Arriva forse
troppo presto, il semestre di presidenza tedesca dell’Ue.
Angela Merkel guida l’esecutivo più europeista
del continente (insieme a quello italiano), e non a
caso negli ultimi mesi ha detto di voler rilanciare
il progetto di costituzione europea, bocciato dai referendum
francese e olandese ma pur sempre già ufficialmente
approvato da 18 paesi. Il punto è che tanto entusiasmo
europeista potrebbe non bastare a vincere le resistenze
degli eurotiepidi, tra cui al momento giganteggiano
la Francia e i Paesi Bassi (le cui popolazioni hanno
già respinto il trattato, e i cui governi traballano,
con Parigi in piena campagna elettorale verso le decisive
e incerte presidenziali di maggio), e la solita Gran
Bretagna (dove il premier uscente Tony Blair ha sepolto
i suoi vecchi turbamenti europeisti e oggi appare sempre
più impotente, anche alla luce del fatto che
il suo probabile successore Gordon Brown è ancora
più euroscettico di lui).
Dal primo gennaio Angela Merkel avrà nelle mani
il destino politico dell’Ue, ma gli ostacoli non
le sono ignoti: “Lo dico subito – ha premesso
il suo ministro degli Esteri, il socialdemocratico Frank-Walter
Steinmeier – In questi sei mesi non faremo miracoli”.
Anche Merkel ha fatto intendere che, per vedere una
svolta sulla Costituzione, bisognerà aspettare
la presidenza francese del 2008. Intanto però
si cercherà di fare la respirazione artificiale
al trattato, cercando di tenerlo in vita in attesa del
nuovo inquilino dell’Eliseo (Sarkozy o Royal).
Per questo, nei primi tre mesi del 2007 Merkel avrà
dei faccia-a-faccia con i leader degli altri 26 paesi
dell’Ue, e pare anche con i due principali candidati
alla presidenza francese (ma discretamente, per non
innervosire Chirac). Per questo tutti gli sforzi si
concentreranno sul 25 marzo, che la Cancelliera ha già
definito “il momento più drammatico della
presidenza tedesca”. In un summit speciale al
museo di storia tedesca, nel centro della capitale,
l’Europa celebrerà il 50esimo anniversario
del Trattato di Roma, con feste e musei aperti fino
a tarda notte, e una “dichiarazione di Berlino”
che rilanci il progetto politico dell’Ue.
Ma non di sola costituzione vive l’Europa, e
così sul tappeto della figlioccia di Helmut Kohl
(uno dei padri della Nuova Europa) si accavallano sfide
quasi altrettanto significative. Anche se ancora non
c’è un ministro degli esteri europeo (vedi
sopra, alla voce “Costituzione bocciata”),
in Medio Oriente la diplomazia del vecchio continente
sta facendo passi da gigante, anche perché l’altro
grande global player della regione, gli Stati
Uniti di Bush, hanno perso molta credibilità
dopo il fallimento iracheno. Così la crisi in
Libano è gestita dagli europei, con l’aeroporto
di Beirut che ogni giorno accoglie un politico europeo,
con gli scarponi francesi e italiani a vigilare sulla
tregua e le navi tedesche a vegliare sul mare. Grandi
speranze, ma anche grandi responsabilità: come
si muoverà la Germania, ancora terrorizzata dalle
memorie della seconda guerra mondiale, se Israele attaccherà
di nuovo il Libano? L’Europa continuerà
a dire la sua anche in Afghanistan e Sudan (in entrambe
le parti sono impegnate le truppe tedesche) e nei Balcani.
In questo semestre le Nazioni Unite proporranno una
soluzione sullo status del Kosovo. Quale sarà
la posizione dell’Europa a guida tedesca (anche
lì Berlino ha soldati sul campo)? Si parla di
un protettorato europeo sul Kosovo, in cambio del quale
però la Serbia dovrebbe ricevere facilitazioni
sul suo cammino verso l’Ue (in un’Europa
che intanto dovrà digerire con poca voglia l’ingresso
di Bulgaria e Romania, avvenuto il 1 gennaio).
Sull’allargamento alla Turchia la strada è
già dettata dalle decisioni prese dalla presidenza
finlandese, ed è difficile che Ankara trovi maggiore
collaborazione in Berlino, dove la causa turca è
guardata ora con meno entusiasmo, conclusasi l’era
Schröder. Un altro tema delicato rimane quello
dei rapporti con la Russia. Non c’è consenso
in Europa su come trattare Mosca. Da un lato si diffonde
il forte sospetto che il Cremlino, poco sensibile ai
diritti umani e a quella cosa chiamata democrazia, sia
responsabile dei recenti omicidi che hanno scioccato
l’Europa (la gioranalista Anna Politkovskaya e
l’ex spia Aleksandr Litvinenko). Dall’altro
Mosca ha il coltello dalla parte del manico sulle questioni
energetiche, perché poco astutamente l’Ue
si è resa sempre più dipendente dal gas
russo nonostante il fatto che la Russia ci penserebbe
poco a chiudere i rubinetti in caso di difficoltà
(come ha già dimostrato l’anno scorso nel
contenzioso con l’Ucraina).La Germania è
oggi in buoni rapporti con Putin (anche grazie all’amicizia
tra questi e il Cancelliere Schröder, messo a capo
del consiglio di sorveglianza proprio del consorzio
del gas russo Gazprom), ma la Gran Bretagna è
ai ferri corti dopo il caso Litvinenko e la Polonia
ha messo il veto sul rinnovo dell’accordo di cooperazione
tra Ue e Russia, che ha posto l’embargo sulla
carne polacca.
La Germania potrà probabilmente avere il privilegio
di guidare la presidenza con tutta una serie di vantaggi:
buoni risultati economici interni (crescita del 2,5%
nel 2006), esecutivo coeso sulla politica estera e opposizione
virtualmente silenziata da una maggioranza che grazie
alla Grande Coalizione supera il 70% dei voti al Bundestag,
carisma di un Cancelliere abile nel mediare (come ha
dimostrato lo scorso anno nell’accordo sul budget
dell’Ue), contemporanea presidenza del G8 sempre
a partire dal 1 gennaio. Il premier lussemburghese Jean-Claude
Juncker definisce la Merkel “la visionaria d’Europa”.
Il presidente della Commissione europea José
Manuel Barroso ha detto che è “la Jürgen
Klinsmann della politica”. Ma un buon allenatore
non basta, quando la squadra non c’è. Monsieur
Chirac e Mr Blair si rimbocchino le maniche, perché
Merkel, come Klinsmann, non si accontenterebbe di arrivare
in semifinale.
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