“Ho
deciso, se le militanti e i militanti socialisti lo
vogliono, di essere candidato alla presidenza della
Repubblica”. Era da tanto che Laurent Fabius covava
questo sogno, ma fino ad ora non si erano create le
condizioni necessarie. Da qualche tempo invece, dice
lo stesso candidato alla candidatura del partito socialista,
gli capita qualche volta di pensare all’Eliseo
la mattina mentre si rade. Chissà se in quei
momenti d’intimità domestica non gli si
materializzi sullo specchio anche l’immagine di
Ségolène Royal.
Eh sì, perché Laurent si era fatto da
parte le scorse volte. Solo nell’88 quando François
Mitterrand non aveva ancora chiarito se si sarebbe candidato
o meno per un secondo mandato all’Eliseo, il giovane
Fabius, figlioccio prediletto del monarca della sinistra
francese, aveva azzardato timidamente a dire di essere
“uno di quelli” che sarebbero potuti andare
alla battaglia elettorale qualora il re avesse abdicato.
Ma Mitterrand si presentò, vinse e s’istallò
altri sette anni al vertice della V Repubblica. Nel
’95 e nel 2002 invece non c’era niente da
dire, era la volta di Lionel Jospin, che la prima volta
aveva vinto la sfida interna al Ps con Henri Emanuelli
e la seconda veniva da cinque anni alla testa dell’esecutivo
di coabitazione. Quale fu la fine che fece Jospin nel
2002 lo sappiamo tutti: al primo turno venne superato
d’un soffio da Jean-Marie Le Pen che andò
al ballottaggio contro Jacques Chirac, e lui si ritirò
dalla vita politica.
Senza Jospin di mezzo, per Fabius la strada sarebbe
stata senz’altro più sgombra. Del resto
chi meglio di lui avrebbe potuto abitare le stanze dell’Eliseo,
chi meglio di un uomo politico come lui che era passato
per tutti i livelli delle istituzioni repubblicane?
Nell’84, quando ha soli 37 anni, Mitterrand lo
chiama alla testa dell’esecutivo in un periodo
difficile del regno socialista, quello della svolta
europea e del rigore che impone una moratoria al socialismo
reale. Il premier più giovane della V Repubblica
rimane in carica due anni e nell’88 va a sedere
sullo scranno più alto dell’Assemblea nazionale
dopo la rielezione di Mitterrand. Nel ’92 conquista
la segreteria del partito, nel 95 viene chiamato a presiedere
il gruppo socialista all’Assemblea, mentre dopo
la vittoria dei socialisti alle elezioni del ’97
torna a presiedere l’aula. Nel 2000 entra nel
secondo esecutivo Jospin come ministro dell’Economia
e vi resterà fino alla sconfitta delle presidenziali
del 2002.
Da Bercy, dove si trova il ministero, negli anni passati
al governo Fabius apre qualche capitale pubblico ai
privati e abbassa le tasse qui e là. Precisazioni
dovute queste ultime, perché ad ascoltarlo oggi
non ci si crederebbe, non lo si riconoscerebbe affatto.
Lasciate le leve economiche, uscito di scena Jospin,
ebbene, Laurent il “liberista”, come lo
consideravano i suoi compagni di partito, comincia a
fare l’antiliberale, comincia in sostanza la campagna
elettorale secondo l’insegnamento di Mitterrand
che diceva sempre che le presidenziali si vincono a
sinistra.
Riunire il partito, poi la sinistra e in fine la Francia.
Secondo la strategia mitterrandiana Fabius comincia
a manovrare creandosi un nuovo posizionamento, lui che
era sempre stato considerato dai compagni troppo “borghese”,
per l’ambiente di provenienza e per le sue posizioni.
L’occasione migliore gliela dà il referendum
sul Trattato costituzionale europeo, quando contro il
voto dei militanti socialisti che si erano espressi
a favore, spacca il partito e guida il fronte del no
alla campagna. Poi al congresso di Le Mans dell’anno
scorso presenta una mozione contro la direzione uscente
di François Hollande, di cui pure aveva fatto
parte, e allinea un paio di correnti conquistando un
buon 21,2%. Il segretario rieletto, Hollande, lo chiama
a partecipare all’elaborazione del programma del
Ps per le presidenziali del 2007 e lui ottiene che venga
inserita la rivalutazione dello smic (il minimo salariale)
a 1.500 euro.
Come tutti neanche Fabius aveva immaginato l’irruzione
di Ségolène Royal che, tratta dall’ombra
dai sondaggi d’opinione, è arrivata improvvisamente
a rovinare i piani di tutti i presidenziabili del partito.
Anche lui all’inizio si era lasciato uscire una
battuta di dubbio gusto quando riferendosi all’eventualità
di una Royal presidente aveva chiesto chi sarebbe “rimasto
a casa coi bambini”. Ora che è lei quella
da battere alle primarie del Ps che si terranno il 16
novembre e il 23 per un eventuale secondo turno il confronto
entrerà più sul merito e Fabius cercherà
di vincere ponendosi come il candidato “del potere
d’acquisto”, “di una linea autenticamente
di sinistra”.
Anche se il duello con la donna più amata dai
sondaggi sarà duro, non è mai detto. Laurent
Fabius ha un’esperienza politica di tutto rispetto,
una rete di fedeli nel partito e una capacità
oratoria che può far cambiare opinione a molti
durante la campagna appena aperta nel Partito socialista.
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