319 - 17.04.07


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Un voto, un pregiudizio

Luca Sebastiani


L’elezione di solito si gioca su un rapporto contraddittorio che s’instaura tra il candidato e l’elettore. Quest’ultimo dà infatti la propria fiducia a chi riesce a sintetizzare le due caratteristiche di competenza e prossimità, a colui o colei, cioè, che riesce ad apparirgli allo stesso tempo lontano e vicino. La competenza segna infatti una relazione di distanza tra il rappresentante e il rappresentato (l’elettore vuole che il candidato sia più preparato di lui) mentre la prossimità di vicinanza (il votante pretende che il candidato conosca i suoi problemi e lo ascolti).

A ridosso del voto del primo turno e nonostante gli sforzi fatti, né Ségolène Royal né Nicolas Sarkozy sono riusciti però a riunire nella propria immagine le due qualità. Ségò è considerata vicina alla gente, ma non all’altezza. Sarkò ha la statura, ma è distante dai cittadini.

La Royal ha dovuto combattere il pregiudizio diffuso che la vorrebbe non competente o comunque senza l’esperienza necessaria per aspirare alla presidenza della Repubblica sin dalla sua discesa in campo. Quello dell’incompetenza è stato infatti il tasto su cui hanno battuto i suoi avversari al Partito socialista durante le primarie interne. Sia Laurent Fabius (primo ministro di François Mitterrand a soli 37 anni, ex ministro dell’Economia, ex presidente dell’Assemblea nazionale) sia Dominique Strauss Kahn (ex ministro dell’Economia e vera riserva d’idee del partito) hanno cercato di far valere il proprio curriculum contro la sfidante che fino alla fine hanno continuato a considerare come un’intrusa nel mondo tutto al maschile dell’apparato. Il pregiudizio d’incompetenza deve molto, infatti, anche al pregiudizio maschilista. Si ricorderanno le prime reazioni dei due quando il nome di Ségolène cominciò a circolare per la candidatura: Fabius si chiese chi sarebbe rimasto “a casa con i bambini”, mentre Dsk andava dicendo che “le presidenziali non sono un concorso di bellezza”. Dopo una campagna in cui Ségolène ha cercato di fare politica da un’altra angolazione - da quella del quotidiano di un popolo che negli ultimi anni ha manifestato una certa insofferenza per una democrazia che non lo ascolta più - ancora oggi i francesi, confortati dalla destra, continuano a pensare di lei quello che gli elefanti del Ps hanno cercato di far passare tra i militanti del partito.

Discorso inverso dall’altra parte, quella di Sarkozy. Negli anni il candidato dell’Ump ha costruito la propria statura presidenziale con un super attivismo politico che però, allo stesso tempo, gli ha allontanato una parte dei cittadini. Da ministro dell’Economia e soprattutto dell’Interno, Sarkò è intervenuto su tutti i dossier, ha provocato e infranto tabù alla frenetica ricerca di una sovraesposizione mediatica. La mossa gli è riuscita, ma ora gli elettori sono inquieti per la sua agitazione e la sua postura autoritaria. Sin dal suo primo discorso da candidato, il 14 gennaio al congresso d’investitura dell’Ump, Sarkozy ha cercato di correggere la sua immagine e attenuare quest’aspetto del suo carattere. Rivolto alla platea, in quell’occasione parlò delle sofferenze della sua vita privata per apparire più umano e vicino ai problemi dei francesi, più simile a loro. Nelle ultime settimane però, con la sua sterzata a destra sui temi dell’immigrazione e dell’identità nazionale, Sarkò ha riconfermato negli elettori l’immagine inquietante che forse era riuscito per un po’ ad attenuare.

Se è vero che nessuno dei due “favoriti” è arrivato ad incarnare entrambe le qualità di competenza e prossimità, è vero anche che l’elezione del presidente della Repubblica in Francia si svolge con il doppio turno e che in ogni scrutinio è la predominanza di uno dei due attributi ad aumentare le chance di vittoria. Al primo turno, quando selezionano i finalisti tra vari candidati, gli elettori scelgono di più in base alla competenza, mentre al ballottaggio prediligono il candidato che rassicura, che è in grado di unire la Francia. Se al primo, dunque, è favorito Nicolas Sarkozy, come del resto confermano tutti i sondaggi, al secondo, se ci arriverà, la politica dell’ascolto e l’immagine materna potrebbero costituire un atout determinante per la candidata socialista. A scorno dei pregiudizi.

 

 

 

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