile crisi”.

 

 

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