L’Europa arriva finalmente nella seconda,
grande potenza asiatica, l’India. E, si potrebbe
dire, arriva in forze: prima Tony Blair (come primo
ministro britannico e come presidente di turno dell’Ue)
va a Delhi; poi il primo ministro indiano, Manhoman
Singh, in viaggio per New York, per l’Assemblea
generale delle Nazioni Unite, va a Parigi a far visita
a Jacques Chirac. Gran Bretagna e Francia, le due
potenze europee con più forte capacità
geopolitica, quasi contemporaneamente, stringono nuovi
e più forti rapporti con la più ‘grande
democrazia del mondo’ (l’India ovviamente).
Tutto ciò non può minimamente meravigliare:
la vecchia Europa è piuttosto malmessa, dopo
la crisi del Trattato costituzionale, ma è
pur sempre un gigante economico mondiale.
Qualche numero è sufficiente per fare il punto:
l’Unione Europea è il più importante
partner commerciale dell’India. Il volume dell’interscambio
fra Ue e India nel 2004 presenta una crescita del
14 per cento, arrivando a 33 miliardi di dollari.
L’Ue acquista la bellezza del 25 per cento delle
esportazioni indiane; l’India riceve dalla vecchia
Europa un analogo 25 per cento degli investimenti
finanziari internazionali. L’Europa, per l’India,
è più importante, cifre alla mano, degli
Stati Uniti e Giappone messi assieme. Insomma il matrimonio,
o almeno il fidanzamento fra Unione e India, si potrebbe
dire che sta nelle cose.
Ovviamente ci sono anche problemi e tensioni nei
rapporti commerciali (i vari e diversificati protezionismi
dell’Unione, ad esempio), ma le relazioni sono
decisamente in ascesa: l’India ha aderito al
progetto Galileo (la grande rete di comunicazione
spaziale satellitare che l’Unione sta mettendo
in piedi con la cooperazione anche della Russia, della
Cina, Brasile, Argentina, Messico, Corea del sud,
Australia e di Israele, e dopo aver superato le resistenze
americane); l’India è stata invitata
al progetto Iter, il programma di reattore nucleare
sperimentale che vede per ora insieme Ue, Russia,
Giappone, Corea del Sud, Cina e Stati Uniti, un progetto
che sarà messo in piedi, anche questo, in Europa,
a Cadarche in Francia; e, infine, proprio negli stessi
giorni (l’inizio di settembre) della missione
di Blair a Delhi, le autorità indiane hanno
annunciato di aver deciso l’acquisto di ben
43 Airbus per 2,2 miliardi di dollari.
Insomma India e Unione Europea, zitti zitti, hanno
iniziato a costruire un discreto cammino comune di
elevatissimo contenuto tecnologico innovativo. Un
percorso che l’India vede con particolare favore
per la semplice ragione che Delhi, mentre ha particolari
perplessità nel fidarsi della diplomazia e
delle promesse gli Stati Uniti in tema di innovazioni
(Washington, particolarmente in tempi di unilateralismo,
ha la particolare tendenza a decidere sanzioni con
‘qualche facilità), non ha alcun timore
di quel tipo nei confronti della vecchia Europa.
Insomma la missione di Blair, Barroso e Peter Mandelson,
non poteva essere più ricca e infatti, oltre
al summit con Singh nella città di Udaipur,
una delle più belle località dello stato
dei Rajastan, culla della cultura dei principi rajput,
sono stati molti gli incontri e i seminari che hanno
visto insieme europei e indiani, dirigenti politici
e imprenditori.
Ma Unione e India hanno raggiunto, con Blair, anche
accordi in materia di cooperazione nella lotta al
terrorismo, nella identificazione dei flussi finanziari,
e nello stabilire un ‘dialogo strategico’.
Delhi ha poi chiarito anche la sua posizione su Kyoto:
come è noto, l’India (con la Cina) per
ora sono fuori dagli accordi sulle emissioni nell’atmosfera
della Terra, ma a luglio, Delhi (con Pechino e Canberra)
hanno annunciato di aver aderito ad una intesa di
patnership con gli Stati Uniti, che veniva presentata
da alcuni ambienti Usa, come ‘alternativa’
al Protocollo mai amato da Bush: “L’India
ha smentito queste speculazioni, non intende sovvertire
Kyoto”, è stato chiarito nel summit.
Morale: “La più grande democrazia del
mondo, l’India, e le democrazie europee, l’Ue
– scrive un analista indiano – possono
fare molto cammino assieme”. Non per nulla,
infatti, dopo Blair in India, Manohman Singh è
passato dalle parti di Parigi e ha incontrato Chirac:
energia nucleare e cooperazione strategica sono stati
i temi di fondo. Al fondo c’è sempre
la strategia di politica internazionale di Delhi,
avere, stringere rapporti con tutti i principali attori
e centri di potenza del mondo: a luglio Manhoman Singh
ha siglato importanti accordi con Bush; prima, ad
aprile, Singh aveva incontrato il premier cinese Wen
e aveva siglato altri, importanti intese; i legami
di cooperazione fra India e Russia, sono da sempre
molto stretti. L’Europa, maggior patner commerciale
dell’India, non poteva mancare in questa strategia
indiana. Il fatto, come ci è stato detto da
alcuni osservatori indiani, è che la vecchia
Europa viene vista come una potenza un po’ invecchiata:
ma, chissà, proprio per questo la nostra vecchia
Europa ha più soft power.
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