266 - 27.11.04


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Non sarà perfetta ma
è la migliore che abbiamo
Lucia Serena Rossi

In Italia pochi si proclamano esplicitamente contrari al processo di integrazione europea. Anche chi di fatto lo avversa, o lo subisce malvolentieri, premette sempre di non essere antieuropeo, aggiungendo però di non volere questa Europa. L’elenco di critiche che segue può variare, ma solitamente ricalca pochi stereotipi: Europa dei mercanti e delle banche, Europa dei burocrati, Europa senza anima, nano politico, Europa schiava del duo franco-tedesco. Non si fornisce, ovviamente, un progetto dell’Europa diversa che si vorrebbe realizzare, se non limitandosi, tutt’al più, a lanciare qualche ulteriore slogan (Europa più sociale, Europa meno burocratica). Insomma, esisterebbe un’Europa “più” o un’Europa “meno” in attesa della cui realizzazione si rigetta sprezzantemente, o si aggira furbescamente, l’Europa attuale.
Curiosamente però le stesse critiche vengono trasposte anche contro quelle proposte di mutamenti che dovrebbero correggere le carenze lamentate. Così quelle modifiche il cui dimostrabile effetto sarebbe quello di attenuare i difetti denunciati sono, a loro volta, sempre considerate sintomo di un “troppo” o di un “troppo poco” e dunque vengono sprezzantemente respinte da sdegnosi paladini del meglio, incuranti della sua pratica irraggiungibilità.

Anche per il Trattato Costituzionale si sta verificando lo stesso fenomeno. Le critiche che arrivano dagli euroscettici di destra e di sinistra sono spesso speculari e di segno opposto: troppa integrazione, toppo poca integrazione; troppo poca protezione sociale, troppo intrufolarsi nella politica sociale; troppo mercato libero, non abbastanza mercato libero; no ad una Costituzione perché meglio di un semplice Trattato, no a qualcosa che è ancora un Trattato e non una vera Costituzione.

Certo, è facile dire che questa Costituzione non è perfetta, e non è sbagliato sognarne e progettarne una migliore, ma bisogna rendersi conto che in questo momento storico, in un contesto di necessari negoziati e compromessi com’è quello dell’Unione, non è possibile averne un’altra. Il processo di integrazione europea è fatto di passi successivi, di aggiustamenti e anche di battute d’arresto. Ma spesso i sogni, parzialmente o temporaneamente accantonati in nome di soluzioni realistiche, poi si sedimentano e ritornano come progetti, traducendosi successivamente in realtà.

E’ bene ricordare, innanzitutto, che l’alternativa a questo nuovo Trattato Costituzionale è l’attuale sistema, che risulta dalla stratificazioni di vari Trattati, da ultimi quelli di Nizza e quello sull’allargamento. Dunque oggi si deve scegliere non tra questa Costituzione ed una migliore, ma fra questa Costituzione e il sistema vigente.
Va inoltre sottolineato che l’adozione di un trattato costituzionale ha un valore in sé: un valore emotivo, simbolico, in un’Europa che ha bisogno anche di sogni e di immagini per trovare la propria identità attorno ad un progetto condiviso. Il termine Costituzione di per sé induce rispetto, considerazione, evoca un salto qualitativo nell’integrazione, che va al di là dei tecnicismi e diventa immediatamente comprensibile ai cittadini.
Se poi passiamo all’esame del contenuto il Trattato Costituzionale, confrontandolo con i Trattati vigenti, si possono rilevare numerose positive innovazioni, che riguardano da un lato le istituzioni e dall’altro i cittadini.

Sul primo versante, molte innovazioni sono state introdotte tenendo bene a mente le lamentele degli euroscettici, che reclamano da sempre più efficienza, sussidiarietà e trasparenza. Se il Trattato costituzionale entrerà in vigore, si avrà un rafforzamento del controllo democratico, con l’aumento di poteri del Parlamento europeo e con il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nella vigilanza sul rispetto del principio di sussidiarietà, una maggiore trasparenza decisionale, una semplificazione delle norme comunitarie.

Sono previste strutture più integrate per la gestione della politica estera: la nomina del Ministro degli Affari esteri (che siede contemporaneamente nella Commissione e nel Consiglio dei Ministri), del corpo diplomatico europeo e di un presidente del Consiglio europeo in carica per due anni e mezzo. Il Consiglio europeo (formato dai Capi di Stato e di Governo) aumenta i suoi poteri, ma almeno entra a tutti gli effetti nel sistema istituzionale dell’Unione e come tale risulterà sempre più assoggettato al controllo delle altre istituzioni. Un euroscetticismo che rinneghi tutti questi progressi cade dunque in contraddizione con le proprie premesse.
Altre innovazioni, pur non cambiando granché nella realtà attuale (che le ha da tempo acquisite, scavalcando le norme dei trattati vigenti), hanno comunque un valore simbolico: è il caso della personalità giuridica dell’Unione e del primato del diritto comunitari su quello degli Stati membri.

Ma gli aspetti più salienti (e purtroppo meno compresi) riguardano i diritti dei cittadini. Il Trattato Costituzionale, attribuendo un preciso valore giuridico alla Carta dei diritti fondamentali (contenuta nella parte II dello stesso), ed imponendo all’Unione in quanto tale di aderire alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa, migliora la posizione degli individui davanti alle istituzioni comunitarie.
Uno dei grandi malintesi che ha circondato la proclamazione a Nizza della Carta dei diritti dell’Unione e che si estende ora al trattato costituzionale riguarda proprio questo punto. Chi paragona la Carta - e la Costituzione che oggi l’ingloba - alle Costituzioni nazionali, da un lato sottolineando il “troppo poco”, cioè le lacune della prima rispetto a queste ultime o dall’altro il “troppo”, temendo l’invasione della prima a scapito delle seconde, è assai lontano dall’aver compreso il significato e gli effetti delle norme comunitarie sui diritti fondamentali.

Il primo scopo di tali norme è infatti quello di proteggere i cittadini contro l’Unione e contro le sue istituzioni, che risulteranno vincolate da tali diritti e i cui atti, se violeranno quei diritti, potranno essere annullati. Si tratta di una sfera di tutela soggettiva che oggi è garantita in maniera poco decifrabile, secondo parametri che lasciano ampia discrezionalità ai giudici dell’Unione, i quali potrebbero essere portati a tutelare più il sistema cui appartengono che gli interessi dei cittadini. E poiché allo stato attuale né la Corte europea dei diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa né tanto meno i giudici nazionali possono colpire gli atti delle istituzioni comunitari annullandoli o invalidandoli, è chiaro che il Trattato costituzionale viene a colmare una lacuna divenuta inaccettabile in un sistema, come quello dell’Unione, i cui poteri sono divenuti così ampi.
Minore è - e vuole essere - la portata della Carta nei confronti degli Stati membri, che rimangono vincolati alle proprie Costituzioni nazionali. L’obbligo di rispettare i diritti in essa contenuti si estende anche alle loro istituzioni solo quando essi devono attuare il diritto comunitario. In altre parole, la Costituzione europea si aggiunge e completa quelle nazionali, senza invaderne i campi di applicazione, e perciò non deve essere percepita come antagonista rispetto ad esse.

E’ dunque paradossale il fatto che siano proprio gli euroscettici (quelli cioè che meno si fidano delle istituzioni comunitarie e del loro”strapotere burocratico”) a respingere con diffidenza l’idea della Carta dei diritti. Del tutto ingiustificata sembra anche l’opposta posizione di chi, dicendo di perseguire una tutela ancora migliore su certi fronti (ad esempio quello sociale), rifiuta perciò stesso una tutela sugli altri fronti, respingendo in blocco il Trattato costituzionale. Deve essere chiaro che ciò significa tenersi il Trattato di Nizza e rinunciare non solo ad una Unione in grado di funzionare meglio, ma anche e soprattutto ad una migliore tutela dei propri diritti proprio nei confronti dell’Unione stessa.

Va da ultimo ricordato che questo Trattato costituzionale segna comunque una nuova tappa: il processo costituzionale è ormai avviato e sembra difficile immaginare che il rifiuto di qualche Stato possa bloccarlo. La conseguenza della bocciatura di questa prima Costituzione dell’Unione potrebbe forse essere il suo rinvio a tempi più maturi; ma potrebbe anche esser quella di fratturare l’Europa in due schieramenti, uno dei quali decide comunque di andare avanti con o senza gli altri.

 

 

 

 

 

 

 

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