318 - 30.03.07


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Sono i giovani gli
ambasciatori dell’Europa

Ewa Krzaklewska
con Martina Toti


Qualche anno fa, Jeremy Rifkin dedicò il libro Il sogno europeo alla generazione Erasmus, che secondo lui sapeva rispondere meglio alle sfide del mondo globalizzato. Quest’anno sia l’Europa che il progetto Erasmus celebrano compleanni importanti: il 25 marzo ricorre il cinquantenario del Trattato di Roma, nel frattempo gli studenti Erasmus festeggiano i primi 20 anni del progetto che ha dato loro l’opportunità di studiare nelle università europee. Abbiamo chiesto a Ewa Krzaklewska, vicepresidente dell’Erasmus Student Network di raccontarci da quale prospettiva i giovani studenti guardano l’Europa.

Chi sono i ragazzi della generazione Erasmus?

Penso che siano persone molto aperte e attive, che non hanno paura di spostarsi e che nutrono una curiosità enorme: quella di scoprire il mondo e le culture, ma anche quella di trovare la propria strada nella vita e, magari, una strada che sia migliore, con un lavoro e una carriera più soddisfacenti, sfruttando le opportunità offerte dalle università. In generale, la generazione Erasmus non ha paura di scoprire e si nutre del valore della diversità che poi è anche il valore dell’Europa. L’attivismo dei ragazzi Erasmus non è volto al profitto ma alla creazione di un mondo migliore.

In Europa, però, ci sono ancora molti giovani che non sembrano sensibili alla chiamata europea.

Le persone sono diverse. Anche tanti ragazzi che ottengono la borsa di studio Erasmus, la prendono come se fosse un semplice regalo dell’Unione Europea: trascorso il loro periodo all’estero, tornano in patria e la cosa finisce lì. Secondo me, invece, è molto importante poter sfruttare l’esperienza degli studenti Erasmus, non farli disperdere, ma tenerli insieme per creare qualcosa.

Insomma, i giovani Erasmus sono una risorsa?

La nostra associazione funziona proprio in questo senso. Quando lo studente Erasmus torna a casa è un po’ perso perché i suoi legami lì si sono allentati. Nel suo anno all’estero, però, ha ricevuto aiuto da altri ragazzi, da altri studenti, da persone di culture diverse. Perciò, finita quell’esperienza, spesso desidera restituire l’aiuto. Tanti non vogliono perdere il legame con la comunità Erasmus e raggiungono le nostre associazioni. In questo modo, possono creare qualcosa, sono attivi e non semplici fruitori di una borsa di studio.

A proposito di giovani attivi e Unione Europea, cosa si aspetta dallo Youth Summit che, in occasione del cinquantenario del Trattato di Roma, vedrà 200 delegazioni di giovani europei riunirsi nella città capitolina?

Vorrei che fosse l’inizio di un rapporto più intenso tra giovani e Unione Europea, l’occasione per capire come l’Unione possa e debba coinvolgere di più i giovani nelle proprie azioni. Sarebbe interessante sapere se i ragazzi possono essere coinvolti anche attraverso le loro associazioni o attraverso progetti a livello locale. E’ questo l’augurio che faccio ai giovani dello Youth Summit. Contemporaneamente all’incontro di Roma ci sarà anche un summit dell’Erasmus a Praga con 500 ragazzi, sempre per celebrare i cinquant’anni del trattato. Il che mi fa venire in mente un’altra interessante coincidenza: quest’anno il progetto Erasmus compie vent’anni, ed è significativo perché credo che i ragazzi Erasmus siano i migliori ambasciatori dell’Europa, una manifestazione reale di quello che l’Unione può dare ai propri cittadini.

Alcuni cittadini europei, però, contestano l’Unione. Tu vieni dalla Polonia, perché, ad esempio, l’opinione pubblica polacca non è sembrata particolarmente entusiasta dell’ingresso nell’Unione?

Perché sappiamo tutti che l’Unione Europea non è perfetta: ci sono tanti problemi dal punto di vista burocratico e amministrativo e all’interno dell’Unione esiste anche una lotta di potere; i nuovi membri sono sempre considerati di seconda categoria. I polacchi non erano contrari all’ingresso in Europa ma quello che era contestabile per noi era il fatto, forse, di non essere stati trattati come gli altri membri. D’altro canto, i giovani in Polonia sono stati molto favorevoli all’Unione, perché vogliono far parte dell’Europa, muoversi, avere possibilità di studiare in altri paesi, di viaggiare liberamente. E questo aldilà delle discussioni politiche.

Insomma, ancora una volta i giovani sono una parte fondamentale dell’Unione. Ma quali sono i valori che i giovani cittadini europei ritengono fondamentali per questa comunità sovranazionale? L’Europa unita nacque dopo la seconda guerra mondiale per superare il conflitto tra stati e garantire la pace a un continente che era stato dilaniato dalla guerra. Ma ora che è cresciuta e la guerra non c’è più?

E’ vero che la guerra nel nostro continente non c’è più, ma il conflitto dei Balcani è cosa di pochi anni fa. E poi pace significa anche liberarsi dai pregiudizi che ancora ci sono. Penso, ad esempio, alla questione dell’immigrazione e ai pregiudizi contro gli immigrati. E poi, anche se magari non dobbiamo più combattere contro la guerra in Europa, dobbiamo lottare contro altri problemi, come quelli ecologici, che affliggono il mondo contemporaneo e che non si possono risolvere se non attraverso azioni congiunte. D’altra canto, l’Europa dovrebbe diventare più competitiva, sia nella ricerca che nello sviluppo scientifico dove è necessario un continuo interscambio.

Poco fa hai detto che l’Europa non è una comunità perfetta. Quali sono i suoi punti di forza e quali quelli di debolezza?

Ultimamente ho partecipato a diverse conferenze in cui si discuteva di comunicazione e Unione Europea e si diceva proprio che l’Unione deve comunicare meglio e di più con i propri cittadini per farli sentire parte del progetto europeo. Ormai l’Unione influenza tantissimi aspetti della nostra vita, anche se, magari, non ce ne accorgiamo nemmeno; per questo motivo, dobbiamo essere informati soprattutto nel caso in cui ci siano da prendere decisioni che andranno a influire sulle nostre vite e private e sulle nostre comunità locali. Insomma, la comunicazione migliorerebbe l’Europa. Proprio pensando a questo, per celebrare i vent’anni del progetto Erasmus, noi dell’Erasmus Student Network abbiamo organizzato, oltre a una grande conferenza a Bruxelles che ci ha portato a incontrare gli stakeholders della Comunità Europea, anche un viaggio in autobus che toccherà città e piccole comunità locali di tutta Europa, per far sentire alla gente che fa parte di una comunità più grande.

Ewa Krzaklewska, vicepresidente dell’Erasmus Student Network, ha studiato Sociologia all’Università di Cracovia. La sua borsa di studio Erasmus l’ha portata a studiare in Italia, a Milano. Ha anche trascorso un periodo di studi negli Stati Uniti. Attualmente sta svolgendo il dottorato di ricerca a Cracovia.

 

 

 


 

 

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