C’era
attesa per i risultati delle elezioni olandesi. Dopo
l’assassinio del regista Theo Van Gogh e il no
al referendum sulla Costituzione europea i Paesi Bassi
erano infatti finiti al centro dell’attenzione
come esempio, il più evidente, di come due fenomeni
maggiori di questa fase internazionale, immigrazione
e mondializzazione economica, agiscano sull’orientamento
politico dei cittadini.
Le attese non sono state deluse. La paura della globalizzazione
congiunta con quella dell’immigrazione islamica
hanno operato attivamente sulle scelte degli elettori
che attraverso le urne hanno determinato un quadro politico
altamente instabile. Se da un lato la formazione cristiano
democratica (Cda) del premier uscente Jan Peter Balkenende
è stata riconfermata al primo posto con 41 rappresentanti,
dall’altra i due possibili alleati, il Partito
liberale (Vvd) 22 deputati, già nella coalizione
di governo, e il Partito laburista (Pvda) 32 deputati,
principale forza d’opposizione, hanno perso rispettivamente
6 e 10 seggi. Il parlamento olandese conta 150 membri
e quindi anche se la Cda si orienterà verso la
grande coalizione con i laburisti, in totale 73 deputati,
dovrà aprire le porte a qualche altra formazione.
I vincitori di queste elezioni che disegnano un quadro
frammentato - sono 10 le formazioni rappresentate -
sono i partiti che si collocano agli estremi. Tra voto
di protesta e paura a sinistra è stato il Partito
socialista (Sp) a fare un’inattesa progressione
triplicando i propri seggi e diventando con i suoi 26
deputati il terzo partito olandese. Formazione antiliberale
uscita dalla sinistra maoista degli anni Settanta, Sp
era stato uno degli artefici della vittoria del no al
referendum europeo e anche in questa campagna elettorale
molto del consenso che è riuscito a strappare
ai laburisti, accusati di moderazione, e al partito
populista di destra dell’ex Lista Pim Fortuym,
lo deve alla sua opposizione “all’Europa
di Bruxelles”, che incarnerebbe l’ultraliberismo
che intende schiacciare lo Stato sociale olandese. Oltre
alla minaccia della fine della protezione sociale, Jan
Marijnissen, il leader carismatico dei socialisti, ha
disegnato una politica dura sull’immigrazione
proponendo ad esempio di obbligare gli immigrati a imparare
l’olandese.
All’estremo opposto la nuova formazione del Partito
della libertà (Pvdv), intercetta l’elettorato
della Lista Pim Fortuyn, parte di quello perduto dai
liberali e guadagna 8 seggi. Con il suo slogan di “meno
tasse, meno Islam, più rispetto”, il Pvdv
ha saputo suscitare e poi sfruttare i timori profondi
per l’islamismo e la condanna di certi settori
delle politiche multiculturali degli anni Novanta.
Anche la tenuta della Cda di Balkenende, che perde
solo tre seggi, secondo gli osservatori affonda le sue
radici nell’insicurezza e nella fiducia che l’immagine
del leader ispira nei cittadini. Certo il bilancio del
suo governo ha potuto vantare dei successi indubitabili
dopo una fase di impopolarità dovuta alle drastiche
riforme intraprese (privatizzazione della sanità,
dei trasporti e dell’energia, riduzione di un
terzo dell’indennità di disoccupazione,
soppressione dei contributi ai pensionamenti anticipati).
Tasso di disoccupazione al 4%, crescita oltre il 3%
per l’anno in corso e un deficit allo 0,1% del
Pil. Ma la vera arma della sua campagna elettorale,
secondo gli osservatori, è stata la sincerità,
la chiarezza e la sua postura di uomo tranquillo e umano.
Balkenende ha addirittura spinto la sua sincerità
fino ad annunciare che altri sacrifici saranno necessari
per mantenere la buona salute dei conti. Il vicepresidente
del gruppo parlamentare della Cda, Gerda Verburg, commentando
i risultati ha sottolineato come “gli elettori
durante questo periodo turbolento fossero alla ricerca
di qualcuno che ispirasse fiducia” e l’hanno
trovata in Harry Potter, come Balkenende è soprannominato
per il suo aspetto giovanile.
Da quattro anni alla guida dell’esecutivo, Balkenende
dovrà ora affrontare mesi difficili per formare
una nuova coalizione di cui ad oggi non si scorge il
perimetro.
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