I due principali
candidati all’Eliseo, lo si è scritto più
volte, sono una novità assoluta nel panorama
politico francese. Uno speculare all’altra, Ségolène
Royal e Nicolas Sarkozy incarnano il tanto atteso rinnovamento
della politica in generale e delle loro rispettive famiglie
d’appartenenza in particolare. Intorno a questa
simmetria si è organizzata una campagna elettorale
orchestrata, per la prima volta così intensamente
in Francia, da una sovrabbondante e a volte ridondante
mediatizzazione. Del resto sono stati gli stessi Sarkò
e Ségò a spappolare i corpi intermedi
con un sapiente uso dei media prima per emergere dai
rispettivi campi politici e poi per imporsi come unici
duellanti dell’Eliseo.
In questa seconda fase della campagna però,
l’equilibrio sembra essersi, se non rotto, quantomeno
incrinato. La simmetria Ségò-Sarkò
da oggi deve fare i conti con un inatteso “terzo
uomo” inopinatamente divenuto “terzo incomodo”:
François Bayrou, il candidato del centro.
Che il “centrista radicale” sia diventato
un altro punto di convergenza speculare per la candidata
socialista e il candidato dell’Ump, lo dimostra
che entrambe hanno cominciato a muoversi per cercare
di chiudergli gli spazi. Finora Bayrou era stato snobbato,
ma ora il comune contrattacco dimostra che quello del
centro è diventato un problema sia a destra che
a sinistra.
L’ascensione del candidato centrista è
un fatto recente, che risale al massimo all’inizio
di gennaio. Alla fine dello scorso anno i sondaggi lo
accreditavano intorno ad un punteggio ancor più
basso di quello conquistato alle elezioni presidenziali
del 2002, intorno al 6%. Da gennaio invece le indagini
hanno cominciato a fotografare una progressione costante
che di punto in punto hanno elevato Bayrou fino al 18%.
Strappato il ruolo di “terzo uomo” della
campagna a Jean Marie Le Pen, ora, questo è certo,
il centrista comincia ad accarezzare il sogno di esser
lui il predestinato all’Eliseo. Se dovesse riuscire
a superare l’ostacolo del primo turno, cosa non
impossibile giacché nel 2002 fu Le Pen a farlo,
potrebbe giocarsi i voti della sinistra contro Sarkò
o viceversa quelli della destra contro Ségò.
Certo, anche se la curva sembra in ascesa e alla campagna
mancano ancora un paio di mesi, quello dell’Eliseo
rimane un sogno. Molto più reale è invece
la seconda ipotesi cui sta alacremente lavorando Bayrou:
arrivare più alto possibile al primo turno per
poi vendere cari i propri voti ai miglior offerenti
del ballottaggio, magari dietro la contropartita di
una presenza importante al governo.
Bayrou primo ministro di un esecutivo di sinistra o
di destra? Si vedrà. Per ora il centrista prosegue
la sua strategia autonoma per allargare ancor di più
il suo spazio tra Ségò e Sarkò
e drenare voti a destra e manca. L’intuizione
per ora ha funzionato: denunciare il monopolio gollista
socialista e lo sfascio a cui hanno condotto il paese,
offrire una soluzione di centro col meglio dell’una
e l’altra parte. E poi, alla fine dei conti, rispetto
ai rinnovatori Ségo e Sarkò alla testa
delle armate socialiste e golliste che hanno governato
tutta la V Repubblica, non è che la vera novità
sia la grande Koalition di Bayrou?
Qualora non fosse bastata la “tragedia del 21
aprile 2002”, il no al Trattato costituzionale
l’ha dimostrato: la Francia è un paese
inquieto, spaventato dalla mondializzazione economica,
sgomento di fronte al futuro. Rispetto ad una Ségolène
che non sembra all’altezza della funzione e ad
un Sarkozy che inquieta per il suo attivismo autoritario
(sono i sondaggi a dirlo), Bayrou rassicura, questo
è certo. Il voto al centro è allora un
rifugio e, allo stesso tempo, un mezzo per rompere il
gioco. Certezza ed eversione. È il programma
di Bayrou, il “centro radicale”.
L’emersione del terzo spiega le attuali mosse
del primo e secondo per interrompere le migrazioni di
consenso verso il centro.
Ségolène, che nelle prime e confuse settimane
della campagna è stata letteralmente vampirizzata
dal presidente dell’Udf, si è mossa per
prima e per bloccare l’emorragia ha presentato
una nuova squadra in cui ha inserito tutti i capicorrente
del Ps. Il ritorno degli “elefanti” dovrebbe,
secondo le intenzioni della candidata, rispondere all’agitazione
dei simpatizzanti socialisti e, soprattutto, smorzare
la tentazione del centro che fin qui ha sedotto non
poche componenti socialdemocratiche che Bayrou ha saputo
lusingare strizzando l’occhio e facendo allusione
ad un premier di sinistra qualora entrasse all’Eliseo.
Una volta scattata la foto della famiglia unita, Ségò
è passata all’attacco del candidato centrista
respingendolo nel suo campo che, nonostante tutto, rimane
incontestabilmente “la destra”. In effetti,
fa giustamente notare la candidata socialista, bisogna
risalire alla quarta Repubblica per trovare un accordo
tra centro e sinistra. Dopo di allora, con l’elezione
del Presidente della Repubblica con suffragio universale
e la polarizzazione della vita politica francese, il
centro ha sempre fatto parte delle maggioranze di destra.
L’opzione centrosinistra all’italiana, esempio
che Bayrou richiama spesso, non si è mai realizzata.
Del resto, ha precisato la Ségò, se si
guarda al programma di “social-economia”
del candidato dell’Udf ci si accorge che “c’è
un pizzico di sociale in un mare di liberismo”.
A destra anche Sarkozy ha dovuto rivedere la sua posizione
rispetto all’uomo del centro. Finora, infatti,
il ministro dell’Interno non si era curato di
lui, anzi, la sua ascesa è stata ben vista e
fino ad un certo punto incoraggiata. Sottraeva consenso
ai socialisti e serviva da “passerella”,
trasportava cioè attraverso il primo turno i
voti da sinistra a destra. La dimensione del fenomeno
ha cominciato a diventare troppo preoccupante quando
negli ultimi giorni Sarkozy si è reso conto che
anche il confine tra centro e destra cominciava a diventare
troppo poroso. Al quartier generale del ministro dell’Interno
hanno messo in piedi una “cellula d’osservazione
e d’analisi strategica” di Bayrou per comprendere
le radici “della dinamica attuale”, mentre
Sarkò, che non l’aveva mai fatto, è
passato all’attacco diretto. Dopo aver ricordato
che “tutti i deputati dell’Udf sono stati
eletti col voto della destra”, il candidato della
destra ha smontato l’ipotesi neocentrista secondo
lui votata “all’impotenza”. “Guardate
quello che succede in Italia – ha detto Sarkò
riferendosi al modello cui s’ispira Bayrou –
Il governo Prodi, con 109 tra ministri e vice e undici
partiti nella coalizione, a cosa porta? Alle dimissioni
dopo tre mesi”.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|