Ancora un
europeista al Quirinale. Giorgio Napolitano, come il
suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, crede fortemente
nel progetto continentale, su cui ha riflettuto anche
in alcune sue importanti pubblicazioni (“Europa
e America dopo l’89”, “Europa politica.
Il difficile approdo di un lungo percorso”, e
il recente “Dal Pci al socialismo europeo. Un’autobiografia
politica”). Il suo impegno europeo si è
espresso, negli ultimi anni, anche attraverso il lavoro
di deputato di Bruxelles, dove ha ricoperto la carica
di presidente della Commissione Affari Costituzionali,
di particolare rilievo visto che negli stessi anni veniva
elaborato il testo della Costituzione. Per far luce
sul Napolitano europeo, abbiamo intervistato il deputato
della Spd tedesca Jo Leinen attuale presidente della
commissione parlamentare e in passato vice di Napolitano.
“Sentivo che non c’era assolutamente differenza
tra Napolitano e un laburista britannico o un socialdemocratico
tedesco”, ci dice da Strasburgo, e ci descrive
“un leader pragmatico e visionario e un presidente
concreto e severo”. “Un vero federalista”,
aggiunge Leinen, che è stato fino al 2005, per
8 anni, presidente dell’Unione federalista europea.
Che ricordo ha dell’impegno di Giorgio
Napolitano a Bruxelles?
Napolitano non è stato solo il presidente della
commissione Affari Costituzionali, ne è stato
il vero e proprio leader. Sapeva organizzare benissimo
il lavoro, e ha saputo guidarci con zelo e con spirito
visionario. Aveva sempre presente il sogno dell’integrazione
europea.
Ricorda qualche episodio?
Ricordo che non gli piaceva chi andava fuori tema,
chi parlava fumosamente. Li richiamava all’ordine
con una certa severità, chiedendo loro di attenersi
al tema della discussione, e di non dire la prima cosa
che saltasse loro in mente.
Un atteggiamento non molto “italiano”…
No, infatti. Napolitano sembrava più tedesco
che italiano…Sempre puntuale, organizzato, teneva
moltissimo alla concretezza dei discorsi, ai risultati.
Possiamo dire che è un federalista,
che crede cioè nella nascita di un’Europa
la più integrata possibile?
Sì, direi proprio di sì. Crede nell’Europa
federale, crede nel massimo di integrazione possibile.
Questo era il suo programma.
Per questo non dobbiamo aspettarci toni diversi
da quelli che usava l’ex presidente Carlo Azeglio
Ciampi. Entrambi credono fortemente nell’Ue.
E’ così, e siamo molto felici che l’Italia
abbia scelto di proseguire nella tradizione che le è
più propria, quella che era anche dei padri fondatori
dell’Ue. Un paese che si esprime in favore del
trattato costituzionale continentale e che spera che
l’Ue parli con una voce sola. E’ un fatto
importante, perché in questo momento paesi come
Germania, Italia e Spagna possono assumere la leadership
spirituale e politica dell’Europa, con la Francia
in grande difficoltà e la Gran Bretagna sempre
defilata.
In Italia il centrodestra non ha votato a favore
dell’elezione a presidente della Repubblica di
Giorgio Napolitano, motivando la sua decisione con il
fatto che è un ex comunista. Lei, che ha lavorato
a lungo al suo fianco a Bruxelles, che impressione aveva?
Sentivo che non c’era assolutamente differenza
tra Napolitano e un laburista britannico o un socialdemocratico
tedesco. La sua posizione era sempre chiaramente distinta
da quella della sinistra radicale.
Ma nella nuova Italia non c’è
solo l’ex presidente della commissione Affari
Costituzionali di Bruxelles. Nel governo di Romano Prodi,
ex presidente dell’esecutivo europeo, entreranno
anche l’ex membro Bce Tommaso Padoa Schioppa e
Giuliano Amato, vicepresidente della Convenzione. L’Italia
torna in Europa, dopo 5 anni di euroscetticismo berlusconiano.
Come vede i rapporti tra il governo Prodi e la Grosse
Koalition tedesca?
Sono certo che Germania e Italia potranno formare ora
un tandem decisivo per la costruzione europea. Madame
Merkel e il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier
possono gioire del fatto che a Roma siano tornati politici
che credono nell’Europa, come da sempre fa la
Germania. Noi abbiamo assistito con dolore alla politica
estera del governo Berlusconi, perché l’europeismo
è nell’interesse sia del nostro paese sia
dell’Italia, e perché suonava artificiale,
non italiano, quel disinteresse verso il progetto continentale.
Quindi la conservatrice Angela Merkel si troverà
più a suo agio nel collaborare con il centrosinistra
di Prodi che con il centrodestra di Berlusconi?
Certamente. In politica estera il colore politico è
sempre secondario, come dimostrano i rapporti eccellenti
che hanno tenuto in questi 60 anni Berlino e Parigi,
anche quando da una parte governava la destra e dall’altra
la sinistra. Quello che conta è la volontà
politica, che oggi sia a Roma sia a Berlino coincide
con la volontà e la necessità di rilanciare
l’Europa.
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