Monarca, personaggio oscuro e contraddittorio, cinico
manovratore e machiavellico inveterato. Così,
detrattori e non, sono soliti schizzare la figura
dell’ex presidente della repubblica francese
François Mitterrand, facendone un oggetto quasi
inconoscibile.
Sarà per questa fascinazione romanzesca che
continua ad emanare da un personaggio che si è
costruito la propria immagine lungo tutta una vita
pubblica che ha attraversato e concluso il secolo.
Sarà il confronto tra l’immagine e il
ricordo di una Francia più prospera e influente
nel mondo e un paese oggi insidiato dalla mondializzazione
e dalle beghe di una classe politica rissosa e lontana
dalle paure dei cittadini. Fatto sta che i francesi,
in occasione del decennale della morte di Mitterrand,
stanno vivendo una vera e propria nostalgia del presidente
socialista, di colui che vinse l’elezione all’Eliseo
il 10 maggio 1981, portando i socialisti al governo
e inaugurando l’alternanza in una V Repubblica
fino ad allora guidata dalla destra gollista.
Biografie, saggi, ricordi, documentari e film escono
a profusione a testimoniare lo stupefacente interesse
che l’ex monarca ancora suscita. Per i francesi
di tutte le parti politiche, sondati per l’occasione,
Mitterrand rimane il miglior Presidente dopo il Generale
De Gaulle (30% contro 39%), ma molto lontano davanti
a Jacques Chirac (7%), Valéry Giscard d’Estaing
(6%) e Georges Pompidou (5%). Non proprio una buona
notizia per l’attuale inquilino dell’Eliseo,
condannato al dimenticatoio con un secondo mandato
ancora da concludere.
Abolizione della pena di morte, progresso delle libertà,
decentralizzazione, avanzamenti nel campo sociale,
modernizzazione dell’economia nazionale: sono
molteplici le realizzazioni in politica interna dovute
a Mitterrand e per le quali una parte dei francesi
trattiene un ricordo positivo della sua azione politica.
Sono molteplici, allo stesso tempo, anche gli aspetti
controversi e opachi della sua storia personale e
della sua condotta pubblica che sfumano il suo ricordo
nella memoria di molti altri: la giovanile militanza,
tenuta segreta fino agli anni Novanta, negli ambienti
della destra e il suo ruolo nella Repubblica di Vichy,
la malattia che lo porterà alla morte e l’esistenza
di una figlia avuta fuori dal matrimonio, entrambe
rivelate alla fine del secondo settennato.
Ma c’è un’immagine che rimane
nella memoria di tutti gli europei e che simboleggia
uno di quelli che a conti fatti rischia di essere
il maggior merito politico e storico di François
Mitterrand: la foto in cui il Presidente francese
rende omaggio a Verdun alle vittime della Seconda
guerra mondiale mano nella mano col cancelliere tedesco
Helmut Kohl. Come dire: il futuro è l’Europa
e la coppia franco-tedesca ne sarà il motore.
Mitterrand e Kohl gli eredi di De Gaulle e Adenauer.
L’impulso dato da Mitterrand alla costruzione
europea fu importantissimo. Da sempre sostenitore
della causa europea e ad essa quasi affettivamente
legato, la prima grande scelta politica che l’ex
Presidente dovette prendere all’inizio del suo
mandato fu una scelta per l’Europa quando nell’83,
messa in discussione l’opportunità di
rimanere all’interno del Sistema monetario europeo
(Sme), decise di tenervi ancorato il franco. Questo
comportò il blocco dei prezzi e dei salari
e arrestò, di fatto, il sogno di una via francese
al “socialismo nella libertà”.
Il Partito socialista, assunte le responsabilità
di governo, ridefinì così la propria
identità e scambiò la prospettiva socialista
con quella europea, quella del “socialismo alla
francese” con quella social-democratica. “La
France est notre patrie, l’Europe est notre
avenir” diceva Mitterrand.
Il cammino europeo era a quell’altezza finito
in un’impasse, completamente bloccato
da Margaret Tatcher che esigeva il rimborso di parte
della partecipazione finanziaria britannica alla Cee
e voleva fare dell’Europa uno spazio di libero
scambio. Nell’84, la Francia presidente di turno
della Comunità, Mitterrand si accorda con Kohl
sul nome di Jacques Delors alla presidenza della Commissione
e dà l’impulso decisivo per andare il
più lontano possibile nella costruzione di
un’unione politica europea tanto da rendere
il corso degli eventi irreversibile. L’allargamento
verso la Spagna, la Grecia e il Portogallo riesce,
nascono il Mercato unico, la moneta e la cittadinanza
europea.
La seconda svolta arriva dopo la caduta del muro
di Berlino. Preso alla sprovvista dalla velocità
degli eventi, Mitterrand, preoccupato dall’eventualità
di una Germania unita che diminuirebbe l’influenza
di Parigi, dà il suo accordo pubblico al processo
d’unificazione delle due Germanie vincolandolo
ad un ulteriore passo in avanti sul cammino europeo.
In questo contesto vedrà la luce il Trattato
di Maastricht, che il Presidente francese farà
ratificare attraverso un referendum che sarà
anche la sua ultima grande battaglia politica.
Il 14 luglio 1994, anniversario della presa della
Bastiglia, fu sempre Mitterrand a volere che un distaccamento
dell’Eurocorps partecipasse, per la prima volta
nella storia, alla tradizionale sfilata sugli Champs-Elysées,
a suggellare simbolicamente un processo inarrestabile.
Al di là dell’ambiguità del personaggio
e delle sue zone d’ombra, l’azione e le
idee sull’Europa di Mitterrand rimangono –
insieme a quelle di altri grandi francesi come Jean
Monnet e Robert Schuman – tra le più
incisive e preveggenti. I singoli stati europei non
riusciranno a giocare un ruolo attivo sulla scena
internazionale se non facendo un passo indietro delegando
sovranità ad un’entità politica
più grande che si faccia portatrice nel mondo
dei valori e del modello europeo. “Il nazionalismo
è la guerra”, disse Mitterrand a Strasburgo
rivolto ai parlamentari europei riuniti al Parlamento,
mentre solo l’Unione europea è in grado
di espugnare “le Bastiglie che restano da prendere”.
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