In
Italia pochi si proclamano esplicitamente contrari al
processo di integrazione europea. Anche chi di fatto
lo avversa, o lo subisce malvolentieri, premette sempre
di non essere antieuropeo, aggiungendo però di
non volere
questa Europa. L’elenco di
critiche che segue può variare, ma solitamente
ricalca pochi stereotipi: Europa dei mercanti e delle
banche, Europa dei burocrati, Europa senza anima, nano
politico, Europa schiava del duo franco-tedesco. Non
si fornisce, ovviamente, un progetto dell’Europa
diversa che si vorrebbe realizzare, se non limitandosi,
tutt’al più, a lanciare qualche ulteriore
slogan (Europa più sociale, Europa meno burocratica).
Insomma, esisterebbe un’Europa “più”
o un’Europa “meno” in attesa della
cui realizzazione si rigetta sprezzantemente, o si aggira
furbescamente, l’Europa attuale.
Curiosamente però le stesse critiche vengono
trasposte anche contro quelle proposte di mutamenti
che dovrebbero correggere le carenze lamentate. Così
quelle modifiche il cui dimostrabile effetto sarebbe
quello di attenuare i difetti denunciati sono, a loro
volta, sempre considerate sintomo di un “troppo”
o di un “troppo poco” e dunque vengono sprezzantemente
respinte da sdegnosi paladini del meglio, incuranti
della sua pratica irraggiungibilità.
Anche per il Trattato Costituzionale si sta verificando
lo stesso fenomeno. Le critiche che arrivano dagli
euroscettici di destra e di sinistra sono spesso speculari
e di segno opposto: troppa integrazione, toppo poca
integrazione; troppo poca protezione sociale, troppo
intrufolarsi nella politica sociale; troppo mercato
libero, non abbastanza mercato libero; no ad una Costituzione
perché meglio di un semplice Trattato, no a
qualcosa che è ancora un Trattato e non una
vera Costituzione.
Certo, è facile dire che questa Costituzione
non è perfetta, e non è sbagliato sognarne
e progettarne una migliore, ma bisogna rendersi conto
che in questo momento storico, in un contesto di necessari
negoziati e compromessi com’è quello
dell’Unione, non è possibile averne un’altra.
Il processo di integrazione europea è fatto
di passi successivi, di aggiustamenti e anche di battute
d’arresto. Ma spesso i sogni, parzialmente o
temporaneamente accantonati in nome di soluzioni realistiche,
poi si sedimentano e ritornano come progetti, traducendosi
successivamente in realtà.
E’ bene ricordare, innanzitutto, che l’alternativa
a questo nuovo Trattato Costituzionale è l’attuale
sistema, che risulta dalla stratificazioni di vari
Trattati, da ultimi quelli di Nizza e quello sull’allargamento.
Dunque oggi si deve scegliere non tra questa Costituzione
ed una migliore, ma fra questa Costituzione e il sistema
vigente.
Va inoltre sottolineato che l’adozione di un
trattato costituzionale ha un valore in sé:
un valore emotivo, simbolico, in un’Europa che
ha bisogno anche di sogni e di immagini per trovare
la propria identità attorno ad un progetto
condiviso. Il termine Costituzione di per sé
induce rispetto, considerazione, evoca un salto qualitativo
nell’integrazione, che va al di là dei
tecnicismi e diventa immediatamente comprensibile
ai cittadini.
Se poi passiamo all’esame del contenuto il Trattato
Costituzionale, confrontandolo con i Trattati vigenti,
si possono rilevare numerose positive innovazioni,
che riguardano da un lato le istituzioni e dall’altro
i cittadini.
Sul primo versante, molte innovazioni sono state
introdotte tenendo bene a mente le lamentele degli
euroscettici, che reclamano da sempre più efficienza,
sussidiarietà e trasparenza. Se il Trattato
costituzionale entrerà in vigore, si avrà
un rafforzamento del controllo democratico, con l’aumento
di poteri del Parlamento europeo e con il coinvolgimento
dei Parlamenti nazionali nella vigilanza sul rispetto
del principio di sussidiarietà, una maggiore
trasparenza decisionale, una semplificazione delle
norme comunitarie.
Sono previste strutture più integrate per
la gestione della politica estera: la nomina del Ministro
degli Affari esteri (che siede contemporaneamente
nella Commissione e nel Consiglio dei Ministri), del
corpo diplomatico europeo e di un presidente del Consiglio
europeo in carica per due anni e mezzo. Il Consiglio
europeo (formato dai Capi di Stato e di Governo) aumenta
i suoi poteri, ma almeno entra a tutti gli effetti
nel sistema istituzionale dell’Unione e come
tale risulterà sempre più assoggettato
al controllo delle altre istituzioni. Un euroscetticismo
che rinneghi tutti questi progressi cade dunque in
contraddizione con le proprie premesse.
Altre innovazioni, pur non cambiando granché
nella realtà attuale (che le ha da tempo acquisite,
scavalcando le norme dei trattati vigenti), hanno
comunque un valore simbolico: è il caso della
personalità giuridica dell’Unione e del
primato del diritto comunitari su quello degli Stati
membri.
Ma gli aspetti più salienti (e purtroppo meno
compresi) riguardano i diritti dei cittadini. Il Trattato
Costituzionale, attribuendo un preciso valore giuridico
alla Carta dei diritti fondamentali (contenuta nella
parte II dello stesso), ed imponendo all’Unione
in quanto tale di aderire alla Convenzione europea
dei diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa,
migliora la posizione degli individui davanti alle
istituzioni comunitarie.
Uno dei grandi malintesi che ha circondato la proclamazione
a Nizza della Carta dei diritti dell’Unione
e che si estende ora al trattato costituzionale riguarda
proprio questo punto. Chi paragona la Carta - e la
Costituzione che oggi l’ingloba - alle Costituzioni
nazionali, da un lato sottolineando il “troppo
poco”, cioè le lacune della prima rispetto
a queste ultime o dall’altro il “troppo”,
temendo l’invasione della prima a scapito delle
seconde, è assai lontano dall’aver compreso
il significato e gli effetti delle norme comunitarie
sui diritti fondamentali.
Il primo scopo di tali norme è infatti quello
di proteggere i cittadini contro l’Unione e
contro le sue istituzioni, che risulteranno vincolate
da tali diritti e i cui atti, se violeranno quei diritti,
potranno essere annullati. Si tratta di una sfera
di tutela soggettiva che oggi è garantita in
maniera poco decifrabile, secondo parametri che lasciano
ampia discrezionalità ai giudici dell’Unione,
i quali potrebbero essere portati a tutelare più
il sistema cui appartengono che gli interessi dei
cittadini. E poiché allo stato attuale né
la Corte europea dei diritti dell’Uomo del Consiglio
d’Europa né tanto meno i giudici nazionali
possono colpire gli atti delle istituzioni comunitari
annullandoli o invalidandoli, è chiaro che
il Trattato costituzionale viene a colmare una lacuna
divenuta inaccettabile in un sistema, come quello
dell’Unione, i cui poteri sono divenuti così
ampi.
Minore è - e vuole essere - la portata della
Carta nei confronti degli Stati membri, che rimangono
vincolati alle proprie Costituzioni nazionali. L’obbligo
di rispettare i diritti in essa contenuti si estende
anche alle loro istituzioni solo quando essi devono
attuare il diritto comunitario. In altre parole, la
Costituzione europea si aggiunge e completa quelle
nazionali, senza invaderne i campi di applicazione,
e perciò non deve essere percepita come antagonista
rispetto ad esse.
E’ dunque paradossale il fatto che siano proprio
gli euroscettici (quelli cioè che meno si fidano
delle istituzioni comunitarie e del loro”strapotere
burocratico”) a respingere con diffidenza l’idea
della Carta dei diritti. Del tutto ingiustificata
sembra anche l’opposta posizione di chi, dicendo
di perseguire una tutela ancora migliore su certi
fronti (ad esempio quello sociale), rifiuta perciò
stesso una tutela sugli altri fronti, respingendo
in blocco il Trattato costituzionale. Deve essere
chiaro che ciò significa tenersi il Trattato
di Nizza e rinunciare non solo ad una Unione in grado
di funzionare meglio, ma anche e soprattutto ad una
migliore tutela dei propri diritti proprio nei confronti
dell’Unione stessa.
Va da ultimo ricordato che questo Trattato costituzionale
segna comunque una nuova tappa: il processo costituzionale
è ormai avviato e sembra difficile immaginare
che il rifiuto di qualche Stato possa bloccarlo. La
conseguenza della bocciatura di questa prima Costituzione
dell’Unione potrebbe forse essere il suo rinvio
a tempi più maturi; ma potrebbe anche esser
quella di fratturare l’Europa in due schieramenti,
uno dei quali decide comunque di andare avanti con
o senza gli altri.
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