Ideologo ultranazionalista, cattolico integralista,
antieuropeo, omofobo e antisemita, che ci fa Roman
Giertych nel governo polacco? E in che posizione poi:
vice premier e ministro dell’Educazione!
Con una cerimonia pomposa, lo scorso 5 maggio si
è compiuto e ufficializzato in Polonia un percorso
politico che desta una certa preoccupazione. Dopo
mesi di trattative hanno raggiunto il governo del
paese oltre alla formazione di estrema destra guidata
dal succitato Giertych, la Lega delle famiglie polacche
(Lpr), anche il partito populista e antiliberale Autodifesa
(Samoobrona), il cui leader, Andrzej Lepper, ha ottenuto
per sé, oltre al vice premierato, anche il
ministero dell’Agricoltura.
Si conclude in questo modo una fase della storia
polacca post comunista e se ne apre un’altra
dai contorni ancora foschi, ma già abbastanza
inquietanti. Lo scorso autunno la vittoria non prevista
del partito conservatore Diritto e Giustizia (Pis)
di Jaroslaw Kaczynski, ha prodotto una discontinuità
rilevante se si pensa che fino ad allora il paese
era stato guidato dai socialdemocratici ex comunisti
e dai discendenti di Solidarnosc. Discontinuità
che i polacchi hanno confermato un paio di mesi dopo
eleggendo alla presidenza Lech Kaczynski, fratello
gemello del leader del Pis.
La classe dirigente precedente era stata sconvolta
da una serie di scandali che palesarono l’esistenza
di un sistema di corruzione endemica e i due gemelli
ebbero facile gioco a menare una campagna elettorale
dai toni ardentemente populisti e di denuncia dei
partiti che, secondo l’organizzazione non governativa
Trasparency International, avevano collocato la Polonia
al 67esimo posto dei paesi più corrotti del
mondo, dietro Ghana e Colombia.
Dopo le elezioni il Pis aveva tentato di accordarsi
con il partito dei liberali di Piattaforma civica
(Po) arrivati solo tre punti percentuali dietro di
loro, 24% dei voti contro il 27%, ma non riuscirono
a trovare un’intesa sulla spartizione dei dicasteri.
Si era allora determinata una fase di fragilità
politica, in quanto il governo minoritario del Pis,
guidato da Kazimierz Marcinkiewicz, aveva dovuto appoggiarsi
in parlamento sui voti delle due formazioni che ora
hanno avuto definitivo accesso al potere e che garantiscono
una maggioranza parlamentare al governo.
Ma a che prezzo? Certo i due gemelli del potere polacco
hanno sempre apertamente espresso posizioni conservatrici,
protezioniste, euroscettiche e a volte molto vicine
a quelle dei loro alleati – come quando qualche
settimana fa Jaroslaw Kaczynski ha difeso Radio Maryja,
attaccata sia dall’opposizione che dalle gerarchie
vaticane per le sue posizioni scopertamente antisemite.
Ma i due nuovi partiti che hanno guadagnato il potere
costituiscono una reale minaccia di deriva radicale
a destra. Soprattutto la militanza estremista e xenofoba
contro l’omosessualità e l’aborto
del signor Giertych sono lontani anni luce dai valori
europei a cui la Polonia ha aderito il primo maggio
2004. Come è possibile conciliare l’Ue,
la sua identità, i suoi principi costitutivi
con chi considera Bruxelles una nuova “Sodoma
e Gomorra”? Il ministro degli Esteri Stefan
Meller, diplomatico e universitario apprezzato a livello
internazionale e ultimo rimasto di Solidarnosc nella
compagine governativa, lo ha giudicato impossibile
e ha rassegnato le sue dimissioni dall’esecutivo
nel preciso istante in cui Giertych vi ha messo piede.
Il silenzio assordante dell’Ue, invece, è
segno di grande stanchezza e debolezza. Qualche anno
fa, quando i populisti di Jörg Haider entrarono
nel governo conservatore austriaco, le sanzioni di
cui furono oggetto manifestarono in maniera chiara
i “confini” morali dell’Europa.
Si può discutere all’infinito sull’efficacia
dell’arma a doppio taglio delle sanzioni, ma
non si può tacere di fronte allo scempio dei
nostri principi fondanti. Quello che sta accadendo
in Polonia concerne tutti i cittadini europei
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