“L’idraulico polacco” e il “piano
B” sono stati in Francia gli strumenti vincenti
della campagna del “no di sinistra” al
progetto di Trattato costituzionale. Congiuntamente,
infatti, lo spauracchio del primo – che sarebbe
dovuto arrivare a contendere il lavoro ai francesi
in virtù del suo basso costo – e la fiducia
nel secondo – la rinegoziazione di una Carta
più sociale – hanno spinto i cittadini
francesi a votare no.
Sullo sfondo di una situazione economico sociale
disastrosa, con una disoccupazione che ha superato
da mesi il 10% e una crescita dell’esclusione
e dell’incertezza, il referendum è stato
lo strumento per dire no alla classe politica nazionale
e ad un’Europa rappresentata come minacciosa
e foriera di ulteriori pene per i cittadini.
Secondo un sondaggio Tns-Sofres e Unilog commissionato
da Le Monde, il 46% degli elettori che hanno
votato no, lo hanno fatto perché il “trattato
aggraverà la disoccupazione in Francia”.
Questo argomento è stato addotto dalla maggioranza
degli operai e delle donne che hanno votato contro
(percentuale del 51% per entrambe), ma anche dalle
professioni intermedie e dagli impiegati (42%), come
dagli elettori prossimi al Ps (42%).
La volontà di “esprimere la propria stanchezza
di fronte alla situazione attuale” è
stata la seconda motivazione degli elettori che hanno
rifiutato il Trattato. L’argomento è
stato usato il 40% delle volte, 48% tra gli operai.
Al terzo posto il “piano B”. Infatti il
35% di quelli che hanno voluto affossare il testo,
lo hanno fatto perché “il no permetterà
di rinegoziare il Trattato”. Con il 34% ognuno,
si sono piazzate a pari merito “il trattato
è troppo liberale” e “il trattato
è particolarmente difficile da comprendere”.
La questione dell’entrata della Turchia nell’Ue
non sembra invece essere stato un fattore determinante
nelle scelte del no. Almeno tra quelli di sinistra,
perché invece ha portato al no il 35% degli
elettori di destra.
E se le spinte maggiori al no sono legate alla paura
della perdita del lavoro, naturalmente a subirne di
più la pressione sono state le categorie sociali
più inquiete: più il lavoratore era
precario e più ha votato no.
Secondo un sondaggio dell’istituto Csa per
La Tribune, hanno votato contro il 71% dei
lavoratori ad interim seguiti dal 69% di quelli che
hanno contratti a tempo determinato e dal 58% di quelli
con contratto a tempo indeterminato.
Stessa tendenza se si analizzano i redditi mensili.
Tra quelli le cui entrate arrivano fino a 1500 euro,
hanno votato no il 66%. Percentuale che precipita
al 55% tra 1500 e 3000, al 40% fino a 4500 e al 26%
al di sopra.
Un vero e proprio voto di protesta che ha voluto colpire
nell’Europa, il Governo nazionale in particolare
e la mondializzazione in generale.
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