285 - 28.09.05


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Dialoghi indiani
Claudio Landi

L’Europa arriva finalmente nella seconda, grande potenza asiatica, l’India. E, si potrebbe dire, arriva in forze: prima Tony Blair (come primo ministro britannico e come presidente di turno dell’Ue) va a Delhi; poi il primo ministro indiano, Manhoman Singh, in viaggio per New York, per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, va a Parigi a far visita a Jacques Chirac. Gran Bretagna e Francia, le due potenze europee con più forte capacità geopolitica, quasi contemporaneamente, stringono nuovi e più forti rapporti con la più ‘grande democrazia del mondo’ (l’India ovviamente). Tutto ciò non può minimamente meravigliare: la vecchia Europa è piuttosto malmessa, dopo la crisi del Trattato costituzionale, ma è pur sempre un gigante economico mondiale.

Qualche numero è sufficiente per fare il punto: l’Unione Europea è il più importante partner commerciale dell’India. Il volume dell’interscambio fra Ue e India nel 2004 presenta una crescita del 14 per cento, arrivando a 33 miliardi di dollari. L’Ue acquista la bellezza del 25 per cento delle esportazioni indiane; l’India riceve dalla vecchia Europa un analogo 25 per cento degli investimenti finanziari internazionali. L’Europa, per l’India, è più importante, cifre alla mano, degli Stati Uniti e Giappone messi assieme. Insomma il matrimonio, o almeno il fidanzamento fra Unione e India, si potrebbe dire che sta nelle cose.

Ovviamente ci sono anche problemi e tensioni nei rapporti commerciali (i vari e diversificati protezionismi dell’Unione, ad esempio), ma le relazioni sono decisamente in ascesa: l’India ha aderito al progetto Galileo (la grande rete di comunicazione spaziale satellitare che l’Unione sta mettendo in piedi con la cooperazione anche della Russia, della Cina, Brasile, Argentina, Messico, Corea del sud, Australia e di Israele, e dopo aver superato le resistenze americane); l’India è stata invitata al progetto Iter, il programma di reattore nucleare sperimentale che vede per ora insieme Ue, Russia, Giappone, Corea del Sud, Cina e Stati Uniti, un progetto che sarà messo in piedi, anche questo, in Europa, a Cadarche in Francia; e, infine, proprio negli stessi giorni (l’inizio di settembre) della missione di Blair a Delhi, le autorità indiane hanno annunciato di aver deciso l’acquisto di ben 43 Airbus per 2,2 miliardi di dollari.

Insomma India e Unione Europea, zitti zitti, hanno iniziato a costruire un discreto cammino comune di elevatissimo contenuto tecnologico innovativo. Un percorso che l’India vede con particolare favore per la semplice ragione che Delhi, mentre ha particolari perplessità nel fidarsi della diplomazia e delle promesse gli Stati Uniti in tema di innovazioni (Washington, particolarmente in tempi di unilateralismo, ha la particolare tendenza a decidere sanzioni con ‘qualche facilità), non ha alcun timore di quel tipo nei confronti della vecchia Europa.

Insomma la missione di Blair, Barroso e Peter Mandelson, non poteva essere più ricca e infatti, oltre al summit con Singh nella città di Udaipur, una delle più belle località dello stato dei Rajastan, culla della cultura dei principi rajput, sono stati molti gli incontri e i seminari che hanno visto insieme europei e indiani, dirigenti politici e imprenditori.

Ma Unione e India hanno raggiunto, con Blair, anche accordi in materia di cooperazione nella lotta al terrorismo, nella identificazione dei flussi finanziari, e nello stabilire un ‘dialogo strategico’. Delhi ha poi chiarito anche la sua posizione su Kyoto: come è noto, l’India (con la Cina) per ora sono fuori dagli accordi sulle emissioni nell’atmosfera della Terra, ma a luglio, Delhi (con Pechino e Canberra) hanno annunciato di aver aderito ad una intesa di patnership con gli Stati Uniti, che veniva presentata da alcuni ambienti Usa, come ‘alternativa’ al Protocollo mai amato da Bush: “L’India ha smentito queste speculazioni, non intende sovvertire Kyoto”, è stato chiarito nel summit.

Morale: “La più grande democrazia del mondo, l’India, e le democrazie europee, l’Ue – scrive un analista indiano – possono fare molto cammino assieme”. Non per nulla, infatti, dopo Blair in India, Manohman Singh è passato dalle parti di Parigi e ha incontrato Chirac: energia nucleare e cooperazione strategica sono stati i temi di fondo. Al fondo c’è sempre la strategia di politica internazionale di Delhi, avere, stringere rapporti con tutti i principali attori e centri di potenza del mondo: a luglio Manhoman Singh ha siglato importanti accordi con Bush; prima, ad aprile, Singh aveva incontrato il premier cinese Wen e aveva siglato altri, importanti intese; i legami di cooperazione fra India e Russia, sono da sempre molto stretti. L’Europa, maggior patner commerciale dell’India, non poteva mancare in questa strategia indiana. Il fatto, come ci è stato detto da alcuni osservatori indiani, è che la vecchia Europa viene vista come una potenza un po’ invecchiata: ma, chissà, proprio per questo la nostra vecchia Europa ha più soft power.

 

 

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