301 - 16.06.06


Cerca nel sito
Cerca WWW
Costituzione, tutto è fermo
Luca Sebastiani

Un anno fa, il 29 maggio, i francesi votarono no al referendum sul Trattato costituzionale europeo. Tra contestazione della propria classe politica e della situazione sociale, tra paure e fantasmi d’ogni tipo, un amalgama di motivazioni portò al netto rifiuto di una Carta percepita come un’ulteriore esposizione al ciclone della mondializzazione. Il 55% dei francesi, spinti da una campagna ai confini del populismo, nelle urne votò no. Aprirono una breccia e tre giorni dopo furono gli olandesi a replicare quel rifiuto.

Il Consiglio europeo che lo scorso giugno seguì quel doppio rifiuto segnò la presa d’atto della morte della Carta e dell’impasse nella quale la costruzione di un’Europa politica si era infilata. I Venticinque capi di stato e di governo la chiamarono “pausa di riflessione”, formula di malcelato imbarazzo che apriva un periodo di navigazione a vista, d’attesa di tempi e condizioni migliori, di deriva.

“Da un anno si vede un’Europa esitante, senza strutture, senza istituzioni leggibili, senza sostegno dell’opinione pubblica”. Alla televisione Valéry Giscard d’Estaing, presidente della Convenzione che aveva partorito il Testo, commenta con amarezza quest’anniversario e fa notare come la Francia sia stata penalizzata e abbia perduto la sua posizione trainante con quella scelta.

Contrariamente a quello che promettevano i partigiani del no, nessun piano B era nascosto nei cassetti dei “tecnocrati di Bruxelles” e ora l’Ue continua a girare grazie all’applicazione del Trattato di Nizza, che non può certamente definirsi il migliore quadro istituzionale per un’Unione a venticinque.

Certo un’influenza notevole il rifiuto francese e olandese lo ha avuto su almeno un paio di questioni. Non ci si può nascondere, infatti, che se la celeberrima direttiva Bolkenstein per la liberalizzazione del mercato dei servizi è stata spuntata della sua componente più liberale, sia stato per rispondere alle paure del dumping e della concorrenza al ribasso “dell’idraulico polacco”; e che, se un accento tutto rinnovato sia stato messo sul concetto di “capacità assimilazione” dell’Unione, è stato per rispondere alle paure dei cittadini verso un’Europa dai confini e l’identità non definiti e ai rischi delle migrazioni.

Sottoscritta a Roma nell’ottobre 2004, la Costituzione avrebbe dovuto essere ratificata da tutti gli stati membri nel giro di due anni per entrare in vigore. Allo stato attuale, oltre ai due rifiuti francese e olandese che ne pregiudicano l’applicazione, il testo è stato ratificato con procedura parlamentare in quattordici paesi e per via referendaria in Spagna e Lussemburgo. Gli altri hanno sospeso i processi di ratifica fino al momento in cui si saprà cosa fare di una Carta che ha solo vita apparente.

Tenuto a margine del dibattito europeo per tutto lo scorso anno, intorno al tema Costituzione si sono andati componendo due fronti: da una parte quelli che il testo lo hanno già ratificato e che quindi non ne vogliono ufficializzare il decesso e dall’altra quelli che spingono per una rinegoziazione, in prima linea quelli che l’hanno rifiutato per referendum.

Le posizioni dei difensori dell’attuale Carta si sono però, realisticamente, ammorbidite e al vertice dello scorso 28 maggio a Klosterneuburg, vicino Vienna, i ministri degli esteri dei venticinque hanno convenuto che non si può ripresentare lo stesso testo a francesi e olandesi e che quindi un nuovo progetto vada negoziato pur mantenendo la “sostanza politica” del vecchio.

Ursula Plassnik, la ministra degli esteri austriaca che presiedeva la riunione, con un certo ottimismo ha fatto notare come finalmente ora “il cielo si sia schiarito e le nuvole di tempesta si siano dissipate”. In realtà la situazione è bloccata almeno fino all’anno prossimo. Non a caso la “pausa di riflessione”, che doveva durarne solo uno, è stata prorogata di un altro anno.

In questo periodo d’attesa nei due paesi che hanno rifiutato la Costituzione si terranno le elezioni e si spera che il quadro politico e sociale diventi più favorevole al processo di costruzione politica del continente. Nuovi impulsi e proposte verranno nel corso del primo semestre dell’anno prossimo, quando la presidenza di turno dell’Ue spetterà alla Germania, o durante il primo semestre 2008, quando spetterà invece alla Francia e al suo nuovo Presidente.
Come dire: tutto fermo aspettando la Francia.

 

 

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it