La notte di mercoledì primo
dicembre, dopo una lunghissima giornata di attesa che
ha tenuto gli europeisti di tutti i paesi dell’Unione
con il fiato sospeso, il partito socialista francese
ha reso noti i risultati del referendum, indetto tra
i suoi iscritti, sul nuovo trattato costituzionale europeo.
Fortunatamente, le paure sono state smentite e i fautori
del sì sono risultati in maggioranza, dal momento
che circa il 55 per cento dei 120.000 iscritti si è
dichiarato a favore della nuova costituzione. Sconfitta
la linea dell’intransigente Laurent Fabius, contrario
al trattato, che ritiene troppo debole e quindi inadeguato
per europeisti convinti come lui; vittoriosi invece
i “riformisti” Hollande e Strauss-Kahn.
L’Europa può dunque tirare un respiro di
sollievo: una vittoria del no avrebbe infatti, secondo
molti osservatori ed esperti, istaurato una vera e dirompente
reazione a catena. “Guai se la Francia rifiuterà
la costituzione europea, nel referendum popolare sul
Trattato previsto per l´anno prossimo. Se un paese
fondatore di tale importanza dirà no al documento,
l´Europa precipiterà in una crisi gravissima”,
aveva ammonito l’ex presidente della commissione
europea Jacques Delors.
Certo è che, come ha notato Barbara Spinelli
nel suo editoriale sulla Stampa di domenica 28 novembre,
ciò che manca agli europeisti è la passione
e l’ardore che caratterizzano invece i fautori
del no: “Può darsi che alla fine i militanti
sconfessino Fabius e tuttavia c'è qualcosa che
non convince, nella battaglia del fronte favorevole
alla costituzione. È un fronte singolare, composto
da politici che danno l'impressione d'esser rassegnati,
privi di slancio. […] Al confronto, i fautori
del no sembrano ben più volontaristi, più
esigenti, e meno stanchi. […] Questa la malattia
di cui soffre l'europeismo, e curarla è urgente
in ogni caso, anche se al referendum francese vincesse
il sì”.
Il voto del partito socialista ha in ogni caso messo
in luce un paradosso sul quale molti si sono interrogati
senza risposte: come è possibile che si contrasti
il trattato sulla base di motivazioni europeiste? Che
si difenda l’Europa rifiutando di accettarne il
documento simbolo, frutto di mediazioni lunghe e faticose?
Di questi temi abbiamo discusso con Monique Canto-Sperber,
filosofa, direttore di ricerca al CNRS, docente al Centro
di ricerca politica Raymond-Aron (EHESS) di Parigi.
Che significato ha il voto positivo del partito
socialista francese al trattato costituzionale? Cosa
sarebbe successo in caso di voto negativo?
Il voto positivo del partito socialista è
stato identificato con la possibilità stessa
che l’Europa prosegua. Un voto negativo, al
contrario, avrebbe comportato conseguenze drammatiche,
in un contesto in cui nessuno era pronto a rinegoziare
il trattato.
Le relazioni tra il partito socialista francese
e il processo di integrazione europea sono spesso
state problematiche. Crede che questo voto abbia definitivamente
dissipato l’ambiguità?
No. Il partito socialista resta ancora profondamente
diviso tra un’ala sinistra e una destra riformista.
I partigiani del sì plaudono all’approvazione
del trattato in ragione del loro impegno europeo.
Ad essi si oppongono i difensori del no, generalmente
diffidenti di fronte alle istituzioni europee e alla
giurisdizioni sovranazionali, spesso nostalgici di
una intangibile sovranità degli stati. Coloro
che hanno queste convinzioni le difendono da tempo
e certamente le faranno valere ancora.
Quali sono le motivazioni di coloro che si
oppongono a trattato?
Tra i difensori del sì e quelli del no l’oggetto
del disaccordo è chiaro. È invece meno
chiaro tra coloro che, a sinistra soprattutto, chiedono
di votare no in ragione stessa del loro impegno europeo.
Su questo trattato è stato detto tutto. È
meglio concepito di quelli che lo hanno preceduto.
È il risultato di più di quaranta anni
di accordi. Assegna come fine esplicito all’Europa
il progresso sociale. Propone garanzie sui servizi
pubblici. Soprattutto, offre una leva per numerosi
miglioramenti in futuro. Non è quindi davvero
sorprendente che coloro che sostengono che l’Europa
sia il nostro avvenire ci chiedano di rinunciare deliberatamente
ai mezzi per accedere a un tale avvenire? Non si deve
forse essere perplessi di fronte all’annuncio
che il rigetto del trattato aprirà una crisi
salutare e una nuova negoziazione? Soprattutto quando
non si sa con chi e soprattutto su che basi si farà
tale negoziazione?
Questa costituzione contiene a suo avviso dei difetti?
Non dimentichiamo che si tratta di un Trattato costituzionale,
non di una costituzione. Ci sono stati già
molti trattati europei. Questo farà il suo
tempo come gli altri, per poi essere rivisto.
Molti denunciano la scarsa passione che anima
gli europeiste francesi e non solo. Cosa si può
rispondere a questa obiezione?
Semplicemente, credo che solo la pratica delle istituzioni
europee e la realtà delle politiche contribuisca
realmente a rinforzare lo spirito europeo.
È quindi c’accordo con quanto
dice, ad esempio, l’editorialista italiana Barbara
Spinelli, secondo cui “l’Europa nascerà
davvero quando smetteremo di fare battaglie esistenziali
sul suo essere o non-essere, e in gioco non sarà
più l'esistenza dell'Unione, la sopravvivenza
delle sue istituzioni, ma quando ci si dividerà,
molto normalmente, sulle politiche che l'Europa potrà
darsi”?
Sì, ne sono convinta. È per questo
che questo trattato deve essere considerato come un
trampolino di lancio, che permette la messa in opera
di politiche effettive.
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