La Germania e la Grosse Koalition, viste con gli
occhi di chi ha vissuto una vita ai vertici dell’Spd,
il partito socialdemocratico tedesco. Come leggere
il patto di governo con la Cdu? Forse un passo ulteriore
di un cammino che porta la sinistra tedesca a convergere
verso il centro? Oppure una dolorosa ma consapevole
presa di coscienza per il bene del paese e la difesa
di quegli ideali che guidano il partito dalla sua
nascita? Le risposte di Hans-Jochen Vogel, già
sindaco di Monaco di Baviera e Berlino, candidato
alla Cancelleria nel 1983 e successore di Willy Bradt
alla Presidenza di Partito analizzano le scelte della
storia recente e guarda al passato dell’Spd
per rilanciarne il ruolo futuro.
Subito dopo le elezioni italiane il premier
uscente Silvio Berlusconi ha subito fatto un tentativo
per lanciare l’idea di una Grande Coalizione
sul modello tedesco. La proposta non ha avuto alcun
seguito. Perché secondo lei?
Nella Repubblica Federale Tedesca, si sono avute
due Grandi Coalizioni, nel 1966 e nel 2005, ed entrambe
sono nate dal fatto che non si prospettava nessun’altra
soluzione politica, in un clima politico che facevano
allora e fanno ora apparire necessaria la collaborazione
tra due grandi partiti popolari.
Per come da qui posso giudicare le vicende italiane,
mi pare che questi presupposti mancano. E trovo sorprendente
che Silvio Berlusconi volesse stringere una coalizione
con forze politiche che, fino alla vigilia delle elezioni,
ha duramente messo in discredito e attaccati fino
al punto di accusare glia avversari di voler abolire
ogni libertà.
Secondo alcuni, il 'fenomeno Berlusconi'
sarebbe da intendersi come un effetto secondario del
neoliberismo. Cosa pensa a riguardo?
Ne dubito. Quello che lei indica come un fenomeno,
ha le sue radici, primariamente, nella personalità
di Berlusconi e nella sua autoreferenzialità
ai limiti dell'egomania.
Sul finire degli anni '60, fu una Grosse
Koalition a offrire all’Spd, per la prima
volta, la possibilità di entrare a far parte
di una composizione di governo. Sono passati più
di trent'anni ed eccoci, nuovamente, dinanzi allo
stesso fenomeno politico. In cosa si differenziano,
a suo giudizio, la prima Grosse Koalition
e la seconda?
Dal 1967 al 1969, la Grosse Koalition si era resa
necessaria in quanto l’Fdp (Freie Demokratische
Partei – partito di area liberal-democratica,
ndr) aveva lasciato il governo formato con
l'Union. La creazione di questa prima Grosse Koalition
si rivelò problematica, dato che, per entrambe
le parti, c'erano punti che non erano così
facili da digerire. Da parte nostra, appena quattro
anni dopo lo Spiegelaffäre (lo scandalo
che nel ’62 portò alle dimissioni del
governo Adenauer a causa della perquisizione subita
dalla redazione centrale della rivista Der Spiegel
ordinata dall’allora Ministro della Difesa Franz
Josef Strauß a causa di un articolo particolarmente
critico nei confronti del governo cristiano-democratico,
ndr), dovemmo accettare nel governo la presenza
di Strauß in qualità di Ministro delle
Finanze. L'Union dovette, da parte sua, accettare
Herbert Wehner come membro del Consiglio dei Ministri.
Ciononostante, quella coalizione lavorò bene,
allora, tenendo fino alla fine del periodo di legislatura.
L’attuale coalizione di governo è invece
venuta alla luce in condizioni totalmente differenti,
essenzialmente perché non c'erano alternative,
i risultati elettorali non lasciavano altre possibilità.
E per questo è stato giusto che ci si sia venuti
incontro trovando un accordo nella coalizione. Ora
c'è da sperare che questa coalizione, dopo
un saggio inizio, operi bene.
Si può dire che la storia dell’Spd
abbia vissuto un progressivo avvicinamento verso il
centro dell’arco politico?
Uno dei momenti chiave è il 1959 con quello
che viene chiamato il programma “Godesberg”.
Fino ad allora, l’Spd aveva programmaticamente
tenuto come punto fermo della propria concezione che
esiste una regolarità nella Storia e che lo
sviluppo conseguente alla lotta di classe avrebbe
necessariamente portato, un giorno, al Socialismo
Democratico. Si trattava di un errore che nel 1959
portò a una correzione programmatica davvero
sostanziale. Ora il programma Godesberg ci dice che
il Socialismo Democratico ha un compito perenne: preservare
e formare la società secondo tre valori fondamentali,
Libertà, Giustizia e Solidarietà. Lascio
ad altri giudicare se in ciò si possa vedere
un passo verso il centro. Si trattava, in ogni caso,
di un passo con cui si prendeva atto della realtà
e che, da allora, è determinante per il partito.
Anche riguardo agli ultimi sette anni non mi sento
di dire che l’Spd si sia mosso, in particolar
misura, "verso il Centro". L'Spd è,
dal '59, un Volkspartei (Partito del Popolo) e questo
significa che non si rivolge soltanto alla classe
dei lavoratori, degli operai, ma guarda a tutti coloro
che si riconoscono in questi valori e li considerano
determinanti per se stessi e per la vita politica.
Non vedo, in questo, un fondamentale cambiamento di
corso quanto il coraggio di prendere atto della realtà
e non chiudere gli occhi, in attesa della rovina.
Ora, da questa nuova posizione, all’interno
della Grande Coalizione, l’Spd potrebbe esercitare
un influsso sull’economia agendo nella sua doppia
veste di Volkspartei di Regierungspartei,
forza di governo?
Allora, innanzitutto, essere allo stesso tempo Volkspartei
e Regierungspartei non significa essere in contraddizione.
Un Volkspartei può essere tanto al
governo quanto all'opposizione. Oltre a ciò,
la possibilità di influenzare lo sviluppo economico,
con la globalizzazione, si è chiaramente ridotta,
è diminuiti il peso delle scelte nazionali
mentre cresce la dimensione europea e mondiale delle
decisioni. Chi vuole addomesticare quello che Helmut
Schmidt chiamava “capitalismo rapace”,
non si può muovere unicamente a livello nazionale,
nessun paese europeo potrebbe farlo da solo.
Lei ha sempre posto l'unità del partito
come priorità delle scelte politiche; dopo
la sua prima candidatura, nel 1983, altre due volte
avrebbe potuto aspirare al cancellierato ma vi rinunciò
per lasciare spazio ad altri e, secondo alcuni osservatori,
risparmiare al partito contrasti interni.
È molto gentile ad usare la parola “rinunciare”.
Io ero giunto alla conclusione che una candidatura
da parte mia non sarebbe stata sensata, perciò
non vi ho ambito e non ne ho fatto oggetto di discussione.
Nel 1987, mi sembrò che il candidato più
adatto fosse Johannes Rau, così come, nel 1990,
mi sembrò esserlo Lafontaine. Riguardo a quest'ultimo
si trattò, comunque, di un errore, già
nel 1990.
In cosa consiste la differenza tra il Lafontaine
di allora e quello attuale?
La differenza fondamentale consiste nel fatto che,
nel 1999, l'attuale Lafontaine buttò via il
suo incarico di presidente di partito dell'SPD come
se di trattasse di un abito sporco... un incarico
rivestito prima di lui da August Bebel, Willy Brandt,
Kurt Schumacher. E questo senza una parola di giustificazione.
Poi, per anni, non ha fatto altro che contrastare
apertamente il proprio vecchio partito. Ora continuerà
a farlo nel Pds. Voglio precisare: il Wasg, il partito
fondato da Lafontaine nel 2005, non ha ottenuto seggi
alle ultime elezioni e Lafontaine siede in Parlamento
perché eletto nelle liste del Pds.
Lei ha una profonda conoscenza della storia
del Spd. Quale orientamento potrebbe prendere in futuro
il suo partito?
Anche in futuro l'Spd si orienterà secondo
i suoi valori fondanti, se ben consigliato, e lavorerà
efficacemente per il bene comune, così come
ha fatto negli ultimi 142 anni, pur commettendo errori
e sbagli. Questo anche a vantaggio della Rft. E, se
ci si ricorda di uomini come Willy Brandt, Helmut
Schmidt, Herbert Wehner e Gerhard Schröder che,
in tempi difficili, ha dato prova di grande fermezza,
non ho alcun dubbio sul fatto che, anche in futuro,
l'Spd opererà assennatamente.
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