322 - 07.06.07


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Ps, truppe allo sbando

Luca Sebastiani


Senza strategia definita e leadership chiara. È in questa condizione che il Partito socialista affronta l’ultima battaglia di questa stagione elettorale. A sole tre settimane dalle legislative ormai nessuno al Ps si fa illusioni sull’esito delle urne, al massimo si cerca di contenere i danni di un’ennesima ed eclatante sconfitta.

I primi sondaggi usciti in questi giorni, del resto, parlano di numeri impietosi: con il 40 per cento dei consensi all’Ump andrebbero tra i 365 e i 415 seggi dell’Assemblea nazionale contro i 137/153 del Ps. Certo qualche accordo qui e là coi candidati centristi del ribelle Movimento Democratico di François Bayrou potrebbe portare qualche seggio aggiuntivo, ma niente che possa cambiare l’aria di rassegnazione che domina in casa socialista.

Di fronte ad un Ump che sullo slancio dell’elezione di Nicolas Sarkozy e dell’ouverture del suo governo pluriel procede unito come un rullo compressore, i socialisti stanno infatti pagando lo scotto psicologico del sei maggio e soprattutto le divisioni interne che sono riemerse la sera stessa della sconfitta di Ségolène Royal.

Solo la speranza di pervenire ad una disfatta almeno onorevole riesce a conservare quel barlume d’unità che ha spinto le varie correnti a sotterrare per ora i regolamenti di conti.

Tutto è rimandato al poi, quando si comincerà a fare il bilancio della sconfitta e del fallimento di un ciclo e si inizierà quell’opera di rinnovamento a cui tutti si richiamano, dai gauchisti di Laurent Fabius ai socialdemocratici di Dominique Strauss Kahn ai riformatori segolenisti.

In quel momento le correnti disporranno le rispettive truppe e si contenderanno la leadership di un partito che ora naviga a vista. La più chiara in proposito è stata l’ex candidata, che dopo aver raccolto 17milioni di voti e riportato i socialisti al ballottaggio, ad essere scalzata proprio non ci sta. All’ultimo consiglio nazionale Ségo ha chiesto che subito dopo le elezioni sia designato il candidato per le presidenziali del 2012 in modo che quest’ultimo abbia tutto il tempo che lei non ha avuto per costruire la propria leadership nel partito e nel paese guidando l’opposizione a Sarkozy. Anche Strauss Kahn vuole che il candidato leader venga designato con un certo anticipo, ma non prima del 2010, in modo da procedere preventivamente all’aggiornamento ideologico e strategico.

Entrambi, ovviamente, puntano alla candidatura ed entrambi vogliono ottenerla prendendo il partito disarcionando François Hollande. Il segretario, infatti, è considerato più o meno da tutti il responsabile principale del fallimento del sei maggio. Dagli strausskahniani e dai fabiusiani per aver costretto il Ps all’immobilismo costruendo negli ultimi congressi maggioranze composite e litigiose nella speranza di poter essere lui stesso, al momento venuto, l’unico candidato unitario possibile. Dai segolenisti, invece, perché la sua gestione immobilista ha impedito il rinnovamento che Ségolène ha dovuto portare sola e contro tutti per sei mesi.

In uno scenario d’attesa come questo e senza le truppe alle spalle, l’ultima linea che Hollande è riuscito a mettere insieme per le legislative è una strategia difensiva. Non potendo mobilitare positivamente l’elettorato dietro un progetto chiaro o una leadership definita, il segretario, infatti, ha chiamato gli elettori a votare socialista per impedire che Sarkozy si impossessi anche dell’Assemblea completando così il puzzle del potere.

Tra l’assenza dei vari capicorrente dalla campagna e il si salvi chi può degli oltre cinquecento candidati del Ps, per ora la battaglia di Hollande assomiglia più all’ultimo tentativo di un generale fantasma.

 

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