A poco più
di un mese dalle elezioni presidenziali il Centro si
è installato al mezzo del sistema politico francese
sconvolgendone, per ora, la tradizionale dialettica.
E tutto a causa del fatto nuovo, dell’emersione
del terzo incomodo, di François Bayrou, l’uomo
del “centrismo estremo”, l’incarnazione
singolare di una strana rivoluzione dal centro che,
a quest’altezza, sembra avere come unico obiettivo
quello di ribaltare le regole di funzionamento e lo
schema della vita politica per trarne un profitto non
si capisce ancora bene destinato a cosa.
I sondaggi accreditano gli ormai tre sfidanti per l’Eliseo
entro uno scarto minimo, con Nicolas Sarkozy in testa
con uno score che si aggira intorno al 28 per cento,
seguito da Ségolène Royal, 25, tallonata
a sua volta dal fenomeno Bayrou che la minaccia dall’alto
del suo inatteso 23. Le cifre, che cambiano a seconda
del giorno, sono molto approssimative e il fatto che
un francese su due non abbia ancora deciso per chi votare
lascia aperto qualsiasi esito e ogni scenario. Una cosa
è certa però: con la sua contestazione
demagogica della classe politica e la sua carica antisistema,
il candidato dell’Udf è riuscito nel suo
intentato e ora Sarkò e Ségò sono
costretti a rivedere le rispettive strategie per piegarle
alle nuove esigenze imposte da centro.
Per capire l’inopinato successo di Bayrou in
un paese come la Francia in cui l’elezione presidenziale
a suffragio universale e il maggioritario avevano creato
un solido quadro bipolare, bisogna comprendere il contesto.
Sono almeno dieci anni, infatti, che i francesi non
fanno altro che usare le urne come mezzo di protesta
e di contestazione della classe politica tutta intera.
Alle elezioni politiche del 2002 avevano regalato il
secondo turno a Jean Marie Le Pen e in generale un grande
score ai partiti che si collocano all’estremità
del tradizionale asse gollisto-socialista. Tre anni
dopo, al referendum europeo sul Trattato costituzionale
del 2005, avevano usato il no per contestare un arco
parlamentare che per l’ottanta per cento si era
espresso per il sì. Chirac in testa.
Grazie al malcontento generalizzato sono potute emergere
figure del rinnovamento come Sarkozy e Ségolène,
entrambe atipici rispetto alle proprie famiglie politiche
d’appartenenza, entrambe incarnazione di un nuovo
modo di fare politica. In questa fase della campagna
però, la loro immagine comincia ad appannarsi
e circondati da “elefanti” e pezzi da novanta
della storia recente, cominciano a perdere lo smalto
della novità.
Un recente studio del Centro di ricerche politiche
di Scienze politiche (Cevipof) di Parigi ha rivelato
che il 61% dei francesi non ha alcuna fiducia né
nella destra né nella sinistra. Uomo del né-né,
per Bayrou non poteva esserci niente di più facile
che presentare agli elettori l’alternativa al
centro, allo stesso tempo opzione antisistema perché
rompe il monopolio bipolare, e scelta rassicurante con
la sventolata prospettiva di un “governo d’unione”
in cui lavoreranno fianco a fianco tutte le migliori
teste di destra e di sinistra. Da trent’anni nella
vita politica e da sempre organico alla destra, Bayrou,
con un lifting sorprendentemente riuscito, rappresenta
oggi per tanti francesi il Nuovo.
In realtà che cosa sia questo centro nessuno
l’ha ben compreso, forse neanche lo stesso Bayrou
a cui, per ora, basta rimanere sul vago per cercare
di superare il primo turno. Poi al secondo si vedrà:
se dovrà affrontare Sarkozy chiederà l’aiuto
di Ségolène e al centro con un trattino
verrà aggiunta la sinistra, in caso contrario,
si rivolgerà dall’altra parte e dopo il
trattino figurerà la destra. Una scelta d’opportunismo
che rivela come il centro in Francia non sia nient’altro
che un non luogo, uno spazio immaginario che Bayrou
vuole far esistere a tutti i costi. Infatti, qualora
veramente il candidato dell’Udf riesca ad entrare
all’Eliseo, invece che ad una rivoluzione, i francesi
assisteranno all’immobilismo, giacché il
presidente centrista non avrà i mezzi politici
con cui governare e cambiare il paese.
Un mese dopo l’elezione del Presidente, in giugno,
si eleggeranno infatti i deputati che andranno a sedere
all’Assemblea nazionale e che per cinque anni
voteranno, o meno, la politica proposta dal governo
formato dal presidente Bayrou. Da chi farsi sostenere?
Di fronte a questo problema il centrista ha inventato
un’altra ipotesi immaginaria, quella di costituire,
nel mese che separa la sua dall’elezione dell’Assemblea,
un nuovo partito che garantirà la maggioranza
presidenziale. Molto verosimilmente, visto che la storia
di due partiti come quello socialista e quello gollista
non si dissolve per incantamento nel giro di un mese,
accadrà invece che il presidente centrista sia
costretto a coabitare con un governo di destra o di
sinistra.
E pensare che la riforma costituzionale del 2001, che
riduceva da sette a cinque anni il mandato presidenziale
in modo da eleggere la massima carica in concomitanza
del parlamento era stata approvata proprio per rendere
più efficiente il potere esecutivo di un eventuale
Bayrou presidente.
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