Abbronzati, sorridenti, cordiali. L’immagine 
                            dell’idillio. Anzi, della complementarità 
                            concorde, dell’affiatamento sereno: il Governo 
                            marcia unito verso traguardi comuni insieme alla sua 
                            maggioranza. I due timonieri sono alla guida, sicuri 
                            ed ognuno al suo posto.
                          Era un sabato mattina assolato a La Baule, località 
                            turistica sulla costa atlantica dove all’inizio 
                            di settembre si è svolta “l’università 
                            estiva” dell’Ump, quando il capo del governo, 
                            Dominique de Villepin, e il suo ministro dell’Interno, 
                            nonché numero due dell’esecutivo e presidente 
                            del partito, Nicolas Sarkozy, hanno messo in scena 
                            un’amichevole colazione di lavoro ad uso e consumo 
                            del gran numero di telecamere presenti. Tutto molto 
                            mediatico.
                            
                            Al di là delle divisioni, al di sopra di tutte 
                            le voci e le rappresentazioni giornalistiche, il messaggio 
                            da far passare era solo uno: unità. Del resto 
                            alle elezioni presidenziali del 2007 manca ancora 
                            un anno e mezzo, diciannove mesi che rischiano di 
                            trasformarsi in una guerra logorante per il governo, 
                            per la maggioranza, per la destra, per il Presidente.
                          Ma il duello tra i due presidenziabili della destra 
                            francese, iniziato in sordina mesi fa, assume la sua 
                            “ufficializzazione” solo qualche ora dopo 
                            quei convenevoli in riva all’Atlantico, quando 
                            giunge inattesa la notizia del ricovero di Jacques 
                            Chirac per un problema vascolare.
                          Indebolito dalle ripetute sconfitte elettorali alle 
                            amministrative e alle europee, ai minimi storici di 
                            consenso dopo la débâcle al 
                            referendum sulla Costituzione europea, il monarca 
                            repubblicano, il protagonista di cinquant’anni 
                            di vita politica francese è ormai sul viale 
                            del tramonto, e quasi sicuramente non potrà 
                            ricandidarsi. 
                            
                            Lo scenario politico francese,
                            improvvisamente, cambia.
                          Sarkozy rimane orfano del suo “miglior nemico” 
                            e dovrà rivedere la sua strategia. Per anni 
                            si è definito in contrapposizione a Chirac, 
                            fino ad impersonarne l’oppositore principale 
                            e il naturale erede. Il giovane contro il vecchio, 
                            la dinamicità contro l’immobilismo, il 
                            cambiamento contro lo status quo. Laicità, 
                            discriminazione positiva, fisco, riforme, ogni tema 
                            è stato valido per contraddire le posizioni 
                            del Presidente e differenziarsene. Fino alla presa 
                            del partito, la creatura di Chirac, di cui Sarko si 
                            è impadronito facendone la propria truppa lanciata 
                            alla conquista della massima carica della Repubblica. 
                            “Abbiamo bisogno della sua leggendaria vitalità”, 
                            ha detto il ministro dell’Interno davanti alla 
                            platea de La Baule rivolgendosi all’avversario 
                            malato. Abbastanza rivelatore.
                            
                            D’ora in poi, dunque, la sfida sarà tra 
                            Sarkozy e un De Villepin che in poco più di 
                            cento giorni alla guida dell’esecutivo è 
                            riuscito ad acquistare visibilità e gradimento 
                            differenziandosi dal suo contendente e posizionandosi 
                            alla sua sinistra.
                            L’americano contro il gollista, il liberale-liberale 
                            contro il liberale-sociale. Due progetti differenti 
                            per la Francia impersonati da due stili opposti.
                          Sarko rappresenta il dinamico teorico della “strategia 
                            della rottura”, dello “choc salutare”, 
                            colui che, riferendosi esplicitamente ai socialisti 
                            e implicitamente agli chirachiani, non ha paura di 
                            dirsi “esasperato di fronte ai discorsi interminabili 
                            che evocano invariabilmente la giustizia sociale, 
                            il progresso sociale, la politica sociale”. 
                            Colui che vuole farla finita con il modello francese 
                            “quando questo conta ancora così tanti 
                            disoccupati, poveri ed esclusi”. Il presidente 
                            dell’Ump vuole piuttosto ispirarsi a “quello 
                            che nel mondo funziona”. Vedi liberismo anglosassone.
                          De Villepin, il fine intellettuale, il poeta, si 
                            mostra più pacato nei toni del suo ministro. 
                            Come Chirac crede che la Francia sia un Paese profondamente 
                            conservatore, che sia difficile da riformare. La sua 
                            è allora la politica delle riforme graduali, 
                            dei piccoli passi e della messa a punto di un modello 
                            sociale comunque da difendere. Critico verso “chi 
                            vuole adottarne un altro”, è impegnato 
                            nella “difesa dell’interesse nazionale” 
                            attraverso la tutela dei legami che il sistema francese 
                            garantisce.
                            Se Sarko giudica ineluttabili le fratture sociali, 
                            il comunitarismo e l’individualismo e cerca 
                            di integrarli in una politica che possa costruire 
                            un sistema differente per una società diversa, 
                            il primo ministro poeta si erge a rappresentante di 
                            tutti i francesi e della loro unità. Puro gollismo.
                          Eppure i due presidenziabili sono più vicini 
                            di quanto le loro dichiarazioni lascino intendere. 
                            Basta considerare l’atto politico caratterizzante 
                            dei primi cento giorni di De Villepin alla testa dell’esecutivo; 
                            quel Contratto nuovo impiego che, introducendo la 
                            libertà di licenziamento nel corso dei primi 
                            due anni dall’assunzione, costituisce un duro 
                            colpo al diritto del lavoro. Neanche la Medef (la 
                            Confindustria francese) si sarebbe mai attesa un tale 
                            regalo.
                          Nel ’95 Chirac denunciò la “frattura 
                            sociale” e promise di ricucirla. Gli elettori 
                            gli credettero e vinse le elezioni. Nel 2007 De Villepin 
                            giocherà la carta del “modello sociale” 
                            da rabberciare?
                            Quello del delfino del Presidente è solo tatticismo 
                            elettorale come lo fu alla prova dei fatti quello 
                            del suo monarca?
                            Quel che è certo è che i duellanti oggi 
                            in lizza si contenderanno lo stesso elettorato e la 
                            stessa cassa, quella dell’Ump, per finanziare 
                            la propria campagna elettorale e, forse, l’esperienza 
                            delle recenti elezioni tedesche ha insegnato a De 
                            Villepin che la strategia della rottura, là 
                            impersonata dalla Merkel, non sempre rima con consenso. 
                            Molto di più, in Germania come in Francia, 
                            con sicurezza.
                          
                            
                            
                           
                            
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