Riproponiamo 
                          qui in versione integrale l’intervento tenuto 
                          dal Presidente della Repubblica italiana di fronte al 
                          Parlamento di Strasburgo il 14 febbraio 2007. 
                        
                        Signor Presidente Pöttering, 
                          Signor Vice-Presidente della Commissione, 
                          Signor Rappresentante del Consiglio, 
                          Signore e Signori deputati, 
                          ritorno in questo emiciclo con lo stesso sentimento 
                          di appartenenza che mi ha animato negli anni del mio 
                          impegno in Parlamento europeo. Appartenenza all'istituzione 
                          parlamentare e appartenenza all'Europa. Sono stato per 
                          più decenni membro del Parlamento nazionale del 
                          mio paese, ma mi sono subito sentito a mio agio nell'assolvere 
                          il mandato di eletto in questa assemblea quando sono 
                          stato chiamato a farne parte.  
                          Nessun disagio, perché il Parlamento europeo, 
                          almeno dal 1979, ha la stessa dignità, autorità 
                          e legittimità democratica di qualsiasi Parlamento 
                          liberamente eletto.  
                          Nessuna contraddizione, perché ho sempre creduto 
                          e credo che tra Parlamenti nazionali e Parlamento europeo 
                          non debba esservi incomprensione e antagonismo, ma solo 
                          rispetto reciproco e feconda cooperazione. 
                          E, soprattutto, sono sempre stato convinto che si possano 
                          ben rappresentare le ragioni e gli interessi del proprio 
                          paese nel Parlamento europeo come nel Parlamento nazionale: 
                          qui, nelle aule di Strasburgo e di Bruxelles, secondo 
                          una visione più ampia di problemi e di scelte 
                          che anche nell'interesse delle nostre comunità 
                          nazionali debbono concepirsi in una dimensione europea. 
                         
                        Quel che unisce noi tutti è appunto il senso 
                          dell'appartenenza all'Europa come patrimonio comune 
                          di valori e di idee, di tradizioni e di speranze, e 
                          come progetto di costruzione di un nuovo soggetto politico 
                          e istituzionale che possa far fronte alle sfide dell'epoca 
                          in cui viviamo e del prevedibile futuro. 
                          Così si spiega il dato peculiare dell'esperienza 
                          che si compie nel Parlamento europeo: dove agiscono 
                          rappresentanze politiche che non obbediscono a logiche 
                          nazionali ristrette e divergenti, e che possono certo 
                          dividersi su questioni anche importanti, in votazioni 
                          certamente significative, ma convergono in assai larga 
                          misura nella visione dei fondamentali obbiettivi da 
                          perseguire al fine di rafforzare la costruzione dell'Europa 
                          unita. 
                        Quando – com'è accaduto tante volte nel 
                          corso dei decenni – si è trattato di scegliere 
                          tra l'andare più avanti, il rendere più 
                          ampia e forte l'unità europea, o il segnare il 
                          passo e addirittura il tornare indietro, il Parlamento 
                          europeo ha sempre svolto un ruolo propulsivo, si è 
                          pronunciato nettamente, con maggioranze larghissime, 
                          per far progredire la costruzione comune, per allargarne 
                          l'orizzonte e le ambizioni. 
                        In effetti, già a partire dal grande fatto nuovo 
                          dell'elezione, nel 1979, del Parlamento europeo a suffragio 
                          universale, la strada della parlamentarizzazione e della 
                          costituzionalizzazione dell'Unione era apparsa una prospettiva 
                          obbligata, al fine di rafforzare le basi democratiche 
                          del processo d'integrazione, di garantire i diritti 
                          e le possibilità di partecipazione dei cittadini. 
                          In quel senso si mosse il Parlamento europeo approvando 
                          il 14 febbraio 1984 – precisamente 23 anni fa 
                          – il Progetto di Trattato che istituiva l'Unione 
                          europea. Quel Progetto elaborato e discusso per impulso 
                          di Altiero Spinelli purtroppo non divenne Trattato; 
                          e nonostante il lungo e non infecondo cammino successivo, 
                          spesso ispirato alle proposte dello stesso progetto 
                          Spinelli, rimasero aperte molte questioni, e ne sorsero 
                          di nuove. 
                        Così, quando al momento della firma del deludente 
                          Trattato di Nizza, i governi convennero sulla necessità 
                          di affrontare i grandi temi dell'avvenire dell'Europa 
                          e di aprire un vero e proprio processo costituente, 
                          il Parlamento si impegnò fino in fondo a dare 
                          il suo contributo, collaborando alla ricerca di soluzioni 
                          soddisfacenti di fronte agli interrogativi indicati 
                          nella Dichiarazione di Laeken del dicembre 2001. 
                        Il Parlamento europeo può essere fiero del ruolo 
                          propulsivo svolto più che mai in quella fase 
                          e in special modo nella Convenzione di Bruxelles, nei 
                          suoi gruppi di lavoro, nelle sue sedute plenarie e nel 
                          suo Presidium. 
                        Signori Deputati, 2001,2002,2003 : in quegli anni non 
                          ci fu pausa, ci fu sul serio riflessione, autentica 
                          e profonda riflessione. E quel che quindi si consegnò 
                          alla Conferenza Intergovernativa per le decisioni finali 
                          fu un materiale molto ricco di analisi, un testo lungamente 
                          meditato e discusso. Il risultato fu certamente un compromesso, 
                          ma non di basso livello: si trovò un terreno 
                          d'incontro tra punti di vista diversi, ciascuna parte 
                          – anche il Parlamento europeo – sacrificò 
                          in qualche misura le sue richieste e proposte, pur di 
                          giungere a un'intesa che facesse comunque avanzare la 
                          causa dell'unità e dell'integrazione europea. 
                        Ebbene, Signori Deputati, si può forse oggi 
                          dichiarare con leggerezza che quel Trattato – 
                          non a caso chiamato "costituzionale" – 
                          è morto? Che quello straordinario e prolungato 
                          sforzo politico e culturale è destinato a finire 
                          nel nulla? Che le firme di 27 Capi di Stato o di governo 
                          in calce a quel testo non hanno più valore? 
                        Naturalmente, sappiamo benissimo quale trauma abbia 
                          rappresentato il voto contrario alla ratifica del Trattato 
                          costituzionale nei referendum indetti in due dei sei 
                          paesi fondatori della Comunità europea. E sappiamo 
                          egualmente quali questioni ci ponga il diffondersi, 
                          anche in altri paesi, di dubbi e scetticismi sulla strada 
                          da seguire in Europa, sullo stato attuale e sulle prospettive 
                          dell'Unione europea. 
                        In realtà, si stanno pagando le conseguenze 
                          di uno scarso sforzo per associare i cittadini alle 
                          grandi scelte dell'integrazione e unificazione europea, 
                          per diffondere nelle opinioni pubbliche di tutti i paesi 
                          la consapevolezza degli straordinari risultati e progressi 
                          conseguiti in cinquant'anni e delle nuove, sempre più 
                          pressanti esigenze di rafforzamento dell'Unione europea, 
                          della sua coesione e della sua capacità d'azione. 
                        Tutto questo peraltro non può condurre a una 
                          sottovalutazione delle ragioni del Trattato costituzionale 
                          sottoscritto a Roma nell'ottobre 2004, e nemmeno delle 
                          soluzioni in esso contenute. Queste hanno già 
                          costituito delle concrete anche se parziali risposte 
                          – che bisogna far meglio conoscere e apprezzare 
                          – alle sollecitazioni dei cittadini, compresa 
                          quella per una maggiore trasparenza e democrazia nell'Unione. 
                        Se nel complesso il Trattato costituzionale ha costituito 
                          un felice punto d'incontro, va ricordato che in un buon 
                          compromesso si tengono insieme sia l'accoglimento di 
                          certi punti di vista sia la rinuncia ad altri. Non lo 
                          si dimentichi nel momento in cui si parla di rimettere 
                          le mani sul testo del 2004: nessuno può pensare 
                          di spostare a vantaggio delle proprie tesi l'equilibrio 
                          del compromesso raggiunto. Aprire un nuovo negoziato 
                          può significare aprire un vaso di Pandora, correre 
                          il rischio di ripartire da zero, avviare un confronto 
                          dai risultati e dai tempi imprevedibili. 
                        Diciotto dei ventisette Stati membri hanno ratificato 
                          il Trattato, in rappresentanza di 275 milioni di cittadini 
                          europei: essi meritano rispetto per aver mantenuto l'impegno 
                          sottoscritto a Roma. È ben chiaro, s'intende, 
                          che vanno considerate con rispetto anche le maggioranze 
                          espressesi in senso contrario nei referendum francese 
                          e olandese, e che vanno perciò perseguiti tutti 
                          i chiarimenti possibili in ordine alle preoccupazioni 
                          da cui sono scaturiti quei pronunciamenti contrari. 
                        Ma è tempo per l'Europa di uscire dall'impasse. 
                          E non si può seriamente sostenere che l'Unione 
                          non abbia bisogno – dopo il grande allargamento 
                          – di una ridefinizione del quadro d'insieme dei 
                          suoi valori e dei suoi obbiettivi e di una riforma dei 
                          suoi assetti istituzionali. Lavorare a un progetto di 
                          Costituzione per l'Europa non ha rappresentato un esercizio 
                          formalistico, non ha rappresentato un capriccio o un 
                          lusso: ha corrisposto a una profonda necessità 
                          dell'Europa nell'attuale momento storico. 
                        Né si può proporre oggi come visione 
                          e strategia alternativa quella dell'Europa dei progetti 
                          o dei risultati. Certo, è ben vero che negli 
                          ultimi due anni l'Unione non è rimasta ferma. 
                          Essa ha dato la maggior prova di quel che potrebbe rappresentare 
                          sulla scena internazionale quando è riuscita 
                          a esprimersi con una sola voce sulla guerra in Libano, 
                          promuovendo una nuova e impegnativa missione per la 
                          pace in quella regione e in tutto il Medio Oriente. 
                          Accanto a questa rinnovata iniziativa politica, si può 
                          iscrivere all'attivo del bilancio di questo periodo 
                          la definizione, con il sostanziale contributo dato dal 
                          Parlamento europeo grazie ai poteri della procedura 
                          di codecisione, di alcune importanti direttive e dell'accordo 
                          per un sia pur limitato rafforzamento delle magre prospettive 
                          finanziarie 2007-2013. 
                        Ma sulla strada dei risultati, Signori Deputati, con 
                          l'attuale quadro istituzionale non si può andare 
                          molto lontano. E' certamente importante elaborare e 
                          prospettare le linee di nuove politiche comuni: come 
                          ha di recente fatto la Commissione per i problemi dell'ambiente 
                          e dell'energia, esplosi ormai in tutta la loro acutezza 
                          col cambiamento climatico e con le tensioni per l'approvvigionamento 
                          di petrolio e di gas. Sappiamo tuttavia per lunga esperienza 
                          che documenti, comunicazioni e anche proposte legislative 
                          della Commissione possono sfociare in scarsi risultati 
                          o in solo lentissimi progressi: ce lo dice ad esempio 
                          il così stentato cammino di molti anni verso 
                          una politica europea dell'immigrazione. 
                        Sappiamo egualmente come alla nascita della moneta 
                          unica non sia seguita la governance economica 
                          che sarebbe stata necessaria anche per assicurare l'effettivo 
                          conseguimento degli obbiettivi formulati nel grande 
                          progetto della strategia di Lisbona. 
                        E allora, che cosa è decisivo per rendere vitali 
                          i progetti e per far crescere sul serio un'Europa dei 
                          risultati? E' decisiva la forza delle istituzioni e 
                          dell'impegno politico. E' decisivo per l'Unione dotarsi 
                          di istituzioni più forti delle resistenze opposte 
                          da quegli Stati membri che restano più chiusi 
                          nella difesa di anacronistiche prerogative e di velleitarie 
                          presunzioni nazionali. 
                          Il Trattato costituzionale ha sgombrato il campo da 
                          ogni timore o sospetto di svolta verso un superStato 
                          centralizzato: ha sancito più nettamente la ripartizione 
                          delle competenze e garantito il rispetto del principio 
                          di sussidiarietà. Si può piuttosto sostenere 
                          che abbia innovato troppo poco per adeguare regole di 
                          funzionamento e procedure di decisione alla sfida dell'Unione 
                          allargata, e troppo poco per avviare le nuove politiche 
                          comuni di cui c'è bisogno. 
                        Con il Trattato costituzionale, i più decisi 
                          passi avanti si sono compiuti in direzione di una politica 
                          estera e di sicurezza comune, di un effettivo spazio 
                          europeo di libertà, sicurezza e giustizia, di 
                          una cooperazione strutturata nel campo della difesa 
                          e di una cooperazione rafforzata in altri campi. Ma 
                          se si aprisse un nuovo negoziato e da qualche parte 
                          si rimettessero in questione tali innovazioni, a cominciare 
                          dall'istituzione di un ministro degli affari esteri 
                          europeo e di un servizio europeo per l'azione esterna, 
                          si può esser certi che da altre parti verrebbe 
                          richiesto piuttosto il completamento o l'integrazione 
                          del Trattato del 2004 con nuove, più coraggiose 
                          e coerenti scelte per lo sviluppo del processo di integrazione. 
                          Verrebbe ad esempio comprensibilmente riproposta l'esigenza 
                          di una maggiore estensione dell'area delle decisioni 
                          a maggioranza in seno al Consiglio: anche perché 
                          il superamento della regola dell'unanimità e 
                          del diritto di veto non esclude, e anzi favorisce la 
                          ricerca di larghe intese, il raggiungimento in tempi 
                          rapidi di accordi accettabili. 
                          Ed egualmente sarebbe di nuovo avanzata – riaprendosi 
                          il negoziato – la proposta di superamento del 
                          vincolo dell'unanimità per le future riforme 
                          dei Trattati e per la loro entrata in vigore. 
                        Occorre dunque grande realismo da tutte le parti. Realismo 
                          e insieme determinazione per non far prevalere la tendenza, 
                          che ancora una volta si manifesta, a indebolire e annacquare 
                          la scelta che più di cinquant'anni orsono venne 
                          compiuta. Si scelse allora la prospettiva di un'Europa 
                          capace di integrarsi, una e plurale, ricca nelle sue 
                          diversità, consapevole del suo comune retaggio 
                          di civiltà, forte nel combinare la cooperazione 
                          tra governi nazionali con una nuova dimensione sovranazionale. 
                        Stiamo per celebrare il cinquantenario dei Trattati 
                          di Roma, ed è importante cogliere l'occasione 
                          per confermare quella prospettiva e quella scelta, rendendone 
                          chiare le nuove ragioni e le nuove ambizioni. 
                          Ma è a Parigi che già nel 1950 nacque 
                          "l'invenzione comunitaria", con la quale si 
                          giunse a delineare l'orizzonte più lontano della 
                          Federazione europea, degli Stati Uniti d'Europa. Ed 
                          è da Parigi che oggi attendiamo con fiducia un 
                          responsabile apporto al superamento della crisi che 
                          si è aperta con la mancata ratifica del Trattato 
                          del 2004. L'amica Francia ha un senso così alto 
                          del suo ruolo nell'Europa e nel mondo, che non ci farà 
                          mancare questo suo ormai decisivo apporto. 
                        Signor Presidente, Signori deputati, ho richiamato 
                          la vostra attenzione su alcuni elementi essenziali del 
                          quadro in cui si collocano le decisioni da prendere 
                          nel prossimo futuro, senza entrare nel merito delle 
                          molteplici ipotesi che si sono di recente affacciate 
                          sul piano giuridico, tecnico e politico, nella ricerca 
                          di una via d'uscita dall'impasse istituzionale. L'Italia 
                          guarda con piena fiducia all'impegno della Presidenza 
                          tedesca, per i principi e i valori cui il Cancelliere, 
                          Signora Merkel, si è richiamata nel suo discorso 
                          in quest'aula e per la riaffermazione dell'obbiettivo 
                          di giungere all'adozione del Trattato costituzionale. 
                          Comunque possa definirsi la roadmap di cui 
                          oggi si parla, è importante che già si 
                          convenga sulla necessità che alle elezioni del 
                          2009 si possa presentare ai cittadini il Trattato costituzionale 
                          entrato in vigore, con il suo messaggio e il suo programma. 
                        Il mio vuol essere, partendo da ciò, un appello 
                          al senso di responsabilità e alla volontà 
                          politica di tutti coloro che hanno ruoli di guida nei 
                          nostri paesi. Nessuno ignora la portata delle nuove 
                          minacce, sfide e opportunità che sono dinanzi 
                          a noi. L'Europa potrà incidere sulle relazioni 
                          internazionali e sullo sviluppo globale, potrà 
                          ritrovare slancio e dinamismo e potrà contare 
                          nel mondo, solo se rafforzerà la propria coesione 
                          e unità, dotandosi rapidamente – come Unione 
                          – delle istituzioni e delle risorse necessarie. 
                          L'alternativa – dovremmo saperlo – è 
                          un drammatico declino del ruolo di tutti i nostri paesi, 
                          del ruolo storico del nostro continente. Lasciatemi 
                          ripetere le parole con cui Jean Monnet concluse le sue 
                          memorie nel 1976: "Non possiamo fermarci quando 
                          attorno a noi il mondo intero è in movimento". 
                          Trent'anni dopo, quelle parole sono ancora più 
                          vere, suonano come un assillo a cui non si può 
                          più sfuggire. 
                        Si mostrino dunque all'altezza di questa consapevolezza 
                          e di questa responsabilità le forze che guidano 
                          tutti i nostri paesi, sappiano sprigionare una nuova 
                          volontà politica europea. 
                          E si levi più che mai alta la voce del Parlamento 
                          europeo, la sua sollecitazione, come nel passato, alla 
                          coerenza e al coraggio. 
                          L'Italia farà la sua parte, Signor Presidente 
                          Pöttering, darà come ha dato fin dall'inizio 
                          del processo di integrazione il suo contributo. Un contributo 
                          che è simboleggiato dalle figure di uno statista 
                          lungimirante, Alcide De Gasperi, e di un appassionato 
                          profeta e combattente dell'idea europea, Altiero Spinelli, 
                          di cui celebriamo quest'anno il centenario della nascita. 
                          E nel richiamarmi al loro esempio, nel ribadire l'impegno 
                          europeo dell'Italia, so di poter rappresentare il mio 
                          paese nell'insieme delle sue forze politiche e nel sentire 
                          profondo dei suoi cittadini. 
                        Nello stesso tempo, ho inteso rivolgermi a voi, signori 
                          deputati, con accenti più strettamente personali, 
                          dettati dall'emozione di chi, sedendo in questi banchi, 
                          operando in questo Parlamento, ha sempre meglio imparato 
                          che la causa dei nostri popoli, delle nostre nazioni, 
                          del nostro comune futuro si serve solo lavorando per 
                          un'Europa unita. 
                         
                        
                           
                           
                           
                         
                         
                           
                           
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