La Costituzione Europea ha incassato
due no (un non ed un nee, per essere precisi) nel
giro di meno di una settimana e il grande rifiuto
è venuto da due degli stati fondatori dell’Unione
e membri molto attivi nella realizzazione del testo
della Costituzione stessa. Dietro questi risultati
si nascondono molteplici ragioni, molte delle quali
sono di carattere interno e denotano la volontà
di bocciare il governo del proprio Paese, ma ci sono
alcuni dati che denotano l’incalzante insofferenza
delle popolazioni europee verso un progetto che si
discosta sempre più da quello originario e
che viene visto come imposto dall’alto. Motivazioni
talvolta in contraddizione le une con le altre ma
che producono il medesimo effetto unendo elettori
di destra e di sinistra, così come è
avvenuto in modo clamoroso in Francia, paese che aveva
affidato alle mani esperte dell’ex presidente
Giscard d’Estaing la realizzazione delle 800
farraginose pagine del Trattato che lo storico Jacques
Le Goff non ha esitato a definire come «un testo
mostruoso partorito dalla burocrazia legulea dell’Europa».
E forse non è un caso che il voltafaccia all’Europa
sia arrivato proprio dalla Francia che nell’Europa
vede una limitazione del proprio spazio di crescita
e libertà.
Interessante al riguardo l’opinione espressa
dal prof. Renato Brunetta, eurodeputato di Forza Italia,
per il quale “la storia dei rapporti tra la
Francia e l’Unione Europea sia stata caratterizzata
da una costante diffidenza conservatrice per il timore
di perdere sovranità e potere a vantaggio di
un progetto comune maggiore. La realtà è
che a Parigi i governanti non hanno mai inteso il
Mercato comune europeo, le Comunità economiche
europee e l’Unione Europea come il tentativo
strategico di alcuni Paesi di federarsi per contare
di più nel mondo, ma come uno strumento tattico
per arginare il nemico storico, cioè la Germania.
Oggi che la Germania è il principale alleato
della Francia, la necessità di costruire un
luogo politico comune non è più impellente”;
ed ancora: “la costruzione europea è
complessa e difficilmente comprensibile per i popoli,
perché la democrazia mal si addice all’Unione
che è il risultato della costruzione di equilibri,
mediatoria, burocratica e poco chiara”.
Timori contrapposti e in antitesi che agitano le
coscienze dei popoli europei, preoccupati che l’Europa
possa rappresentare una minaccia ultraliberista al
proprio Stato sociale, come per la Francia, o che
possa all’opposto rivelarsi un soggetto impregnato
di logiche dirigiste, come dimostra la politica agricola
comune, simbolo di un eccesso di burocratizzazione
che limita l’azione dei singoli stati.
La crisi economica che sta affliggendo l’Europa
da più di un lustro non ha aiutato sicuramente
il percorso di integrazione: sono così cresciute
incertezze e preoccupazioni e quasi automatico è
risultato individuare nell’Unione Europea e
nel suo ulteriore allargamento ai paesi più
poveri dell’est, la principale ragione di una
stagnazione che non accenna ad esaurirsi. L’Unione
Europea che si stava costruendo lentamente e che si
era consolidata nel mercato comune dei Quindici, oggi
è smarrita dinanzi ad una crescita che non
solo non è stata interiorizzata, ma che fatica
ad essere condivisa. La prospettiva, poi, di poter
coinvolgere ancora altri paesi, dalla Bulgaria alla
Romania, passando addirittura per la Turchia, ha determinato
un rifiuto culturale, prima ancora che politico, che
testimonia il profondo disagio che molti popoli erano
riusciti a tenere sopito nel corso di questi anni
e che oggi è esploso in tutta la sua virulenza.
Qual è il costo da pagare per l’allargamento
dell’Unione a 27 o addirittura a 28 stati? A
torto o a ragione, oggi questo processo è visto
come una minaccia alla propria identità ed
alla propria economia; minaccia accresciuta recentemente
con il rifiuto di dare legittimazione alle tradizioni
del continente nel trattato costituzionale attraverso
l’esclusione, ad esempio, delle tanto reclamate
radici cristiane. Cosa significa oggi l’Europa
unita? Rifiuto della propria storia, minaccia per
i paesi più sviluppati, già in grossa
crisi economica, per l’ingresso di paesi più
poveri nell’Unione in grado di offrire occasioni
di investimento sicuramente più attrattive?
I governi europei sono impegnati nel trovare una
soluzione a questa imbarazzante e problematica situazione
per poter consentire la ratifica della Costituzione
entro i tempi previsti pur di non arrestare un processo
che probabilmente oggi non può più essere
fermato, se non pagando un prezzo troppo gravoso,
ma da oggi non si potrà più ignorare
che si dovrà inevitabilmente tornare a riavviare
quel processo di integrazione dei popoli, senza umiliare
la storia e le tradizioni di ognuno. Altrimenti quel
che si andrà ad edificare sarà destinato
ad avere breve vita.
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