Qualche
anno fa, Jeremy Rifkin dedicò il libro Il
sogno europeo alla generazione Erasmus, che secondo
lui sapeva rispondere meglio alle sfide del mondo globalizzato.
Quest’anno sia l’Europa che il progetto
Erasmus celebrano compleanni importanti: il 25 marzo
ricorre il cinquantenario del Trattato di Roma, nel
frattempo gli studenti Erasmus festeggiano i primi 20
anni del progetto che ha dato loro l’opportunità
di studiare nelle università europee. Abbiamo
chiesto a Ewa Krzaklewska, vicepresidente dell’Erasmus
Student Network di raccontarci da quale prospettiva
i giovani studenti guardano l’Europa.
Chi sono i ragazzi della generazione Erasmus?
Penso che siano persone molto aperte e attive, che
non hanno paura di spostarsi e che nutrono una curiosità
enorme: quella di scoprire il mondo e le culture, ma
anche quella di trovare la propria strada nella vita
e, magari, una strada che sia migliore, con un lavoro
e una carriera più soddisfacenti, sfruttando
le opportunità offerte dalle università.
In generale, la generazione Erasmus non ha paura di
scoprire e si nutre del valore della diversità
che poi è anche il valore dell’Europa.
L’attivismo dei ragazzi Erasmus non è volto
al profitto ma alla creazione di un mondo migliore.
In Europa, però, ci sono ancora molti
giovani che non sembrano sensibili alla chiamata europea.
Le persone sono diverse. Anche tanti ragazzi che ottengono
la borsa di studio Erasmus, la prendono come se fosse
un semplice regalo dell’Unione Europea: trascorso
il loro periodo all’estero, tornano in patria
e la cosa finisce lì. Secondo me, invece, è
molto importante poter sfruttare l’esperienza
degli studenti Erasmus, non farli disperdere, ma tenerli
insieme per creare qualcosa.
Insomma, i giovani Erasmus sono una risorsa?
La nostra associazione funziona proprio in questo senso.
Quando lo studente Erasmus torna a casa è un
po’ perso perché i suoi legami lì
si sono allentati. Nel suo anno all’estero, però,
ha ricevuto aiuto da altri ragazzi, da altri studenti,
da persone di culture diverse. Perciò, finita
quell’esperienza, spesso desidera restituire l’aiuto.
Tanti non vogliono perdere il legame con la comunità
Erasmus e raggiungono le nostre associazioni. In questo
modo, possono creare qualcosa, sono attivi e non semplici
fruitori di una borsa di studio.
A proposito di giovani attivi e Unione Europea,
cosa si aspetta dallo Youth Summit che, in occasione
del cinquantenario del Trattato di Roma, vedrà
200 delegazioni di giovani europei riunirsi nella città
capitolina?
Vorrei che fosse l’inizio di un rapporto più
intenso tra giovani e Unione Europea, l’occasione
per capire come l’Unione possa e debba coinvolgere
di più i giovani nelle proprie azioni. Sarebbe
interessante sapere se i ragazzi possono essere coinvolti
anche attraverso le loro associazioni o attraverso progetti
a livello locale. E’ questo l’augurio che
faccio ai giovani dello Youth Summit. Contemporaneamente
all’incontro di Roma ci sarà anche un summit
dell’Erasmus a Praga con 500 ragazzi, sempre per
celebrare i cinquant’anni del trattato. Il che
mi fa venire in mente un’altra interessante coincidenza:
quest’anno il progetto Erasmus compie vent’anni,
ed è significativo perché credo che i
ragazzi Erasmus siano i migliori ambasciatori dell’Europa,
una manifestazione reale di quello che l’Unione
può dare ai propri cittadini.
Alcuni cittadini europei, però, contestano
l’Unione. Tu vieni dalla Polonia, perché,
ad esempio, l’opinione pubblica polacca non è
sembrata particolarmente entusiasta dell’ingresso
nell’Unione?
Perché sappiamo tutti che l’Unione Europea
non è perfetta: ci sono tanti problemi dal punto
di vista burocratico e amministrativo e all’interno
dell’Unione esiste anche una lotta di potere;
i nuovi membri sono sempre considerati di seconda categoria.
I polacchi non erano contrari all’ingresso in
Europa ma quello che era contestabile per noi era il
fatto, forse, di non essere stati trattati come gli
altri membri. D’altro canto, i giovani in Polonia
sono stati molto favorevoli all’Unione, perché
vogliono far parte dell’Europa, muoversi, avere
possibilità di studiare in altri paesi, di viaggiare
liberamente. E questo aldilà delle discussioni
politiche.
Insomma, ancora una volta i giovani sono una
parte fondamentale dell’Unione. Ma quali sono
i valori che i giovani cittadini europei ritengono fondamentali
per questa comunità sovranazionale? L’Europa
unita nacque dopo la seconda guerra mondiale per superare
il conflitto tra stati e garantire la pace a un continente
che era stato dilaniato dalla guerra. Ma ora che è
cresciuta e la guerra non c’è più?
E’ vero che la guerra nel nostro continente non
c’è più, ma il conflitto dei Balcani
è cosa di pochi anni fa. E poi pace significa
anche liberarsi dai pregiudizi che ancora ci sono. Penso,
ad esempio, alla questione dell’immigrazione e
ai pregiudizi contro gli immigrati. E poi, anche se
magari non dobbiamo più combattere contro la
guerra in Europa, dobbiamo lottare contro altri problemi,
come quelli ecologici, che affliggono il mondo contemporaneo
e che non si possono risolvere se non attraverso azioni
congiunte. D’altra canto, l’Europa dovrebbe
diventare più competitiva, sia nella ricerca
che nello sviluppo scientifico dove è necessario
un continuo interscambio.
Poco fa hai detto che l’Europa non è
una comunità perfetta. Quali sono i suoi punti
di forza e quali quelli di debolezza?
Ultimamente ho partecipato a diverse conferenze in
cui si discuteva di comunicazione e Unione Europea e
si diceva proprio che l’Unione deve comunicare
meglio e di più con i propri cittadini per farli
sentire parte del progetto europeo. Ormai l’Unione
influenza tantissimi aspetti della nostra vita, anche
se, magari, non ce ne accorgiamo nemmeno; per questo
motivo, dobbiamo essere informati soprattutto nel caso
in cui ci siano da prendere decisioni che andranno a
influire sulle nostre vite e private e sulle nostre
comunità locali. Insomma, la comunicazione migliorerebbe
l’Europa. Proprio pensando a questo, per celebrare
i vent’anni del progetto Erasmus, noi dell’Erasmus
Student Network abbiamo organizzato, oltre a una grande
conferenza a Bruxelles che ci ha portato a incontrare
gli stakeholders della Comunità Europea, anche
un viaggio in autobus che toccherà città
e piccole comunità locali di tutta Europa, per
far sentire alla gente che fa parte di una comunità
più grande.
Ewa Krzaklewska, vicepresidente dell’Erasmus
Student Network, ha studiato Sociologia all’Università
di Cracovia. La sua borsa di studio Erasmus l’ha
portata a studiare in Italia, a Milano. Ha anche trascorso
un periodo di studi negli Stati Uniti. Attualmente sta
svolgendo il dottorato di ricerca a Cracovia.
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