L’elezione
di solito si gioca su un rapporto contraddittorio che
s’instaura tra il candidato e l’elettore.
Quest’ultimo dà infatti la propria fiducia
a chi riesce a sintetizzare le due caratteristiche di
competenza e prossimità, a colui o colei, cioè,
che riesce ad apparirgli allo stesso tempo lontano e
vicino. La competenza segna infatti una relazione di
distanza tra il rappresentante e il rappresentato (l’elettore
vuole che il candidato sia più preparato di lui)
mentre la prossimità di vicinanza (il votante
pretende che il candidato conosca i suoi problemi e
lo ascolti).
A ridosso del voto del primo turno e nonostante gli
sforzi fatti, né Ségolène Royal
né Nicolas Sarkozy sono riusciti però
a riunire nella propria immagine le due qualità.
Ségò è considerata vicina alla
gente, ma non all’altezza. Sarkò ha la
statura, ma è distante dai cittadini.
La Royal ha dovuto combattere il pregiudizio diffuso
che la vorrebbe non competente o comunque senza l’esperienza
necessaria per aspirare alla presidenza della Repubblica
sin dalla sua discesa in campo. Quello dell’incompetenza
è stato infatti il tasto su cui hanno battuto
i suoi avversari al Partito socialista durante le primarie
interne. Sia Laurent Fabius (primo ministro di François
Mitterrand a soli 37 anni, ex ministro dell’Economia,
ex presidente dell’Assemblea nazionale) sia Dominique
Strauss Kahn (ex ministro dell’Economia e vera
riserva d’idee del partito) hanno cercato di far
valere il proprio curriculum contro la sfidante che
fino alla fine hanno continuato a considerare come un’intrusa
nel mondo tutto al maschile dell’apparato. Il
pregiudizio d’incompetenza deve molto, infatti,
anche al pregiudizio maschilista. Si ricorderanno le
prime reazioni dei due quando il nome di Ségolène
cominciò a circolare per la candidatura: Fabius
si chiese chi sarebbe rimasto “a casa con i bambini”,
mentre Dsk andava dicendo che “le presidenziali
non sono un concorso di bellezza”. Dopo una campagna
in cui Ségolène ha cercato di fare politica
da un’altra angolazione - da quella del quotidiano
di un popolo che negli ultimi anni ha manifestato una
certa insofferenza per una democrazia che non lo ascolta
più - ancora oggi i francesi, confortati dalla
destra, continuano a pensare di lei quello che gli elefanti
del Ps hanno cercato di far passare tra i militanti
del partito.
Discorso inverso dall’altra parte, quella di
Sarkozy. Negli anni il candidato dell’Ump ha costruito
la propria statura presidenziale con un super attivismo
politico che però, allo stesso tempo, gli ha
allontanato una parte dei cittadini. Da ministro dell’Economia
e soprattutto dell’Interno, Sarkò è
intervenuto su tutti i dossier, ha provocato e infranto
tabù alla frenetica ricerca di una sovraesposizione
mediatica. La mossa gli è riuscita, ma ora gli
elettori sono inquieti per la sua agitazione e la sua
postura autoritaria. Sin dal suo primo discorso da candidato,
il 14 gennaio al congresso d’investitura dell’Ump,
Sarkozy ha cercato di correggere la sua immagine e attenuare
quest’aspetto del suo carattere. Rivolto alla
platea, in quell’occasione parlò delle
sofferenze della sua vita privata per apparire più
umano e vicino ai problemi dei francesi, più
simile a loro. Nelle ultime settimane però, con
la sua sterzata a destra sui temi dell’immigrazione
e dell’identità nazionale, Sarkò
ha riconfermato negli elettori l’immagine inquietante
che forse era riuscito per un po’ ad attenuare.
Se è vero che nessuno dei due “favoriti”
è arrivato ad incarnare entrambe le qualità
di competenza e prossimità, è vero anche
che l’elezione del presidente della Repubblica
in Francia si svolge con il doppio turno e che in ogni
scrutinio è la predominanza di uno dei due attributi
ad aumentare le chance di vittoria. Al primo turno,
quando selezionano i finalisti tra vari candidati, gli
elettori scelgono di più in base alla competenza,
mentre al ballottaggio prediligono il candidato che
rassicura, che è in grado di unire la Francia.
Se al primo, dunque, è favorito Nicolas Sarkozy,
come del resto confermano tutti i sondaggi, al secondo,
se ci arriverà, la politica dell’ascolto
e l’immagine materna potrebbero costituire un
atout determinante per la candidata socialista. A scorno
dei pregiudizi.
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