Il lavoro
e le tematica ad esso connesso sono sicuramente alcuni
degli argomenti più urgenti dell’agenda
politica europea ed internazionale.
La sensazione che la classe lavoratrice sia ormai un
puro concetto teorico seppellita nel dimenticatoio della
storia è oggi pienamente confermata dalle nuove
forme di contrattazione. Volte a rendere il lavoro non
solo flessibile e più economico, le nuove norme
contrattuali individualistiche basate sul libero mercato,
giocano un ruolo decisivo nella frammentazione e atomizzazione
dei lavoratori. Questi, privi del sostegno che l’appartenenza
ad una classe può dare, hanno perso quella forza
dirompente acquisita nel corso del ‘900, diventando
così merce le cui qualità fondamentali
sono la totale disponibilità e il basso costo.
Secondo la scuola liberista il lavoro e i diritti sociali
appartengono a un’epoca ormai superata. Rappresentano
un modo di intendere la società tutto europeo
che non ha più ragione d’essere alla luce
del successo delle economie cinesi e indiane, dove i
bassi salari riducono i costi di produzione e abbattono
le spese sia dell’industria sia dello Stato.
Ma è veramente declinata l’idea di una
società dove il lavoro per tutti e la solidariètà
verso gli svantaggiati erano considerati insieme alla
libertà individuale e alla proprietà privata
pilastri delle costituzioni del XIX e XX secolo?
Secondo gli studi condotti da Antonio Cantaro, docente
di Diritto costituzionale dell’integrazione europea,
il lavoro e i diritti sociali possiedono tutt’oggi
una forza e un consenso ancora vivi e in costante evoluzione.
Nel suo libro, Il secolo lungo, Cantaro, attraverso
la storia del lavoro e del welfare europeo evidenzia
come in questo momento storico la società è
ritornata a quella che lui definisce la preistoria del
lavoro, e cioè alla società dei produttori.
È il mercato ad essere di nuovo al centro della
vita pubblica e privata di tutta la società,
e sono gli interessi economici a dettare l’agenda
politica di tutti gli Stati.
Contrariamente alle previsioni dei neoliberisti che
affermano proprio la fine del “secolo breve”
del lavoro, inteso come momento di passaggio tra il
primo capitalismo e la globalizzazione ancora in corso,
Cantaro è convinto dell’attualità
del lavoro e dei diritti sociali, i quali sono stati
per tutto il Novecento i principi a cui gli Stati europei
hanno affidato la stabilità, la pace sociale,
e la ricchezza dell’Europa.
Il “secolo lungo” del lavoro non è
finito. Minacciato e bistrattato scorre inarrestabile
nel dna di tutta la società europea, permane
nella mentalità di tutti noi europei. Non sarà
affatto un caso che popoli come i francesi e gli olandesi
hanno bocciato una costituzione europea dove il richiamo
ai diritti dei lavoratori e ad un welfare solidale,
è offuscato dalle pressioni lobbistiche delle
grandi multinazionali.
Il riconoscimento costituzionale dei diritti sociali
alla pari di quelli individuali, avvenuto con il trattato
di Nizza, rappresenta un nuovo inizio della Unione europea,
e forse come ipotizza Cantaro, l’unica via percorribile
per ricollocare l’Europa e i suoi valori al centro
della vita economica e politica mondiale, fornendo un
nuovo paradigma per affrontare gli strappi e le insicurezze
di cui la globalizzazione è portatrice.
Antonio Cantaro,
Il secolo lungo.
Lavoro e diritti sociali nella storia europea,
Ediesse, € 13,00, 2006, pagine 215
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