300 - 02.06.06


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“Il vostro presidente, come
l’ho conosciuto a Bruxelles”

Jo Leinen con
Daniele Castellani Perelli



Ancora un europeista al Quirinale. Giorgio Napolitano, come il suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, crede fortemente nel progetto continentale, su cui ha riflettuto anche in alcune sue importanti pubblicazioni (“Europa e America dopo l’89”, “Europa politica. Il difficile approdo di un lungo percorso”, e il recente “Dal Pci al socialismo europeo. Un’autobiografia politica”). Il suo impegno europeo si è espresso, negli ultimi anni, anche attraverso il lavoro di deputato di Bruxelles, dove ha ricoperto la carica di presidente della Commissione Affari Costituzionali, di particolare rilievo visto che negli stessi anni veniva elaborato il testo della Costituzione. Per far luce sul Napolitano europeo, abbiamo intervistato il deputato della Spd tedesca Jo Leinen attuale presidente della commissione parlamentare e in passato vice di Napolitano. “Sentivo che non c’era assolutamente differenza tra Napolitano e un laburista britannico o un socialdemocratico tedesco”, ci dice da Strasburgo, e ci descrive “un leader pragmatico e visionario e un presidente concreto e severo”. “Un vero federalista”, aggiunge Leinen, che è stato fino al 2005, per 8 anni, presidente dell’Unione federalista europea.

Che ricordo ha dell’impegno di Giorgio Napolitano a Bruxelles?

Napolitano non è stato solo il presidente della commissione Affari Costituzionali, ne è stato il vero e proprio leader. Sapeva organizzare benissimo il lavoro, e ha saputo guidarci con zelo e con spirito visionario. Aveva sempre presente il sogno dell’integrazione europea.

Ricorda qualche episodio?

Ricordo che non gli piaceva chi andava fuori tema, chi parlava fumosamente. Li richiamava all’ordine con una certa severità, chiedendo loro di attenersi al tema della discussione, e di non dire la prima cosa che saltasse loro in mente.

Un atteggiamento non molto “italiano”…

No, infatti. Napolitano sembrava più tedesco che italiano…Sempre puntuale, organizzato, teneva moltissimo alla concretezza dei discorsi, ai risultati.

Possiamo dire che è un federalista, che crede cioè nella nascita di un’Europa la più integrata possibile?

Sì, direi proprio di sì. Crede nell’Europa federale, crede nel massimo di integrazione possibile. Questo era il suo programma.

Per questo non dobbiamo aspettarci toni diversi da quelli che usava l’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi. Entrambi credono fortemente nell’Ue.

E’ così, e siamo molto felici che l’Italia abbia scelto di proseguire nella tradizione che le è più propria, quella che era anche dei padri fondatori dell’Ue. Un paese che si esprime in favore del trattato costituzionale continentale e che spera che l’Ue parli con una voce sola. E’ un fatto importante, perché in questo momento paesi come Germania, Italia e Spagna possono assumere la leadership spirituale e politica dell’Europa, con la Francia in grande difficoltà e la Gran Bretagna sempre defilata.

In Italia il centrodestra non ha votato a favore dell’elezione a presidente della Repubblica di Giorgio Napolitano, motivando la sua decisione con il fatto che è un ex comunista. Lei, che ha lavorato a lungo al suo fianco a Bruxelles, che impressione aveva?

Sentivo che non c’era assolutamente differenza tra Napolitano e un laburista britannico o un socialdemocratico tedesco. La sua posizione era sempre chiaramente distinta da quella della sinistra radicale.

Ma nella nuova Italia non c’è solo l’ex presidente della commissione Affari Costituzionali di Bruxelles. Nel governo di Romano Prodi, ex presidente dell’esecutivo europeo, entreranno anche l’ex membro Bce Tommaso Padoa Schioppa e Giuliano Amato, vicepresidente della Convenzione. L’Italia torna in Europa, dopo 5 anni di euroscetticismo berlusconiano. Come vede i rapporti tra il governo Prodi e la Grosse Koalition tedesca?

Sono certo che Germania e Italia potranno formare ora un tandem decisivo per la costruzione europea. Madame Merkel e il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier possono gioire del fatto che a Roma siano tornati politici che credono nell’Europa, come da sempre fa la Germania. Noi abbiamo assistito con dolore alla politica estera del governo Berlusconi, perché l’europeismo è nell’interesse sia del nostro paese sia dell’Italia, e perché suonava artificiale, non italiano, quel disinteresse verso il progetto continentale.

Quindi la conservatrice Angela Merkel si troverà più a suo agio nel collaborare con il centrosinistra di Prodi che con il centrodestra di Berlusconi?

Certamente. In politica estera il colore politico è sempre secondario, come dimostrano i rapporti eccellenti che hanno tenuto in questi 60 anni Berlino e Parigi, anche quando da una parte governava la destra e dall’altra la sinistra. Quello che conta è la volontà politica, che oggi sia a Roma sia a Berlino coincide con la volontà e la necessità di rilanciare l’Europa.

 


 

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