Se è
vero, come vogliono alcuni, che gli estremi opposti
coincidono, allora non stupisce che Altiero Spinelli
(1907-1986), padre fondatore del federalismo europeo,
possa essere definito al contempo un visionario e un
realista. Né sorprende che rappresenti ancora
oggi, ormai a vent’anni dalla sua scomparsa e
a quasi cento dalla sua nascita, non solo una figura
dall’indubbia statura intellettuale, politica
e morale, ma dalla difficile – forse proprio perché
ingombrante – collocazione. Variamente considerata
e definita, la forza dell’ispirazione di Spinelli
si è collocata ai margini del conflitto politico.
Ed è stata guardata perfino con sospetto.
Ma del resto, una collocazione univoca, seppure a distanza
di tanti anni, potrebbe tradursi in un appiattimento
per una personalità vistosamente singolare e
complessa, alla quale il convegno “Verso la Costituzione
europea. Il messaggio di Altiero Spinelli, padre del
federalismo europeo” ha reso omaggio inaugurando,
presso l’università La Sapienza di
Roma, le attività del Comitato nazionale per
le celebrazioni del centenario della nascita di Spinelli,
al cospetto anche del Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, e del ministro per i Beni e le attività
culturali, Francesco Rutelli.
Al centro dell’iniziativa, dunque, oltre alle
opere (prima fra tutte, Il Manifesto di Ventotene)
e le attività di Spinelli, anche e soprattutto
la sua vita. Punto di partenza per ogni riflessione,
indagata pure da un punto di vista prevalentemente letterario,
attraverso la lettura di alcuni brani dell’autobiografia
Come ho tentato di diventare saggio (nella
nuova edizione del 2006 de Il Mulino). E non può
che essere così, vista la straordinarietà
e la precocità di Spinelli, che giovanissimo
aderisce al Partito Comunista Italiano, partecipando
alla lotta clandestina contro il fascismo, per essere
arrestato nel 1927, appena diciannovenne, trovandosi
ad affrontare dieci anni di prigione e sei di confino,
abbandonando il comunismo e abbracciando il federalismo,
tra Ponza e Ventotene.
Proprio a quest’ultima isola, nella quale Spinelli
elaborò insieme a Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni
nel ‘41 il famoso Manifesto europeo,
Giorgio Napolitano ha dedicato nel maggio scorso il
suo primo viaggio ufficiale. “Richiamarsi all’esempio
di Altiero Spinelli è molto importante per superare
le difficoltà attuali”, ha dichiarato infatti
il Presidente della Repubblica a margine del convegno,
per ribadire poi che: “Ancora più importante
è tenere presente l’esempio che ha dato:
più volte sconfitto, non si è mai dato
per vinto. Ora bisogna assolutamente riprendere il cammino
verso la costituzione europea”, ha aggiunto il
capo dello Stato, che ha concluso: “Io mi auguro
che la volontà politica unitaria per l’Europa
e per la Costituzione europea si manifesti vigorosamente
soprattutto e innanzitutto in Italia”.
Ricordare Spinelli, dunque, significa necessariamente
continuare e portare a compimento il percorso che ha
tracciato. Ma anche rinnovare, o forse sarebbe meglio
dire, trovare per la prima volta, un senso di profonda
gratitudine nei suoi confronti, così come ha
sottolineato il ministro per i Beni e le attività
culturali, Francesco Rutelli: “La memoria di Spinelli,
di Rossi e Colorni coincide con i valori della nostra
libertà moderna. Non è stato facile rinunciare
alla propria giovinezza per questi ideali. Ecco perché
è vitale che soprattutto le nuove generazioni
possano conoscere e condividere una figura come quella
del padre del federalismo europeo”.
E’ infatti ai giovani, ai quali si intende ispirare
energie e propositi nuovi, come dichiarato da Francesco
Gui, Segretario del Comitato Altiero Spinelli. Poiché
proprio ai giovani guardava lo stesso Spinelli con attenzione
e sensibilità mature e lucide, come si legge
all’interno del Manifesto, e nello specifico in
Compiti del dopoguerra – La riforma della
società:
“I giovani vanno assistiti con le provvidenze
necessarie per ridurre al minimo le distanze fra le
posizioni di partenza nella lotta per la vita. In particolare
la scuola pubblica dovrà dare la possibilità
effettiva di perseguire gli studi fino ai gradi superiori
ai più idonei, invece che ai più ricchi;
e dovrà preparare, in ogni branca di studi (…)
un numero di individui corrispondente alla domanda del
mercato, in modo che le rimunerazioni medie risultino
poi pressappoco eguali, per tutte le categorie professionali”.
Un passo importante che, a ben vedere, oggi non può
che risultare profetico. “L’Europa di oggi
agisce – ha affermato Pierpaolo Baretta, segretario
generale aggiunto Cisl – in rapporto alle questioni
economiche nazionali e mondiali. Nell’epoca dell’economicismo
c’è invece bisogno di un nuovo umanesimo”.
Eppure Spinelli si era presto reso conto del fatto che
la battaglia per la federazione europea richiedeva la
creazione di un’organizzazione politica nuova,
immune dai feticci nazionali e dai limiti delle ideologie
tradizionali. Sulla base di questa convinzione promosse
la fondazione del Movimento Federalista Europeo
(Milano 27-28 agosto 1943). Lo stesso che abbandonò
negli anni ’60, per essere nominato nel 1970 membro
della Commissione esecutiva della Cee.
“Spinelli è stato un vero realista e non
certo un visionario. Pochi avrebbero scommesso sulle
capacità di Spinelli di raggiungere obiettivi
simili”, come ha commentato Pier Virgilio Dastoli,
direttore della Rappresentanza Commissione europea in
Italia, che ha aggiunto: “Eppure non bisogna dimenticare
il ruolo di Spinelli nell’integrazione comunitaria”.
Membro del Parlamento europeo dal ‘76 all’‘86,
Spinelli diventa infatti nell’84 presidente della
Commissione istituzionale. È nel Parlamento europeo
che Spinelli, per la seconda volta, ha l’opportunità
di avviare un’azione di tipo costituzionale, promuovendo
l’elaborazione di un Progetto di Trattato di Unione
europea (approvato a larghissima maggioranza il 14 febbraio
1984). Quest’iniziativa, ostacolata e insabbiata
dai governi nazionali (che nell’85 varano il meno
ambizioso Atto Unico europeo), segna tuttavia l’ingresso
sulla scena europea del Parlamento europeo come nuovo
soggetto politico nel processo di democratizzazione
delle istituzioni comunitarie. “Col Trattato dell’84
Spinelli ha contribuito in modo efficiente e straordinario
ad un processo riformatore che dura ancora oggi e che
deve molto alle sue iniziative”, ha spiegato Bino
Olivi, ex portavoce della Commissione europea e storico
dell’Ue.
Ma gli orizzonti di Altiero Spinelli non sono rimasti
circoscritti “solo” all’Europa, così
come ha fatto notare Stefano Silvestri, presidente Istituto
Affari Internazionali. “Spinelli non è
mai stato un federalista mondiale, ma era favorevole
allo studio e all’approfondimento di temi legati
alla governabilità internazionale. Ecco perché
nella seconda metà degli anni ’60, in un
momento di progressivo mutamento di politica estera
da parte dei partiti di sinistra, Spinelli fondò
l’Istituto di Affari Internazionali che all’epoca
destò molte resistenze”.
Alla luce dell’attuale condizione internazionale,
deve essere raccolta l’eredità del padre
del federalismo europeo, secondo Fulco Lanchester: “La
situazione di oggi purtroppo non è l’età
dell’oro, ma della crisi: il processo europeo
si è incagliato”.
Per comprendere Spinelli, e raccoglierne quindi l’eredità,
bisogna però avere sempre un occhio aperto sul
mondo. Bisogna, cioè, riuscire ad allargare la
propria visuale oltre ogni limite angusto, sia esso
fisico che più propriamente intellettivo, per
poter seguire davvero il padre del federalismo europeo.
L’intreccio strettissimo tra il suo acume politico
e il suo senso utopico emerge in particolare, secondo
Giulio Ferroni, nella lettura dell’autobiografia
di Spinelli, di cui portò a termine solo la prima
parte “Io, Ulisse” (la seconda parte, dal
simbolico titolo “La goccia e la roccia”,
è rimasta incompiuta). Un’autobiografia
che esce dalla veste della sola testimonianza, grazie
anche alle doti di scrittore di Spinelli, evidenziate
dal Magnifico rettore de La Sapienza, Renato Guarini.
Ulisse è lo pseudonimo assunto da Spinelli durante
la lotta clandestina contro il fascismo e nel periodo
della Resistenza. Uno pseudonimo che però è
diventato emblema di sé stesso “nel lungo
percorso che l’ha portato da giovanissimo dirigente
del partito comunista fino alla fondazione del Movimento
Federalista Europeo. Ulisse alla ricerca della propria
identità e della propria coscienza del mondo;
Ulisse a cui le circostanze hanno impedito di muoversi
nei liberi spazi del mondo, ma che ha saputo guardare,
attraversare, comprendere il mondo proprio dalle mura
della prigione e dallo spazio ristretto del confino,
molto meglio e molto più in profondità
di tanti a cui il mondo si è offerto libero e
aperto”.
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