Da terzo
incomodo a convitato di pietra. Nonostante la sua strategia
sia fallita, nonostante non sia riuscito ad accedere
al ballottaggio che solo poteva realizzare il sogno
della nascita di un polo centrale in grado di ricomporre
il paesaggio politico francese e di farlo esistere,
François Bayrou rimane l’uomo del giorno
in queste ore che seguono il primo turno delle elezioni
presidenziali. E lo rimane perché i settemilioni
di voti che ha raccolto, oltre il 18 per cento, sono
l’ago della bilancia che determinerà, il
sei maggio, la vittoria di Ségolène Royal
o di Nicolas Sarkozy al ballottaggio.
I due vincenti del primo turno non hanno perso tempo
e sono già partiti a caccia dei voti centristi
e hanno intrapreso un’opera di seduzione degli
elettori bayrousti, Sarkò mettendo in soffitta
gli accenti autoritari che gli hanno consentito di svuotare
l’elettorato del Fronte Nazionale e Ségolène
abbandonando il discorso gauchista per aprire sulla
destra.
Immediatamente dopo la lettura dei dati del primo scrutinio
Sarkozy è uscito in pubblico per leggere un discorso
quantomeno dissonante con quelli a cui aveva avvezzo
il pubblico del primo turno. Conciliante, umano, quasi
martinluterkinghiano, il candidato che ha sottratto
il voto a Le Pen ha parlato di un “sogno”
di speranza per tutti i francesi che soffrono e promesso
protezione, ha cioè mostrato quel volto umano
la mancanza del quale gli era costata un bel po’
di voti al centro.
Più in linea col suo personaggio Ségolène,
che però ha rivendicato la propria libertà
di andarsi a cercare al centro i voti che le mancano.
Nonostante un sondaggio condotto subito dopo il primo
turno riveli che l’elettorato del centro sceglierebbe
al 45 per cento la candidata socialista contro il 39
per l’ex ministro dell’Interno, in realtà
la partita è molto più complessa e sembrerebbe
dare qualche chance a Sarkozy, visto che a Ségolène
una tale percentuale non basterebbe comunque.
Innanzitutto a vantaggio del candidato dell’Ump
gioca la storia. Durante la Quinta Repubblica il partito
centrista francese, prima che Bayrou si avviasse sulla
strada dell’autonomia, è sempre stato organico
alla destra gollista. Nel 1974 fu addirittura il candidato
del partito del Generale, Jacques Chaban Delmas, piazzatosi
terzo alle elezioni, a dare indicazione di voto per
Valéry Giscard d’Estaing, che venne eletto
e governò con Jacques Chirac come primo ministro.
Poi la sconfitta di Giscard contro di François
Mitterrand nel 1981 e le manovre di Chirac svuotarono
il partito centrista che rimase però fedele alla
destra. Nel 1988 l’ex Primo ministro e candidato
del centro Raymond Barre, arrivato terzo con uno score
del 16,5, poco meno del suo erede di oggi, diede consegna
di votare per Chirac. Fu il suggello di un’alleanza
organica, mai messa in discussione fino a quando Bayrou
ha voluto cambiare rotta per recuperare uno spazio di
manovra.
Ciò non toglie che l’elettorato storico
dell’Udf sia ben radicato a destra, nel campo
conservatore, e che soprattutto lo siano i dirigenti
del partito. E qui sta l’altro punto a vantaggio
di Sarkozy che giocando al bastone e alla carota potrà
riportare nel proprio campo l’apparato e recuperare
l’elettorato in campagna. In fondo quello del
partito è sempre stato il problema di Bayrou.
Quando nel 2002 dopo la sua vittoria Chirac decise di
fondare l’Ump, il nuovo partito che doveva raccogliere
tutte le anime della destra, quella liberale, quella
gollista e quella di centro, il presidente dell’Udf
rispose picche e scelse di salvaguardare quel minimo
di autonomia che il sistema maggioritario gli permetteva.
In quell’occasione molti baroni del partito lo
abbandonarono per raggiungere le sponte più sicure,
in termini elettorali, dell’Ump. Insieme ai fedelissimi
rimasti Bayrou dovette fare un accordo alle legislative
con la destra per farsi lasciare qualche collegio e
insediare un gruppo parlamentare all’Assemblea.
Dei 29 deputati attuali più della metà
deve la propria elezione al partito di Sarkozy. Già
durante la campagna oltre alle personalità storiche
del centrismo, Simone Veil e Giscard, sono molti quelli
che sono passati con l’ex ministro dell’Interno,
come ad esempio Gilles de Robien, l’unico ministro
Udf rimasto al governo fino alla fine. È proprio
quest’ultimo che in questi giorni sta contattando
uno a uno i 29 deputati bayrouisti per proporgli un
patto: sostenere Sarkozy in cambio di una non concorrenza
dell’Ump nei loro collegi. Finora sono sette quelli
che hanno già dato indicazione di voto per il
candidato di destra.
Certo appropriarsi del partito centrista non darà
la vittoria a Sarkozy, dato che l’esplosione di
Bayrou non si spiega solo con un’adesione all’Udf.
Certo è che Sarkò si impossesserà
di un mezzo per far leva sull’elettorato storico
del partito di Bayrou mentre gli altri, i nuovi centristi,
se li contenderanno in due.
E Bayrou? Molto probabilmente non darà consegne
di voto per non sconfessare se stesso, ma tra una trattativa
e l’altra dovrà cercare una via d’uscita
per conservare qualcosa di questo consenso inatteso
che gli possa permettere di preparare, tra cinque anni,
la prossima chance presidenziale. Se non le troverà,
allora gli elettori torneranno da dove sono venuti,
da destra, da sinistra e da un piccolo partito del centro
che farà a meno di lui e tornerà al fianco
dei gollisti di Sarkozy.
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