Le elezioni politiche del 9 e 10 aprile sono state
seguite con molta attenzione all’estero. In
particolare a Parigi, dove Berlusconi non è
mai stato visto di buon occhio e dove ora, da Prodi,
ci si aspetta un cambio di rotta soprattutto per quanto
riguarda il futuro dell’Ue.
A tale proposito abbiamo incontrato Fabio Liberti,
ricercatore presso l’Iris (Istituto di relazioni
internazionali e strategiche) di Parigi ed esperto
di questioni europee e politiche di difesa.
Come hanno visto dalla Francia questi 5 anni
di governo Berlusconi e come hanno reagito all’esito
delle elezioni italiane?
La stampa e la politica francese sono sempre state
molto severe nei confronti di Silvio Berlusconi. Qualche
volta le critiche sono state eccessive e, soprattutto,
un po’ stereotipate. Questo ha fatto sì
che ancora oggi i francesi continuino a non capire
come un uomo come Berlusconi abbia potuto vincere
le elezioni cinque anni fa e sia stato sul punto di
rivincerle nel 2006. Anche il fatto che le relazioni
tra Berlusconi e Chirac siano state pessime sin dall’inizio
non ha aiutato l’opinione pubblica francese
a comprendere la situazione italiana. Per questo c’è
stato una specie di sospiro di sollievo alla vittoria
di Romano Prodi, un politico più prevedibile,
che rientra in schemi politici più facilmente
leggibili. Decisamente ci si aspetta qualcosa da questa
vittoria di Prodi.
Nei giorni seguenti le elezioni lei è
stato interpellato più volte dalla stampa francese.
Ha riscontrato questa incapacità a comprendere
il berlusconismo?
La società francese e quella italiana sono
molto diverse e questo crea di per sé delle
resistenze a comprendere. In Italia, ad esempio, contrariamente
a quello che può accadere qui, il fatto che
qualcuno possa arricchirsi in una maniera che può
esser vista come dubbia non per forza di cose è
considerato come un delitto o un problema enorme.
In Italia, ancora, l’argomento del conflitto
d’interessi sposta zero voti. Certo, le persone
di sinistra sono particolarmente sensibili al tema,
ma sono posizioni già acquisite. Per quanto
riguarda il rispetto delle regole l’Italia è
ben diversa dalla Germania o dalla Francia, anche
se questo può sembrare uno stereotipo.
Berlusconi incarna l’anomalia italiana?
Io direi che la situazione italiana più che
un’anomalia sia piuttosto un laboratorio. Se
si guarda alla politica così come la interpreta
Berlusconi e poi si volge lo sguardo verso quello
che sta succedendo in Europa, ci si può render
conto come ormai anche nel resto del Vecchio continente
la politica stia virando verso questa politica della
comunicazione diretta con il pubblico, dell’occupazione
dei mass media. Ne avremo un esempio qui in Francia
nel 2007, che sia Nicolas Sarkozy o Segolene Royal.
Qual è stata la politica europea del
governo Berlusconi?
Il governo uscente non ha mai prestato molta attenzione
alle problematiche europee. Basta pensare alla fine
del 2001 inizio 2002, alle dimissioni del ministro
degli Esteri Ruggero che decise di lasciare il governo
dopo neanche un anno, quando si rese conto che le
sue idee europeiste non erano le stesse degli altri
membri della maggioranza. Con le dimissioni il ministro
volle sottolineare la sua contrarietà alla
decisione del governo di abbandonare il progetto di
acquisto dell’A400M, l’aereo da trasporto
militare europeo. Nella stessa occasione sia Martino
che Bossi presero posizioni euroscettiche che segnarono
gli osservatori europei.
Basterebbe poi ricordare il semestre di presidenza
italiano in cui il governo non ebbe un ruolo troppo
attivo. Del resto l’unica cosa cui puntava era
di far sottoscrivere il progetto di Costituzione a
Roma, e questo la dice lunga sui contenuti.
Poi è chiaro che lo spartiacque vero è
stata la guerra in Iraq sul quale l’Italia ha
deciso di seguire la posizione americana piuttosto
che quella franco-tedesca.
Che cosa cambierà ora, dopo le elezioni?
Prodi ha presieduto la Commissione e ha avuto relazioni
privilegiate con Chirac e con la cancelleria tedesca.
Per prima cosa cercherà di far riammettere
l’Italia in questa sorta di direttorio europeo
costituito da Francia e Germania, che negli scorsi
anni si riuniva escludendo il nostro paese dalle decisioni,
in tema di difesa o sull’Iraq stesso. Anche
la Spagna nel frattempo ha guadagnato parecchia influenza
a Bruxelles con l’arrivo di Zapatero e ora è
forte nell’imporre i propri candidati, nel fare
lobbing nazionale. Da cinque anni, invece, sulla stampa
estera quando si parla dei grandi paesi europei l’Italia
non è mai citata.
Sicuramente si avrà una politica più
europea anche se il modo appare ancora incerto. La
visione europea di Bertinotti, infatti, non è
la stessa della coalizione. In un’intervista
ad un quotidiano inglese, Prodi ha proposto una specie
di nucleo duro rifacendosi all’idea tedesca
di creare un’Europa a cerchi concentrici, proponendo
che i paesi fondatori più qualche altro paese
importante come la Spagna e la Polonia, vadano avanti
nell’integrazione. In materia di Costituzione
Prodi è per aspettare le elezioni in Francia
nel 2007 e in seguito cambiare la Carta conservando
solo la prima parte, quella più consensuale
e istituzionale, da ratificare nel 2009 in contemporanea
nei vari stati europei durante le prossime elezioni
del Parlamento europeo.
Prodi riuscirà a condurre una politica
europea forte?
Dovrebbe evitare di entrare troppo nel dettaglio
delle proposte per evitare di creare divisioni nel
suo schieramento. Detto questo e considerato il momento
di paralisi europea in cui nessun capo di governo
prende posizione per evitare di bruciarsi, Prodi potrebbe
riuscire a ritagliare un ruolo importante all’Italia.
Punterà sull’alleanza con la
Francia?
Con la Francia ci sono per ora troppi dossier aperti
per pensare ad una alleanza strategica. Bisognerà
prima risolverli, stare a vedere come evolveranno.
Come nel caso, ad esempio, del dossier Finmeccanica
Thales o quello del patriottismo economico francese.
Relazioni che non dipendono dall’appartenenza
alla stessa area politica. Basti pensare che la reazione
più dura alla mossa francese su Suez-Enel non
è stata quella di Berlusconi ma quella di Prodi
che aveva proposto di bloccare l’opa di Paris
Bas su Bnl, mentre, d’altro lato, sono le proposte
europee di un uomo di destra e possibile vincitore
delle elezioni del 2007, Nicolas Sarkozy, ad avvicinarsi
maggiormente alla visione di Prodi. Quel che è
certo è che fino alle presidenziali francesi
non ci sarà nessun avvicinamento decisivo anche
se le relazioni saranno migliori che durante il periodo
Berlusconi.
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